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 2010  ottobre 21 Giovedì calendario

Lo scontro con la Cina si sposta sui metalli rari - Nuovo smacco della Cina all’Occidente. Il governo di Pechino ha deciso di bloccare la fornitura di minerali di importanza strategica all’Europa e agli Stati Uniti estendendo tacitamente quanto aveva fatto lo scorso mese nei confronti del Giappone

Lo scontro con la Cina si sposta sui metalli rari - Nuovo smacco della Cina all’Occidente. Il governo di Pechino ha deciso di bloccare la fornitura di minerali di importanza strategica all’Europa e agli Stati Uniti estendendo tacitamente quanto aveva fatto lo scorso mese nei confronti del Giappone. A riferirlo sono tre funzionari governativi locali sentiti dal New York Times: «L’embargo si sta allargando e non riguarda più solo il Giappone», dice uno di loro coperto da anonimato. La manovra ostruzionistica di Pechino riguarda in particolare le terre rare, un gruppo di 17 elementi chimici che si trovano in concentrazioni elevate nel sottosuolo, e vengono utilizzati per produrre apparecchi tecnologici di importanza strategica, come superconduttori, magneti, catalizzatori, laser e persino fibre ottiche. La tempistica dell’embargo non è del tutto casuale, visto che giunge in un momento di particolare tensione legate alla questione dei cambi e alle spinte per la rivalutazione dello yuan, argomento in cima all’agenda dei lavori del G-20 finanziario in corso a Seul. Messa sotto pressione dai partner commerciali, Pechino sembra più determinata che mai a flettere i muscoli di nuova grande potenza economica. L’ordine di sospendere le consegne sarebbe giunto direttamente dai vertici cinesi lunedì mattina, poco dopo che un funzionario governativo aveva convocato i media internazionali per denunciare «gravi azioni intraprese dagli Stati Uniti in materia commerciale». Una sorta di avvertimento da parte del Paese del Dragone pronto al braccio di ferro pur di allentare le pressioni nei suoi confronti in materia valutaria. La strategia è destinata inoltre ad avere effetti importanti nel tempo, visto che le miniere cinesi contano circa il 95% delle terre rare di tutto il Pianeta, e che le applicazioni di questi minerali sono strategiche sul piano manifatturiero, commerciale e soprattutto militare. Basti pensare che questo genere di minerali è essenziale per la produzione di telefoni cellulari, ma anche per costruire impianti eolici o per realizzare missili teleguidati. Ogni riduzione delle forniture da parte della Cina viene percepita come un campanello d’allarme per le nazioni occidentali, ancor più che per il Giappone. Questo perché le aziende statunitensi ed europee che utilizzano le terre rare hanno di solito a disposizione scorte meno consistenti rispetto a quelle delle imprese nipponiche. Immediata è giunta la reazione di Bruxelles: «Al momento stiamo seguendo da vicino la situazione», dice il portavoce del Commercio estero, John Clancy. La Commissione non è ancora in grado di confermare le notizie riportate dalla stampa internazionale, ma ricorda che il premier cinese Wen Jiabao, durante la sua recente visita a Bruxelles, ha assicurato che la Cina non intende chiudere il suo mercato di minerali. «L’accesso alle terre rare è una questione di grande preoccupazione per la Commissione Ue ed è un elemento chiave per la politica industriale europea», conclude il portavoce. Non è chiaro del resto quanto durerà e di quale entità è il blocco delle forniture, spiegano alcune fonti industriali cinesi. Per ora sembra che il governo di Pechino abbia concesso il via libera alla partenza di un solo container di terre rare, e che un altro forse lascerà le coste cinesi entro il fine settimana. In sostanza si tratta di un flusso marginale rispetto a quello che fornisce regolarmente Usa ed Europa. Secondo gli esperti è certo invece che la mossa di Pechino conferma l’ascesa di una nuova forma di nazionalismo economico sostenuto dal Comitato centrale del Partito comunista cinese. Qualcuno a Washington teme che si tratti di una nuova forma di protezionismo sulla quale gli Usa sembrano determinati indagare per capire se ancora una volta Pechino abbia violato le regole sul libero scambio fissate dal World Trade Organization.