Paola Pica, Corriere della Sera 20/10/2010, 20 ottobre 2010
BONUS E CORSIA SPECIALE PER LE ASSUNZIONI. LE PROMOZIONI SEGRETE DELLA POPOLARE DI MILANO —
Nel biennio horribilis 2009-2010 mentre la maggior parte delle aziende in attesa di credito tira la cinghia e gli utili delle banche italiane si dimezzano, alla Banca Popolare di Milano presieduta da Massimo Ponzellini si respira un’aria di festosa abbondanza. Nel luglio scorso, a ridosso del bilancio semestrale che mostra un crollo del 43,4% dell’utile netto a 70,2 milioni, ai top manager della banca cooperativa vengono riconosciuti bonus per 2,550 milioni di euro. Direttore e condirettore generale, Fiorenzo Dalu e Enzo Chiesa, incassano rispettivamente 350 e 300 mila euro (costo per la banca 850 mila, come riportato nella delibera del consiglio che dà conto anche del voto contrario dei consiglieri Franco Debenedetti e Roberto Fusilli). E forse è sempre in vista dei risultati che qualche mese prima, siamo in aprile, il consiglio approva unanime l’assegnazione «dell’auto aziendale a uso promiscuo» affidando a Dalu «il mandato per la determinazione dei criteri dettagliati di assegnazione». Ma la griglia di riferimento non viene predisposta e alla comparsa in Piazza Meda dei primi Porsche Cayenne, tipica auto aziendale, si scopre che il piano auto sta esponendo la banca a spese esorbitanti, pare 650 mila euro all’anno per dieci anni. A quel punto il piano viene sospeso in fretta e furia. Tutto a posto? No, protestano i dirigenti che hanno già venduto l’auto personale per prendere quella aziendale e protestano i fornitori che minacciano una penale da 1 milione.
Il deficit di sobrietà agita intanto i dipendenti e crea fibrillazione sulla presidenza Ponzellini. Al ruolo di numero uno con i poteri di indirizzo che la Popolare di Milano affida al presidente, un lavoro a tempo pieno, Ponzellini somma quello di presidente di Impregilo, la prima società italiana di costruzioni che fa capo ai gruppi Ligresti, Gavio e Benetton. L’ex vicepresidente Bei ritenuto un tempo vicino a Romano Prodi è indicato oggi come banchiere nell’orbita della Lega Nord e anzi era stato lo stesso leader del Carrocc i o Umberto Bossi a dichiarare : «Ponzellini? L’abbiamo messo noi in Bpm». Un posizionamento mediatico non certo temperato da una visita di Bossi e del ministro Giulio Tremonti in Piazza Meda.
Siamo già in settembre quando la Banca d’Italia avvia un’ispezione. A gennaio, per la prima volta nella storia della Bpm, vengono secretate le promozioni dei dipendenti, spostamenti e avanzamenti di grado che la banca vara ogni anno e in trasparenza rende noti all’interno. A firmare il provvedimento con il quale si decide di «non divulgare gli elenchi dei promossi» è il neodirettore del personale, Maurizio Bortolotti, chiamato nell’autunno del 2009 dalla controllata Banca di Legnano. Bortolotti motiva la scelta con un «profilo di meritocrazia di esclusiva pertinenza dei singoli interessati». Un’espressione che resta incomprensibile ai più fino a che, molti mesi dopo, si scopre che tra i destinatari delle promozioni ci sono i quattro (ex) capi delle quattro (grandi) sigle sindacali che hanno appoggiato l’elezione di Ponzellini. Circola in banca un documento con le 60 maggiori retribuzioni, in buona posizione si piazzano Gianfranco Modica (Fisac-Cgil), Franco Zaffra (Uilca-Uil), Roberto Gazzola (Fiba-Cisl), Mauro Scarin (Fabi). Ognuno di loro avrebbe avuto un aumento di 40 mila euro circa e relativo scatto di grado per i meriti assunti sul campo come bancari, compreso Scarin che è segretario aggiunto della Fabi nazionale, impegno che lo chiama a Roma e lo allontana inevitabilmente dallo sportello. Zaffra viene messo fuori dalla Uilca, nessuno dei quattro lascia la banca. Alle prime indiscrezioni filtrate sulla stampa ha risposto direttamente Ponzellini con una lunga lettera all’Associazione Amici della Bpm, l’associazione dei soci-dipendenti. Una missiva con la quale, fanno notare alcuni investitori sempre più a disagio con un titolo che viaggia ormai stabilmente sotto il prezzo nominale, Ponzellini lascia intravedere un possibile «concerto» tra soggetti della direzione, consiglieri e sindacalisti. «Alcuni membri dell’associazione hanno compiuto scelte o di carriera interna o di prestigiosi incarichi sindacali esterni» scrive il presidente aggiungendo che «tali avanzamenti condivisi dalla Direzione hanno portato anche ad aumenti retributivi per queste persone che ora lasciano l’Associazione, ma non come qualcuno vuol far credere, con disonore».
C’è poi la vicenda della gestione delle selezioni per le assunzioni dei figli dei dipendenti in uscita. Un gruppo di genitori si è rivolto alla magistratura dopo aver riscontrato «gravi irregolarità» nelle testature in seguito alle quali sarebbero stati assunti figli di dirigenti e sindacalisti (addirittura anche una moglie) mentre sarebbero stati scartati giovani laureati in economia figli di semplici impiegati. La prima udienza è fissata per il 18 novembre.
In questo clima Ponzellini si appresta a chiedere al consiglio il patteggiamento per 220 milioni circa con il fisco sulle presunte evasioni fiscali nelle triangolazioni con l’estero. Una contestazione respinta da altre banche, già orientate al ricorso.
Paola Pica