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 2010  ottobre 20 Mercoledì calendario

PREGHIERE, LACRIME E SIT-IN ORA LE DONNE GUIDANO LA PROTESTA

terzigno (napoli) - Donne tenaci con il rosario in mano. Donne tra i fuochi della rivolta. «Ci hanno chiamate babbe, sceme, e perfino zoccole. Andiamo avanti lo stesso, ci prendiamo i manganelli, ma almeno un domani potrò dire a mio figlio: ho lottato per te». Sonia, Patrizia, Rosa, Margherita, Pina, Anna, Valeria e le altre. Eccole, le madri della terra del vino e della pietra vesuviana. Fiere e bellicose. «Noi lottiamo senza armi», spiega Anna, «ci abbracciamo e ci baciamo per darci forza, per trasmetterci solidarietà». Grandi donne. «Si, per la forza, per la tenacia, per la pazienza», dice Sonia, «quelli, i poliziotti non hanno pietà per nessuno». Patrizia mostra la mano, «mi hanno dato una manganellata», denuncia. «Bisogna che siamo noi in prima fila perché i nostri uomini sono, diciamo, un po´ impulsivi e potrebbe succedere il peggio».
Alle 5 del mattino nove donne controllavano l´accesso alla discarica Sari sotto la pioggia. Al centro della rotonda Panoramica, con i giubbotti e gli ombrelli. «Nove deficienti, la gente ci guardava come matte. Poi è giunta la notizia: stanno arrivando i camion con i rifiuti. Scortati da polizia, carabinieri e guardia di finanza. Noi con un ramoscello d´ulivo e loro con i manganelli. Hanno calpestato la bandiera tricolore stesa a terra. I camion sono passati lasciando una scia di liquido nero, percolato». Antonella racconta: «Stavamo con le mani alzate, ci hanno spinto, ci hanno messo i manganelli alla gola per spostarci, ci lanciavano come fossimo buste della spazzatura. Una donna che si è schierata davanti a un camion è stata trascinata per i piedi. Così tre di noi sono finite in ospedale, pure Michela, quella ragazza incinta di sei mesi». «Mia sorella Luisa», dice Carla Lettieri, «è stata caricata col rosario in mano. Ora è a letto con una crisi di panico, e mia madre di 70 anni la sta assistendo. Perché nessuno parla di tutte le donne che stanno male a casa dopo gli scontri?». Paola ha gli occhi rossi di pianto: «Sappiamo che le leucemie stanno aumentando. Non possiamo stare ferme. È pericoloso, lo so. La donna rumena di Roma è morta con un pugno e io potrei morire con una manganellata, ma sento il dovere di salvare la salute della mia bambina. Siamo persone civili, facciamo la raccolta differenziata, loro ci rispondono con le cariche. E la camorra ci taglia le gambe».
Nel municipio di Terzigno si sono riuniti i manifestanti in attesa di Domenico Auricchio, sindaco Pdl, amico di Berlusconi. Sul tetto sono saliti in quattro e minacciano di buttarsi giù se la discarica Sari non verrà chiusa. Un folto gruppo di donne è seduto sulle scale del palazzo comunale. «Ci hanno ingannato, ci avevano detto che in questa cava veniva il pattume differenziato, ma è arrivato ben altro, di tutto, e ora con la forza dell´esercito vogliono aprire un´altra cava. Prima ci dovranno deportare. Venga Bertolaso ad aprire la seconda discarica, lo aspettiamo».
Fanno i turni al presidio, ci sono i bambini da prendere a scuola, poi i compiti, la palestra, come in una vita normale. Ma qui di normale c´è rimasto poco. Antonella fa l´insegnante: «Sono una mamma di via Zabatta, 7 anni fa ho comprato la casa, se avessi saputo che si faceva la discarica avrei lasciato perdere. Dovremo andarcene di qua, perché diventerà zona rossa ma non per il Vesuvio».
Il Vesuvio, appunto, amato e temuto. Sulle magliette hanno fatto scrivere "mamme vulcaniche". Il Vesuvio, e il Parco nazionale così protetto sulla carta e così infestato di immondizia: ecco il teatro della guerriglia contro la discarica. «Noi apparteniamo al Vesuvio, è la nostra terra, hanno buttato a terra case fatte con i sacrifici perché era Parco nazionale. Siamo venute al presidio con i bambini. I nostri figli piccoli hanno paura della parola discarica. In estate li abbiamo dovuti tappare in casa per non fargli respirare quest´aria velenosa. Non c´è stata una parlamentare che sia venuta qui a darci solidarietà, a dire lottiamo insieme. Non abbiamo un parco, una piazza dove portare i nostri bambini. Solo il Vesuvio avevamo e ci hanno portato via anche quello». A Gennaro Langella, sindaco di Terzigno, Sonia, la portavoce, ha detto: «Sindaco, devi salire con noi alla rotonda, vieni, magari prendi le manganellate anche tu. La pazienza è arrivata la limite, non ci puoi lasciare soli». La pazienza è finita. Stormi di gabbiani si addensano sulla discarica dei veleni. Le donne alzano gli occhi al vulcano. «Il Vesuvio uno di questi giorni si sveglia e ci atterra. Noi siamo zombie, siamo già cadaveri viventi, ma se dobbiamo morire preferiamo che sia la lava a seppellirci, non la munnezza».