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 2010  ottobre 21 Giovedì calendario

Helmsley Leona

• (Leona Mindy Rosenthal) Marbletown (Stati Uniti) 4 luglio 1920, Greenwich (Stati Uniti) 20 agosto 2007 • «Da ragazza confezionava cappelli, poi diventò una modella, sposandosi tre volte e scalando la piramide dei miliardari di Manhattan a colpi di insulti verso i dipendenti, volgari offese ai rivali e sfrontate violazioni delle leggi come quando giustificò una mega-evasione fiscale con la frase: “Solo la gente piccola paga le tasse”. Questa era Leona Helmsley [...] meglio nota ai tabloid locali come “Queen of Mean” (la Regina Cattiva) ovvero una sorta di versione contemporanea di Crudelia Demon che lei interpretava fino in fondo, incurante di roventi polemiche e dure critiche. Alcune delle sue frasi più sprezzanti sono entrate nel lessico della città. Basta pronunciarle e i newyorkesi pensano subito a lei, perché nessun altro oserebbe tanto. Ad un fioraio asiatico che portava un mazzo di rose in uno dei suoi hotel disse “Vattene via, non sei neanche americano”. Al rivale di sempre nell’industria immobiliare Donald Trump mandò a dire “Ti odio, sei gay”. Quando un reporter del “New York Post” gli chiese come gestiva il proprio hotel di lusso, gli rispose: “Carino non è un hotel, sono ben sei!”. Punita con una multa di 7,1 milioni di dollari per una colossale evasione fiscale gridò in faccia alla giuria: “Che cos’altro ho da perdere, la mia verginità?”. E poco dopo riuscì ad essere ancora più sprezzante: “Non ho vergogna, mi sento umiliata dal verdetto”. Questa era la Regina Cattiva di Manhattan, nata [...] nell’Ulster County, in una famiglia povera di immigrati ebrei polacchi, cresciuta a Brooklyn dove riparava cappelli nella bottega del padre e dove covò un profondo risentimento verso la famiglia d’origine che la portò, appena raggiunta l’età adulta, a cambiare il cognome nel più anglosassone Roberts. Voltate le spalle alle proprie odiate radici, Leona sfrutta i tratti eleganti del viso e le gambe da modella riuscendo a diventare l’immagine a cui il marchio Chesterfield si affida per i pacchetti delle popolari sigarette. I matrimoni servono a scalare l’alta società di New York: il primo è con l’avvocato Leo Panzirer, che aveva come passione l’immobiliare, e il secondo con il top manager del tessile Joseph Lubin ma il colpo grosso arriva nel 1972 con il terzo consorte ovvero Harry Helmsley, miliardario e gran mattatore nel settore delle costruzioni. Leona lo aveva conosciuto quattro anni prima, quando aveva iniziato a muovere i primi passi come agente immobiliare: nel 1970 Helmsley le offrì la carica di manager e due anni dopo la sposò, divorziando dalla moglie di allora con cui aveva condiviso ben 33 anni di vita. Ad unire Leone e Harry non era solo una travolgente passione sentimentale ma anche un identico amore per il business: assieme progettarono la progressiva conversione dei palazzi di Manhattan in eleganti condomini, arrivando a costruire hotel di lusso come l’Helmsley Palace su Madison Avenue. Isolato dopo isolato costruirono un impero immobiliare che includeva il condominio per super-ricchi al 230 di Park Avenue, l’Empire State Building sulla Fifth Avenue, il complesso residenziale di Tudor City di fronte al Palazzo di Vetro e una moltitudine di Helmsley Hotel e Helmsley Palace Hotel disseminati in Florida come in altri Stati. Accusata dai dipendenti di essere un “boss tirannico”, considerata dall’industria immobiliare come una scomoda intrusa e denunciata a più riprese da venditori, acquirenti e costruttori per ritardi e irregolarità nei pagamenti, per lunghi anni la Regina Cattiva riuscì a navigare indenne fra le ricchezze di Manhattan. Fino a quando nel 1989 non si trovò di fronte un procuratore generale degli Stati Uniti di nome Rudolph Giuliani. Affrontò il processo con l’irruenza di sempre ma le prove raccolte da Giuliani la misero con le spalle al muro, aprendo la strada ad una condanna per “evasione fiscale e cospirazione contro il governo degli Stati Uniti” a quattro anni di prigione. Fu proprio quel dibattimento, seguito da radio e tv, a far conoscere all’America il carattere di una donna che disprezzava il prossimo. Elizabeth Baum, salita sul banco dei testimoni come una ex donna di servizio della casa nel Connecticut, raccontò che quando in un’occasione le disse, con l’intento di esprimere comprensione umana, “certo lei deve pagare davvero tante tasse” si sentì rispondere: “Noi non paghiamo le tasse, solo la gente piccola fa queste cose”. Altri ex dipendenti raccontarono il terrore che incuteva una donna capace di decidere un licenziamento mentre si provava un abito. I giurati non le concessero alcuna attenuante, neanche quando dopo la sentenza lei ebbe un collasso nel bel mezzo del tribunale facendo poi attestare ai propri medici la presenza di un’irregolarità cardiaca. Uscì dal carcere dopo soli 21 mesi, nel gennaio 1994, rinchiudendosi in un silenzio rotto solo nel 1997 quando alla morte del marito disse che la propria “magica vita” era “finita per sempre”. L’eredità superò i 5 miliardi di dollari, consentendole di gestire facilmente le altre cause pendenti, come nel caso dell’ex dipendente Charles Bell che ottenne facilmente un risarcimento da 11 milioni di dollari per via del fatto di essere stato licenziato solo perché omosessuale. [...]» (Maurizio Molinari, “La Stampa” 22/8/2007) • «Era già diventata famosa, post mortem, per aver lasciato dodici milioni di dollari (poi ridotti a due dal giudice) al suo cagnolino maltese. Ma Leona Helmsley [...] ha fatto molto di più: ha lasciato il suo intero patrimonio — un impero immenso, valutato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari — al “benessere e alla cura dei cani”. [...] E dire che erano in tanti a sperare di mettere le mani sul patrimonio della Helmsley, messo insieme con il marito Harry [...] un fratello, quattro nipoti, dodici bisnipoti e un esercito di collaboratori e sottoposti. [...] Secondo [...] due talpe del New York Times, la Helmsley in un primo tempo aveva destinato parte del patrimonio ai poveri e parte ai cani decidendo poi di depennare i primi ad esclusivo beneficio dei secondi. [...] Eppure Leona, che all’apice del suo successo fu proprietaria anche del leggendario Empire State, negli ultimi anni aveva cercato di redimersi devolvendo somme ai familiari delle vittime dell’Undici settembre e ai sopravvissuti di Katrina. Poi, alla fine, l’affetto per Trouble, viziatissimo maltese bianco (il suo nome significa “guai”), e per i suoi fratelli meno fortunati ha prevalso su tutto. [...]» (Giulia Ziino, “Corriere della Sera” 3/7/2008).