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 2010  ottobre 19 Martedì calendario

Atee o credenti, comunque formiche - «C’è un nuovo Darwin. Si chiama Ed­ward O. Wil­son ». Così Tom Wolfe accolse le opere del biologo di Harvard, due volte premiato col Pulitzer, in un saggio ora raccolto ne La bestia umana

Atee o credenti, comunque formiche - «C’è un nuovo Darwin. Si chiama Ed­ward O. Wil­son ». Così Tom Wolfe accolse le opere del biologo di Harvard, due volte premiato col Pulitzer, in un saggio ora raccolto ne La bestia umana . A differenza di Darwin, Wilson ha scritto un romanzo, bestseller negli Usa, ap­pena uscito in Italia: Anthill (El­liot, pagg. 342, euro 18,5). Wolfe faceva notare che il professore, nel suo Sociobiologia : la nuova sintesi (1975) minava alla radice concetti quali il libero arbitrio. Il cervello umano, dal suo punto di vista, non è una tabula rasa ma contiene tutte le istruzioni neces­sarie allo sviluppo della nostra personalità. Il patrimonio geneti­co regola il temperamento, le emozioni, l’aggressività ma an­che le nostre scelte morali. Le tesi di Wilson a Wolfe non piacevano ma il giornalista non ne negava il valore, distinguendole netta­mente da quelle, a esempio, di Ri­chard Dawkins. Anche il romanzo ha suscitato negli Stati Uniti obiezioni, reazio­ni e polemiche simili. La cornice di Anthill è un’avventura alla Huckleberry Finn dal risvolto ecologista: il protagonista ragaz­zino- esploratore-naturalista del­le prime avventurose pagine di­venterà un avvocato laureato ad Harvard ed esperto nella salva­guardia dell’ambiente, e in parti­colare del lago Dubokee, una zo­na selvaggia dell’Alabama sede delle sue escursioni giovanili. Una scelta militante ma lontana dai gruppetti che confondono la rivoluzione socialista con la sal­vaguardia della Terra: gli attivisti chiacchieroni e ideologizzati del­l’immaginaria «Gaia Force» so­no fra gli obiettivi polemici del li­bro. Il cuore del romanzo, e il moti­vo­del dibattito che ne ha accom­pagnato l’uscita, è il lungo capito­lo centrale basato sulla storia dei formicai intorno al lago Dubo­kee. Una vera e propria Iliade a dimensione d’insetto, campo in cui il biologo è una autorità indi­scussa. Wilson racconta l’ascesa della «Colonia del Sentiero» (Troia?) conquistata e distrutta dalla più numerosa «Colonia del Ruscello» (i greci?). L’egemonia sul territorio di quest’ultima sarà spezzata da una «Supercolonia» (l’impero romano?)retta da rego­le sociali parzialmente diverse dovute a una imprevedibile mu­tazione genetica. Ma anche que­sto organismo complesso, capa­ce di cambiare l’aspetto stesso del territorio sfruttandolo troppo intensamente, verrà annichilito. Dalle divinità, ovvero dall’inter­vento umano. Wilson descrive la perfetta organizzazione delle for­miche, superiore a quella degli al­­tri insetti. Basta osservare la com­plicata ma funzionale «rete urba­na » dei nidi, un sistema di stanze e corridoi che risponde a un’esi­genza di sicurezza. Intorno alla Regina, deputata alla riproduzio­ne, vige un ordine ferreo, deter­minato dal patrimonio genetico e influenzato dall’ambiente. La regola principale è la sopravvi­venza della colonia alla quale tut­to è sacrificabile. La protezione della Regina è quindi prioritaria. Ogni formica ha il suo ruolo. Ci sono le esploratrici, i soldati, le operaie. Ci sono i maschi fecon­datori. C’è un sistema di comuni­cazione complesso, basato sugli odori e sulle tracce olfattive rila­sciate da certi ormoni. Ci sono ri­tuali codificati: quando due colo­­nie rivali entrano in contatto, pri­ma di attaccare, svolgono tornei che sono prove di forza in cui sfila­no le rispettive armate. Non è det­to si arrivi allo scontro. Nel caso, le battaglie si sviluppano sempre secondo tattiche precise. Lo ster­minio dell’avversario è quasi sempre la conclusione. Ma le for­miche fanno anche prigionieri (ridotti a schiavi) e si prendono cura dei propri feriti. La natura può intervenire con mutazioni decisive. Una minore sensibilità agli odori offrirà un vantaggio evolutivo alla Supercolonia «im­periale », perché, diversamente da tutte le altre, ammetterà al suo interno più nidi e più regine «fe­derate » tra loro. Queste pagine originali e riusci­te lasciano interdetto il lettore. Il­luminano il resto del libro e ne cambiano drasticamente il signi­ficato. In fondo anche il percorso del protagonista, e di tutti i perso­naggi secondari, potrebbe essere il frutto di un doppio condiziona­mento: genetico e ambientale. E infatti ecco spuntare nel finale al­cune descrizioni di sentimenti che spingono sul pedale della predeterminazione.L’innamora­mento, a esempio, rispetta «la so­lita sequenza programmata dai geni» mentre le schermaglie tra maschi «nemici» in politica rical­cano in maniera scoperta quelle che precedono lo scontro fisico nel mondo delle formiche. Wilson spiega che esistono «so­miglianze decisive» fra le formi­che e gli esseri umani ma anche «enormi differenze». Nella con­vergenza fra uomo e insetto, pe­rò, «c’è qualcosa di genetico, che rende le formiche una metafora dell’uomo e viceversa». Metafo­ra o meno, l’approdo è chiaro. L’unicità della specie umana ne esce scalfita, così come il concet­to di individualità. E infine, nel li­bro ci sono formiche «atee» (quel­le che non hanno mai incontrato l’uomo) e formiche «credenti»: quest’ultime ci scambiano per di­vinità. Ma allora chi o cos’è il no­stro Dio?