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 2010  ottobre 21 Giovedì calendario

VITA DI UN RAPINATORE SEDICENNE

C’è chi in 36 comode rate si compra il salotto nuovo e chi invece rateizza per pagarsi la “roba” e diventa prigioniero del suo fornitore. É successo a Carlo, 16 anni, un ragazzo romano. Nell’età in cui i suoi coetanei campano di paghette, lui puntava una pistola giocattolo alle tempie delle cassiere. Lo ha fatto 20 volte in 30 giorni, una di queste mentre la madre, ignara di tutto, lo aspettava in macchina con le buste della spesa. Per pagare i creditori Carlo ha iniziato a fare le rapine. Prima una, poi un’altra, poi anche due nello stesso giorno. Gli bastavano pochi minuti per mettere a segno i suoi colpi. Puntare, urlare qualcosa, fingersi deciso a tutto, prendere l’incasso e scappare. Una tecnica collaudata in serie. Rapina dopo rapina, in questo modo Carlo ha messo insieme i soldi necessari per pagare il suo debito: 4000 euro. Se li era fatti rateizzare e a scadenze settimanali pagava le sue “cambiali”.
Carlo - che in realtà ha un altro nome - è uno spilungone alto 1,80 metri che vive alla periferia di Roma, in un quartiere fatto di un solo grande palazzo. Prima la sua famiglia viveva all’ex Bastogi, poi al Tufello e quindi a Cinecittà. In casa sua lavora solo il padre, dipendente di una ditta privata. La madre fa la casalinga «ma non è quello che mamma avrebbe voluto fare».
I suoi mesi di carcere Carlo se li è già fatti, ha pagato il suo debito con la giustizia, non ha timore di raccontare la sua storia, anzi «se qualcuno la legge e non fa le stesse caz... che ho fatto io sono contento». Ad iniziarlo è stato un ragazzo tunisino più grande di lui. Gli ha spiegato come si rompe un bloccasterzo, come si smonta la scocca, come si rende irriconoscibile un motorino rubato. Cose che lui ha appreso più in fretta della matematica o della geografia, visto che non ha ancora preso il diploma di terza media. «Il primo furto? Lo feci a 13 anni - racconta - entrammo di notte in un bar, armati di tenaglia, scalpello e martello. Non c’era un euro: ci lanciammo sui cornetti....
Dai croissant, il ragazzo è passato ai motorini e quindi alle minicar, «che sono rimaste a lungo la mia specialità, aprirle era uno spasso...». Carlo all’inizio rapinava per comprarsi da bere. Per farsi le canne, per acquistare da altri piccoli pusher micro-dosi di cocaina. Un paio di volte lo ha fatto anche per comprarsi un telefonino o la playstation.
Nei quartieri di frontiera come il suo ci si arrabatta come si può. «La prima rapina la ricordo bene. Fu a un negozio di giocattoli. Avevamo bevuto un paio di birre, presi una bottiglia e la coprii con un maglione fingendo di impugnare una pistola: il commesso non fece un fiato prese l’incasso, 800 euro e me lo diede». Poi arrivarono i debiti e le rapine a ripetizione. «Ci accontentavamo anche di poche centinaia di euro, quelli che servivano per le rate». Con la droga andò in un altro modo. «Capitò il Capodanno di due anni fa, a casa di uno che qui chiamano “er chimico”. Tirò fuori 8 grammi di cocaina. Per fare il bullo dissi che l’avevo già provata, in realtà era la prima volta, restai sveglio davanti alla tv spenta fino al giorno dopo».
Uno dei suoi amici rubò i gioielli alla nonna e li rivendette per comprarsi la droga. Ci fece 4000 euro e d’allora ho iniziato a indebitarmi prima con lui poi anche con altri».
Carlo è sempre vestito allo stesso modo: indossa la tuta della sua squadra del cuore. Alle pareti i poster dei giocatori, sopra il letto la maglia del suo idolo per il quale ha una specie di devozione. Più che un abbigliamento è una divisa mentale e sociale. «Qualche rapina l’ho fatta indossando anche la maglia - poi per non farmi riconoscere mi arrotolavo la sciarpa intorno alla testa».
Alessandro Olivieri è il suo avvocato. Di storie come queste, ne sta seguendo e ne ha seguite molte altre. Spiega: «Alla sua età non si può essere certo dei rapinatori seriali. Nelle grandi metropoli ci sono quartieri dove ai ragazzi non viene data nessuna opportunità. Famiglie lasciate sole e la scuola senza i mezzi per seguire i casi più difficili. Ma se li conosci uno per uno sono ragazzi sensibili, generosi e pieni di umanità. Per gli amici si farebbero in quattro. Noi adulti siamo molto più cinici ed egoisti». «Questi ragazzi - continua Olivieri, che è anche l’avvocato di Pino Pelosi, l’uomo condannato per l’assassinio di Pier Paolo Pasolini - devono molto agli educatori del carcere dei minori. Noi avvocati dobbiamo pensare soprattutto al loro futuro e trovare il modo di collaborare un po’ di più con le istituzioni».
Prima di restare schiacciata da problemi più grandi di lui, vita di Carlo è stata quella di un adolescente. La sua cameretta è simile a quella di tanti altri ragazzi della sua età. Qualche fumetto di Tex Willer. Un solo libro: Hannibal Lecter, (la storia di un assassino seriale con l’ossessione dell’antropofagia da cui gli deriva il soprannome Hannibal the Cannibal). Il suo cantante preferito è Gianni Celeste, cantautore melodico napoletano molto popolare fra i detenuti.
A scuola Carlo non è mai stato quello che si dice un alunno modello. E’ stato bocciato più di una volta, soprattutto per le tante assenze. Ma se uno pensa solo che sia solo un superficiale, uno rimasto mentalmente allo stato fetale che si compiace delle sue bravate si sbaglia.
A Carlo piace dialogare con chi si mostra disponibile, è pieno di curiosità, gli piace andare a ballare con la sua nuova fidanzatina «la ragazza quella che mi ha cambiato la vita, anche se i suoi genitori ora non vogliono che stiamo insieme».
I tempi delle 20 rapine in 30 giorni sono troppo vicini per poter dire che il peggio è passato. Racconta: «Quando non avevo i soldi per sniffare cocaina, andavamo sul pesante: superacolici, assenzio con molto zucchero, fino a sbronzarci». Carlo si era messo a fare lo spaccone. Sorrideva alle cassiere che rapinava, prendeva i soldi e poi salutava e ringraziava. Finché è finito nell’inquadratura di una telecamera interna. Le cassiere lo hanno riconosciuto. La sua carriera di rapinatore è finita. «Non ci cascherò più, in galera si sta troppo male. E ormai i miei debiti li ho pagati. Ho conosciuto una ragazza più piccola di me di 2 anni e mi sono innamorato. Abbiamo fatto l’amore per la prima volta, eravamo “vergini” tutti e due. È stato bellissimo. Da allora rigo dritto, per lei mi salverò».