Luca Conti, Nòva24 21/10/2010, 21 ottobre 2010
CIÒ CHE È TUO È NOSTRO
Condividere contenuti digitali online promuove un’economia della condivisione che travalica la rete e contagia la società in ogni suo ambito. Sostenere e facilitare la condivisione da parte degli utenti può creare nuovo sviluppo, meno emissioni inquinanti e favorire un modello di società sostenibile. Questa la conclusione di una ricerca condotta dalla società di consulenza Latitude, in collaborazione con il magazine Shareable. La diffusione quasi capillare dei social network tra gli utenti internet sembra influenzare le abitudini e la propensione a condividere. Condividere con gli amici di Facebook le proprie foto, segnalare ai follower su Twitter un link interessante, pubblicare su Slideshare o Scribd una presentazione o un documento di testo è pratica quotidiana per centinaia di milioni di navigatori. "The New Sharing Economy" sembra indicare un cambiamento di mentalità volto a condividere di più anche beni fisici. L’85% dei partecipanti crede che il web e le tecnologie mobili giocheranno un ruolo chiave nel favorire lo sviluppo di community di condivisione su larga scala. Il 78% dichiara sia di sentirsi più aperto all’idea di condividere beni con persone non conosciute, sia di aver già usato una delle piattaforme, come Craigslist o Freecycle, per lo scambio di oggetti. Il fattore crisi gioca certamente la sua parte, con l’incentivo del risparmio di denaro (per il 67%), ma non è l’unico. Elevato lo stimolo percepito per il beneficio ambientale (60%) e per il sentirsi parte attiva della società in cui si vive (67%). Secondo Neal Gorenflo, editore di «Shareable Magazine», la chiave di volta è la "frontiera della fiducia", ovvero comprendere fino a dove riusciremo a spingere questo limite, fidandoci di sconosciuti con i quali stabilire una relazione di scambio. Non mancano le startup già attive per cogliere le opportunità di questa nuova economia, in ognuna delle categorie dove la propensione a condividere è già elevata. Condividere una stanza o tutta la casa, prevalentemente per viaggi e turismo, è al primo posto per gli oggetti fisici (58%) e quanto consentono CouchSurfing o Homelink. Con il primo si può mettere a disposizione un posto letto o un divano, per accogliere viaggiatori di passaggio; con il secondo si offre la propria casa a un’altra famiglia, scambiandola per un periodo di vacanza contemporaneo, ognuno nella casa dell’altro. Al secondo posto tra i più condivisi sono gli ambienti di lavoro (58%), oggetto anch’essi di un vasto movimento internazionale. Il Coworking per esempio consiste nel rendere disponibile una scrivania, stabilmente o per lavoratori nomadi, così da ridurre i costi dell’ufficio. Un’indagine della rivista specializzata «DeskMag» ne ha contati 600, di cui 236 in Europa. Molto popolare anche la condivisione di oggetti fisici, dai libri all’abbigliamento per bambino, per i quali le piattaforme web dedicate si moltiplicano. Swap consente agli utenti americani di offrire libri, cd, dvd e videogame alla community, verificando cosa gli altri membri siano disposti a scambiare per quel titolo. La piattaforma trattiene 50 centesimi di dollaro per aver messo in contatto domanda e offerta e gli utenti pagano solo le spese di spedizione. Lo scambio di 1,7 milioni di contenuti ha generato 11,1 milioni di dollari di risparmi e una stima di 4.500 tonnellate di CO2 non immessa nell’ambiente. Thredup si rivolge invece alle famiglie con bambini, per far circolare e riutilizzare i vestitini non più utilizzabili, ma ancora buoni.