Adriano Celentano, Vittorio Sgarbi, il Giornale 21/10/2010, pagina 1, 21 ottobre 2010
CELENTANO CONTRO SGARBI
È vero, sei colto ma troppo isterico -
Professore. Dici che il mio pensiero è nullo e sono strapagato per non dire niente. Mentre tu invece, che il pensiero ce l’hai, vai in televisione gratis. Ma se la televisione non paga neanche chi le ha le idee, come fa a strapagare uno che non dice niente?...
Ora io sono il primo a riconoscere che effettivamente qualche pensiero tu ce l’hai. E quando ciò accade, grazie alla tua dialettica che invidio, lo esponi anche bene. Ma questo non basta se poi il pensiero viene puntualmente devastato da uno dei tuoi attacchi isterici. Chi ti ascolta a casa poi non ti riconosce perché l’immagine che dai non è più quella di chi si intende d’arte, ma quella di un rimbambito colpito improvvisamente dal fuoco di S. Antonio.
Quindi io insisto. Devi cambiare. Lo dico per il tuo bene. Perché questi atti di improvvisa follia possono influire negativamente anche sul tuo lavoro. Preso come sei, dal fascino di chi ha il coraggio di censurare persone come Roberto Saviano, ti può succedere che di fronte a un banale quadro del «DITTATORE generale della Rai» magari lo scambi per un Raffaello. E questa non è una cosa da prendere sotto gamba, credimi.
Fra le tante cose che hai scritto sul mio conto, più che altro che hai «PENSATO »... ho letto anche che vorresti fare un confronto in televisione con me. Ora io non voglio insistere, però te lo sconsiglio. Tu sei colto e io sono ignorante. Anzi, il re degli ignoranti. Tu sei preparato a parlare con gente altrettanto colta come lo sei tu. Per cui conosci i confini nei quali la cultura vi incanala e quindi non avresti problemi. Ma se parli con un ignorante potresti trovarti in serie difficoltà, perché l’ignorante non ha confini. E allora anche i tuoi salterebbero e potresti perdere l’equilibrio... Però... se hai deciso così... Prima o poi capiterà che un giorno, saremo uno di fronte all’ altro davanti alle telecamere...
Adriano Celentano
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Io le canto chiare e tu le parli peggio -
Caro Adriano, io mi sono limitato a osservare le tue contraddizioni, dal momento che hai usato, a freddo, il linguaggio che mi rimproveri. Mi hai insultato a tavolino, con «lenta» premeditazione. Che tu sia strapagato, è documentato nei contratti della Rai. Io ho esposto la mia condizione di libertà, e ti ho fatto conoscere la mia rinuncia al ricatto di dovermi dimettere da sindaco. Tu parli, come Benigni, come Saviano, fai sostanzialmente politica, e la Rai ti paga. Io sono sindaco, ho inventato un paese, ho fatto cose che sarebbe opportuno tu vedessi; e, per una norma iniqua e discriminante, devo andare in televisione gratis, anche se parlo di farfalle. Il mio linguaggio è fatto anche di attacchi improvvisi, che tu chiami «isterici». Sarà. Ma devono piacere molto ai ragazzi, che, quando li incontro, recitano con divertimento «capra, capra, capra», sorridendo ironici.
Sono lieto che ti occupi del «mio bene», ma non è necessario. Me la sono sempre cavata da solo, e ho scritto molti libri che tu non hai mai letto. Di Saviano ho poco da dire, se non che continua a dire di essere minacciato dalla mafia e di volersene andare dall’Italia, e intanto aspetta di andare in televisione a 80mila euro a puntata. Io sono stato minacciato per avere denunciato lo scandalo delle pale eoliche, vengo attaccato, senza che nessuno si preoccupi. A proposito, non ho letto niente di tuo contro lo scempio del paesaggio. Quanto al confronto, l’ho proposto per evitare di essere insultato, a freddo, da chi mi rimprovera di insultare. E ti informo che parlo spesso con ignoranti come te che mi capiscono. Quindi, sono certo che mi capiresti anche tu. Anche l’ignoranza ha confini (come la cultura), e potremmo cercare i confini della tua. Incontrarsi e dialogare (senza confini) potrebbe essere una buona opportunità. Purché a essere pagato non sia soltanto tu. In ogni caso, sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono. Ma io le canto più chiare. E tu le parli peggio.
Vittorio Sgarbi