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 2010  settembre 27 Lunedì calendario

Anno VII – Trecentoquarantunesima settimana Dal 20 al 27 settembre 2010Santa Lucia L’isola di Saint Lucia è uno staterello di 150 mila abitanti nel mar delle Piccole Antille, a nord del Venezuela

Anno VII – Trecentoquarantunesima settimana Dal 20 al 27 settembre 2010

Santa Lucia L’isola di Saint Lucia è uno staterello di 150 mila abitanti nel mar delle Piccole Antille, a nord del Venezuela. Tormentato dagli uragani, si arricchisce grazie alle banane, al turismo e alle società off shore. Due di queste società off shore si chiamano Printemps e Timara ltd. Sono i due trust al portatore che stanno dietro all’affare della casa di Montecarlo, abitata da Giancarlo Tulliani, il cognato di Fini. Saint Lucia ha un primo ministro, di nome Stephenson King, e un ministro della Giustizia, di nome Rudolph Francis. All’inizio della settimana scorsa due giornali dominicani (San Domingo è a un migliaio di chilometri da Saint Lucia) hanno pubblicato due articoli identici in cui si raccontava che Francis (il ministro) aveva scritto a King (il premier) per fargli sapere che «abbiamo investigato le compagnie Printemps Limited e Timara Limited […]. Queste compagnie […] sono collegate all’acquisto di un appartamento che era di proprietà di un partito politico italiano e che si trova a Monaco […] Dai documenti è stato possibile accertare che il proprietario beneficiario (beneficial owner) è il signor Giancarlo Tulliani». Questi due pezzetti, avvistati dal bravo Roberto D’Agostino, sono finiti su Dagospia e di qui sono stati ripresi dal Giornale e da Libero, che li hanno presentati con titoli enormi, del genere «Ecco la prova» eccetera.

Italia A ventimila chilometri di distanza, cioè in Italia, era in corso in quel momento una serrata trattativa tra gli emissari di Fini e quelli di Berlusconi per concordare testi legislativi sulla giustizia capaci di evitare al premier i soliti guai con la magistratura italiana. Lette le rivelazioni del Giornale e di Libero, Fini ha immediatamente rotto le trattative facendo presagire la fine di ogni possibile rapporto con Berlusconi. La tesi dei finiani era questa: la lettera di Francis è un falso fabbricato ad arte, oltre tutto non è neanche scritta sulla carta intestata giusta, Saint Lucia è da un pezzo piena di agenti segreti al servizio di Berlusconi e di giornalisti pagati non si sa da chi, insomma si tratta dell’ennesima montatura del presidente del Consiglio che con le sue ricchezze è in grado di comprare chiunque. Fini annunciava per la mattina dopo un video-messaggio da trasmettere attraverso i siti finiani Generazione Italia e Farefuturo. In questo video-messaggio, finalmente, sarebbe stata detta la verità.

Santa Lucia Ma, poco dopo questo annuncio, da Saint Lucia arrivava la notizia che alle 18.00 (largamente in tempo per i fondamentali tg italiani delle 20, dunque) lo stesso Francis avrebbe tenuto una conferenza stampa per chiarire la faccenda. Palpitazione planetaria e alle 18, effettivamente, ecco Francis di fronte a un gruppetto di giornalisti italiani in felice trasferta nel paradiso fiscale (e soprattutto naturale). Conferenza stampa di tre minuti: «Sì, il documento è mio, l’ho compilato io. Questo tipo di documenti viene emesso quando il nome del nostro Stato viene citato in caso di inchieste o notizie giornalistiche. Raramente queste carte arrivano all’attenzione della stampa, ma in questo caso era giusto farlo. Non vogliamo che il nostra sistema economico venga danneggiato da vicende del genere. Il nostro governo aprirà un’inchiesta su questa storia». Insomma, la lettera era vera e, di conseguenza, la casa di Montecarlo sarebbe davvero di Giancarlo Tulliani.

