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 2010  ottobre 20 Mercoledì calendario

MEGLIO UN LODO CHE UN PROCESSO

Fra un colpo di tosse e uno starnuto, la legislatura continua il suo percorso. Per quanto tempo ancora? Dipenderà dalle gambe dei viandanti, ma c’è un ostacolo che condiziona ogni traguardo: la giustizia. O meglio i tre processi in cui è imputato il presidente del consiglio (Mills, Mediaset, Mediatrade). O lui potrà uscirne indenne, oppure morirà Sansone con tutti i filistei.

Senza scudo processuale per il presidente Berlusconi non c’è futuro per la legislatura, senza un altro tratto di legislatura non c’è salvacondotto per il presidente Berlusconi. Anche perché il legittimo impedimento è un farmaco che reca impressa sulla confezione la propria data di scadenza (18 mesi), e perché inoltre il 14 dicembre quello stesso farmaco verrà sottoposto a un’ispezione davanti alla consulta. Urge pertanto brevettare altri medicinali.

Quali? Se i governanti inforcassero gli stessi occhiali che portano sul naso i loro governati, se guardassero alla giustizia come malattia sociale anziché come grattacapo personale, la ricetta sarebbe più lunga d’un lenzuolo. Per esempio la semplificazione del rito processuale (dal regime delle notifiche a quello delle nullità). La limitazione del ricorso in cassazione (30mila sentenze l’anno contro le 75 dell’Inghilterra, 40mila avvocati abilitati al patrocinio superiore mentre in Francia sono meno d’un migliaio). Una cura dimagrante per i nostri uffici giudiziari (i giudici di pace si distribuiscono in 846 sedi, i tribunali sono 1.292, il doppio della Spagna).

Il potenziamento dell’informatizzazione (secondo il rapporto Cepej l’Italia si piazza a un livello «moderato», mentre in Germania la giustizia raggiunge un livello d’informatizzazione «molto alto»). Infine occorrerebbe prosciugare l’oceano delle leggi, dove annega la certezza del diritto, insieme ai nuotatori più deboli e più soli.

Niente da fare: per la maggioranza la priorità in questo momento è un’altra. E allora affrontiamola con un’economia del danno, con la dottrina del male minore che fu cara tanto a Spinoza quanto a Sant’Agostino. Dopo aver risolto i propri guai, forse possiamo sperare che la politica s’occuperà pure dei nostri guai con la giustizia. Ma in che modo la legge può forgiare un nuovo scudo processuale per il presidente del consiglio? A occhio e croce, le soluzioni sono due. C’è da un lato il lodo Alfano, però approvato questa volta con legge costituzionale, che ieri in commissione ha fatto il primo passo con tanto di retroattività; dall’altro lato c’è il processo breve, rilanciato giorni fa da Berlusconi e che, prima o poi, di passi in avanti potrebbe farne tre. Anche perché a condurlo in porto basta una leggina, senza il doppio andirivieni fra camera e senato imposto dalla procedura di revisione costituzionale.

Diciamolo allora senza troppi giri di parole: meglio salvarne uno che ammazzarne cento. Meglio graziare il presidente del consiglio che infliggere un colpo di grazia alla giustizia. Il processo breve (corredato da una norma transitoria che impedirebbe ogni sentenza di condanna contro Berlusconi) mette una tagliola di sei anni e mezzo sulla durata dei procedimenti giudiziari. In astratto è un termine fin troppo ragionevole, nel concreto della (in)giustizia italiana equivale a una carneficina giudiziaria.

Già adesso si consumano 170mila prescrizioni l’anno; con questa riforma diventeranno il doppio, e saranno quindi il doppio gli italiani che la dea della giustizia lascerà a mani vuote. Senza dire dei processi per danno erariale estinti davanti alla corte dei conti, o senza contare il fiume di quattrini che lo stato dovrà spendere per risarcire gli imputati.

E c’è poi un’altra ragione - formale, anziché sostanziale - per preferire il lodo Alfano come male minore. La futura legge sul processo breve sarà ovviamente esposta a un referendum abrogativo; ma sta di fatto che i 24 referendum celebrati dal 1997 in poi hanno regolarmente fatto fiasco. È infatti sufficiente organizzare l’astensione, sommando un 20% d’elettori al 30% che non va mai a votare; sempre che in ultimo si voti, perché se la legislatura s’interrompe cade pure il referendum.

Ma il referendum costituzionale no, quello è senza quorum, ed è inoltre necessario per l’entrata in vigore della legge, a meno che il nuovo lodo Alfano sia appoggiato dall’opposizione. Difficile, vero? E allora questo male minore in conclusione può diventare un bene: per una volta avremmo voce in capitolo anche noi.