Vittorio Sgarbi, Interventi&Repliche, Corriere della Sera 21/10/2010, 21 ottobre 2010
SGARBI: LE DICHIARAZIONI DI CELENTANO
Celentano sa quello che dice, ma non lo capisce. Così, nel riservarmi un’apprezzabile attenzione (Corriere, 19 ottobre), si manifesta mio allievo, senza accorgersene. Non posso dire che sia l’unico allievo che riconosco, ma ne apprezzo la buona volontà. E sono costretto a ricordargli, che il mio pensiero è libero, e il suo è pagato. E che in tutto il suo moralismo non c’è alcun riferimento alla diversità del nostro andare in televisione. Lui, per non dire niente, chiede molto; io, per dire molto, non chiedo niente. Nel suo intervento sul Corriere, mi rimprovera di non avere «la minima cognizione di cosa significhi la parola "INNOVAZIONE"», e di disconoscere «un elemento fondamentale che è insito nell’arte, e che è appunto il "CAMBIAMENTO"». Eppure mostra di riconoscere l’espressività del turpiloquio, ma il suo perbenismo gli fa dire automaticamente: «democrazia vuol dire anche perfezionare i toni durante un dibattito». Così non farei io, che «dal 1989 non sono cambiato di una virgola, faccio sempre le stesse cose». Cioè, insulto. E Celentano, per essere diverso, e «perfezionare i toni», pensa bene di imitarmi: «ma VAFFANCULO Sgarbi, adesso ci hai proprio rotto i COGLIONI!!!». Non potevo sperare in un migliore allievo, e devo ringraziarlo dell’attenzione, e anche del privilegio di non leccarmi il culo come fa con Fini, Grillo, Berlusconi, Maroni, Bindi, Santoro. Ma ormai Celentano è partito, e non si controlla più. Mi rimprovera: «il tuo prevedibile e nauseante sbraitare è un registro vecchio e stravecchio come la guerra del ‘15-18. Cosa aspetti a cambiare? Lo sai almeno in che anno siamo?... Poi non piangere se in televisione non ti invita più nessuno». E qui non lo seguo più. Contrariamente ai suoi amici, Santoro e Fazio, io non piango e non mi lamento. In compenso vado in televisione tutti i giorni, esprimo il mio pensiero, talvolta placidamente, talvolta concitatamente, e ogni tanto incontro un depensante, che dice banalità, cui mi contrappongo, più in modo «rap» che in modo «rock», per evitare che continui a dire scemenze. La differenza tra me e Celentano è che io, non volendo rinunciare a essere Sindaco, per dignità civile, in televisione non vengo pagato. Celentano invece il suo pensiero lo mostra soltanto a pagamento, e senza offrire una merce particolarmente pregevole. Gli propongo così un «CAMBIAMENTO». Venga anche lui gratis, per un confronto con me, da Fazio, a Domenica In, o dove vuole lui. Così si potrà vedere chi ha qualcosa da dire, e come, e in che lingua.
Vittorio Sgarbi