Italia È sabato, e l’Italia intera attende il video-messaggio del presidente della Camera. L’aveva promesso per la mattina, ma passano le ore e non succede niente. Si saprà poi che, in quel lasso di tempo, Fini ha tempestato di urli il cognato per farsi dare la prova che l’appartamento di Montecarlo non è suo (e quello invece niente). Intorno alle cinque si viene a sapere che il video-messaggio sarà messo in rete alle 19. Mentana anticipa di un’ora il tg de La7, i quotidiani tengono le prime pagine aperte. Ecco finalmente le sette di sera, Fini parla e per la prima volta ammette: «Certo anche io mi chiedo, e ne ho pieno diritto visto il putiferio che mi è stato scatenato addosso, chi è il vero proprietario della casa di Montecarlo. È Giancarlo Tulliani, come tanti pensano? Non lo so». Poi aggiunge: «Se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera». Anche se gli attacchi impliciti a Berlusconi non sono mancati («io non ho né denaro né barche né ville intestate a società off shore, a differenza di altri che hanno usato, e usano, queste società per meglio tutelare i loro patrimoni familiari o aziendali e per pagare meno tasse», oppure: «in 27 anni di Parlamento e 20 alla guida del mio partito non sono mai stato sfiorato da sospetti di illeciti e non ho mai ricevuto nemmeno un semplice avviso di garanzia»), il messaggio si è chiuso con un invito al dialogo: continuando così, «con le insinuazioni, con le calunnie, con i dossier, con la politica ridotta ad una lotta senza esclusione di colpi per eliminare l’avversario si distrugge la democrazia. Fermiamoci tutti prima che sia troppo tardi. Riprendiamo il confronto: duro, ma civile. Mi auguro che tutti, a partire dal presidente del Consiglio, siano dello stesso avviso».

Conseguenze Mentre scriviamo il dialogo tra berlusconiani e finiani è ripreso, proprio grazie alla chiusa del discorso. Il momento topico sarà mercoledì 29 settembre, compleanno di Berlusconi e giorno del suo fatidico discorso alla Camera in cui verranno esposti i cinque punti programmatici dei prossimi tre anni di legislatura. È possibile che il premier non chieda la fiducia, è possibile che voglia addirittura evitare il voto. È possibile anche che chieda ufficialmente, in piena Montecitorio, le dimissioni di Fini da presidente della Camera. Gli esperti prevedono in ogni caso una crisi a breve e, probabilmente, un governo tecnico che rifaccia la legge elettorale.

Profumo La notte tra lunedì 20 e martedì 21 settembre, il consiglio d’amministrazione di Unicredit ha sfiduciato Alessandro Profumo, che non è dunque più l’amministratore delegato della banca. Profumo, in azienda dal 1994, aveva trasformato un piccolo istituto nazionale (il Credito italiano) nella quinta banca europea, con asset per mille miliardi di euro, radicamento in 22 paesi, diecimila filiali, 18 lingue praticate. Questa crescita era stata resa possibile soprattutto dalla pratica di comprar banche, soprattutto l’Hvb tedesca (nel 2005 e tenendosi però i tedeschi nell’azionariato) e la Capitalia di Geronzi. Era stato Profumo, alle prese con problemi di capitale dopo la crisi economica, ad aprire le porte a Gheddafi, che è adesso il maggior azionista col 7,5% delle azioni. Proprio questo sarebbe il motivo della clamorosa defenestrazione: i libici non sarebbero graditi ai tedeschi e soprattutto alla Lega. Altri imputano la caduta del banchiere al dividendo troppo basso oppure alla perdita di valore del titolo in Borsa. La spiegazione che ha più il sapore della verità è però quella fornita da Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera: la sfiducia a Profumo deriverebbe dalla «sua decisione di trasformare Unicredit da una somma di feudi locali in una struttura unica […] Per creare una banca unica è necessario smantellare tanti piccoli feudi, con le sue parrocchie e le sue poltrone da difendere». Sarebbe anche questa, insomma, una storia tipicamente italiana.

Sandra Sandra Mondaini (sulla cui morte vedi le pagine XY) ha chiesto di esser sepolta vicino alla madre, nel cimitero di Lambrate, e non a Roma accanto al marito Raimondo Vianello.