Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 21/10/2010, 21 ottobre 2010
«PRESTANOME E SOMME FRAZIONATE PER IL SEGRETO SULL’UTILIZZO DEI SOLDI» —
Movimentazioni bancarie senza indicare né i beneficiari dei prelevamenti né le causali di ogni operazione, come invece prevede la legge. La scelta dei pubblici ministeri di Roma di consegnare al tribunale del Riesame una memoria con l’elenco di alcuni casi già verificati, aveva un obiettivo preciso: dimostrare che l’operazione per il trasferimento dei 23 milioni di euro dal Credito Artigiano a una banca d’affari tedesca non era affatto un episodio sporadico frutto di un equivoco», come hanno sostenuto i vertici dello Ior. Perché l’indagine più ampia avviata un anno e mezzo fa per riciclaggio ha consentito di scoprire decine di casi analoghi. Ma soprattutto ha fatto emergere il sospetto che i titolari dei conti aperti dello stesso Ior presso istituti di credito italiani siano in realtà dei prestanome di clienti ricchi e famosi.
Tra loro ci sono numerosi prelati. Come Evaldo Biasini, don Bancomat per la «cricca» dei Grandi Appalti, che ha spostato 50.000 euro da quello stesso conto che utilizzava tra l’altro per favorire il costruttore Diego Anemone. Oppure come il sacerdote che ha ricevuto e poi «girato» a un imprenditore 300.000 euro provenienti da San Marino.
La relazione firmata dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal sostituto Stefano Rocco Fava analizza proprio queste tre operazioni «a titolo esemplificativo» per mostrare il funzionamento del sistema. Si scopre così che nel novembre 2009, da un deposito dello Ior presso una filiale di Intesa San Paolo, sul quale era delegato ad operare il direttore generale Paolo Cipriani, sono stati prelevati 600.000 euro. I vertici della banca sollecitano chiarimenti, ma dallo Ior vengono fornite giustificazioni non ritenute sufficienti a comprendere per quale motivo siano stati movimentati quei soldi. Genericamente si parla di finanziamenti destinati alle attività missionarie: troppo poco per spiegare un prelevamento così ingente. E così scatta la segnalazione di operazione sospetta (Sos) per la Banca d’Italia. Vengono analizzati tutti gli «estratti» ed emerge che nel corso del 2009 da quel conto sono stati presi 140 milioni di euro in contanti. Una cifra immensa che avrebbe preso decine di rivoli e adesso sono in corso verifiche per scoprire dove sia finito il denaro.
Il sistema di «riciclaggio» che sarebbe stato individuato dai finanzieri del nucleo di polizia valutaria e illustrato in una informativa consegnata ai pubblici ministeri prevede il «frazionamento» delle cifre per evitare che si possa risalire alla destinazione finale dei soldi. Ed è proprio il meccanismo che sarebbe stato utilizzato anche sul conto aperto dallo Ior presso Unicredit e intestato a un sacerdote che in realtà sembra essere lo «schermo» di un imprenditore. In questo caso la Sos è partita quando da San Marino sono arrivati 300.000 euro, subito prelevati da un imprenditore mentre altri 50.000 euro sono finiti contemporaneamente a una tale signora Maria Rossi.
Alla richiesta di chiarimenti sui rapporti tra il titolare del deposito e i due beneficiari, i responsabili della banca vaticana hanno sostenuto che si trattava della madre dell’imprenditore ma è bastata una verifica neanche troppo approfondita per scoprire che non era affatto così. In realtà il prete sarebbe stato utilizzato esclusivamente per «schermare» il passaggio dei soldi che arrivavano dall’estero.
Quello di «schermo» è un ruolo che don Evaldo avrebbe ricoperto più volte come era stato accertato durante l’inchiesta sugli appalti per i «Grandi Eventi», che adesso sembra trovare un’importante conferma nelle movimentazioni scoperte. Nel 2009 il sacerdote ha infatti emesso due assegni per un totale di 50.000 euro dalla banca delle Marche lì dove erano intestatari dei conti il provveditore Angelo Balducci, il costruttore Diego Anemone, il commercialista di entrambi Stefano Gazzani. Ma soprattutto la segretaria dello stesso Anemone, Alida Lucci, che negli ultimi due anni avrebbe gestito per conto del suo capo 30 depositi, di cui 23 ancora operativi.
L’indagine ha accertato che i titoli sono stati poi depositati da don Evaldo sul conto Ior presso Intesa San Paolo ma ancora non si conosce il destinatario finale anche se il sospetto è che si tratti di un «lavaggio» dei soldi provenienti proprio da uno dei componenti di quella «cricca» che si sarebbe spartita gli incassi dei lavori pubblici affidati da Balducci alle imprese del gruppo che fa capo ad Anemone.
Del resto sono state le intercettazioni telefoniche a rivelare come il giovane imprenditore si rivolgesse proprio al sacerdote quando aveva bisogno di contanti da elargire senza lasciare tracce compromettenti. E dunque nuovi accertamenti sono già stati disposti per verificare tutte le altre operazioni che possono essere transitate sul conto Ior di Intesa San Paolo o su altri depositi dell’istituto di credito della Santa Sede che erano intestati a lui.
Fiorenza Sarzanini