Varie, 21 ottobre 2010
Tags : Michael Gerson
Gerson Michael
• New Jersey (Stati Uniti) 15 maggio 1964. Editorialista del Washington Post, noto soprattutto perché fu lo speechwriter di George W. Bush • «Per sette anni [...] ha tradotto in parole suadenti e frasi a effetto la filosofia rapace del presidente degli Stati Uniti. Ed è stato tra i consiglieri più ascoltati e meno noti di George W. Bush: a lui si deve l’espressione “asse del male” [...] ed è stato l’autore di tutti i discorsi più celebri del presidente, a cominciare da quelli pronunciati al Congresso e nella cattedrale washingtoniana subito dopo gli attacchi dell’11 settembre. [...] Arruolato da Bush nel 1999 durante la campagna elettorale, quando coniò lo slogan “compassionate conservatism”, Gerson fa parte (assieme a Rove) dei tre-quattro personaggi più vicini al presidente. È stato lui a formulare la “dottrina Bush” secondo cui la diffusione della democrazia è uno dei compiti fondamentali della politica estera americana. Ha fatto leva su valori religiosi. Si è anche adoperato per un ruolo più incisivo di Washington nella lotta contro l’Aids e nella crisi del Darfur. E ha sempre redatto i discorsi più importanti del presidente, a cominciare da quelli annuali sullo “stato dell’Unione” di fronte alle camere in seduta congiunta. ”È stato lo speechwriter più bravo e influente dai tempi di Ted Sorensen”, ha detto Peter Wehner, direttore delle iniziative strategiche della Casa Bianca, riferendosi al braccio destro di John Kennedy. E quali sono stati, secondo lo stesso Gerson, i discorsi più importanti scritti per Bush? Quali passeranno alla storia? Risponde: “Quelli dopo l’11 settembre”. E ricorda con orgoglio una frase pronunciata da Bush nella cattedrale nazionale tre giorni dopo gli attacchi dei terroristi: “Il lutto, la tragedia e l’odio hanno una dimensione temporale. La bontà, la rimembranza e l’amore non hanno fine. E il Signore della vita abbraccia quanti muoiono e quanti piangono la morte”» (Arturo Zampaglione, “la Repubblica” 16/6/2006) • «Lo Scriba, così lo chiama George Bush [...]il discorso inaugurale della prima presidenza Bush nacque [...] nelle albe gelide di Alexandra, in Virginia, a un tavolino del bar sotto casa, scritto e riscritto a mano su foglietti di carta gialla. Allora Michael Gerson era un trentaseienne semisconosciuto e quello a cui stava lavorando era il compito più importante della sua vita. Andò alla grande: quindici minuti di parole che il New York Times definì «“l discorso più eloquente mai pronunciato da George Bush” [...] è diventato uno degli speechwriter più influenti della storia americana (è stato lui, tanto per dire, a inventare l’espressione “asse del male”, o a definire la democrazia americana “un seme nel vento, che attecchisce in molte nazioni”) [...] ex studente di teologia, cristiano evangelico come il suo boss. Ha conosciuto la futura moglie, Dawn, quando entrambi prendevano lezioni di piano per suonare in chiesa. Padre che inventava sapori nuovi per i gelati, madre artista, Michael scrisse sul giornale del Wheaton College un articolo su Madre Teresa che fu notato a Washington. Ha lavorato al Congresso, ha scritto per Bob Dole. Nel ’99 faceva il giornalista per U.S. News & World Report quando Bush lo volle incontrare e dopo 45 minuti gli offrì un posto nella campagna per le presidenziali 2000. Nei libri di storia Gerson, grande ammiratore di Martin Luther King, sarà forse ricordato come il “biblista” di George Bush. Per [...] anni lo Scriba ha infarcito il verbo presidenziale con i riferimenti religiosi al Verbo. Qualcuno l’ha accusato di usare citazioni bibliche come “espressioni in codice” che solo gli evangelici possono comprendere. “Non sono codici segreti, sono la nostra cultura” ha ribattuto [...]» (Michele Farina, “Corriere della Sera” 18/1/2005) • «[...] ad un anno dal suo addio alla Casa Bianca [...] il mito di Gerson è in frantumi. “È un bugiardo, vanaglorioso, ingrato che si è preso tutto il merito per i discorsi scritti da altri”, punta il dito in un’arringa di 10 pagine sull’Atlantic Monthly uno dei suoi più stretti collaboratori, Matthew Scully. Che sarebbe il vero autore fantasma, mai riconosciuto, dietro il bushismo, insieme a John McConnell, un altro membro del team di cui Gerson era solo il capo e il volto “pubblico”. La tesi era già stata avanzata dall’autorevole David Frum, ex speechwriter di Bush. Sostiene che a coniare la leggendaria frase “asse del male” per descrivere gli stati canaglia Iraq, Iran e Corea del Nord, (inaugurata da Bush nel celebre discorso sullo stato dell’Unione del 2002) non è stato Gerson ma Scully. Non sue anche le metafore sullo “smoking gun/mushroom cloud”, il “Conservatorismo compassionevole” e l’accorata preghiera recitata da Bush alla National Cathedral dopo l’11 settembre: “Dolore, tragedia e odio sono passeggeri. Il bene, la memoria e l’amore non hanno fine. E il Signore della vita protegge tutti quelli che muoiono e chi resta a piangerli”. Quest’ultimo era il suo discorso preferito, ha ripetuto in innumerevoli interviste Gerson. Un uomo profondamente religioso, — nel 2005 il settimanale Time lo nominò tra i 25 evangelici più influenti del Paese — che dopo la laurea alla Westminster Christian Academy ha sposato Dawn Soon, una ferrea repubblicana e cristiana devota da cui ha avuto due figli. Neppure l’infarto che quasi lo mandò all’altro mondo, nel 2004, a soli 39 anni, è riuscito a fermare quella che lui stesso ha descritto come “una crociata personale in nome del bene e della giustizia”. Nella pratica le cose sono un po’ diverse. “Un giorno c’istruì di togliere il nostro nome da una bozza di discorso che dovevamo mandare alla Casa Bianca”, racconta Scully, “Tanto non sanno che siete coinvolti”, spiegò Gerson, che si ricordava di riconoscere il contributo dei suoi collaboratori “soltanto nei testi più marginali”. “Penso che la Casa Bianca guardi alla mia scrittura come al servizio buono di porcellana da tirare fuori solo in rare occasioni”, si pavoneggiava, animato da “una vanità folle”, e “un’illimitata volontà di autopromuoversi”. “Eravamo tutti presenti quando, il 13 settembre, Bush disse ai suoi collaboratori “Ragazzi siamo in guerra’”, racconta ancora Scully, “ma nel rievocarla sul Post, Gerson trasformò la frase in: ‘Mike, siamo in guerra’”. Uno degli episodi più brucianti è legato al famigerato “asse del male”. Mentre Scully e McConnell erano intenti a lavorare sul contenuto del discorso sullo stato dell’Unione, Gerson posava tranquillamente per le tv, prendendosi i meriti dell’imminente discorso di Bush. “Ci risiamo”, commentò in coro il personale della West Wind, dove tutti conoscevano il “vizio di Gerson”. Tutti, tranne, forse, i capi. [...]» (Alessandra Farkas, “Corriere della Sera” 12/8/2007).