Gabriele Romagnoli, la Repubblica 19/10/2010, 19 ottobre 2010
IL PARRUCCHIERE TAGLIAVENTO L´ITALIANO CHE AMA LE REGOLE "SONO UN ARBITRO NEL DNA"
L´uomo che ha fermato il gioco è un italiano anomalo, lo si capisce quando pronuncia questa frase: «Mi affascinano le regole». In un Paese di ultrà delle eccezioni ecco a voi Paolo Tagliavento, arbitro, 38 anni, una moglie (conosciuta in serie D, ma che di calcio capiva così poco da chiedergli: «Oggi hai vinto?»), due figli di cui l´ultimo (18 mesi) strilla in sottofondo, una madre morta di cancro che lo ha indotto a iscriversi a un´associazione che lotta contro i tumori, un padre che gli manda avanti il negozio di parrucchiere mentre lui è via a far rispettare le regole, dando rigori (uno ogni due partite, circa), comminando espulsioni (quasi alla stessa media) e, se necessario, sospendendo l´incontro per inciviltà del pubblico pagante.
Tagliavento è uno che si racconta con circospezione da arbitro e timore di diventare personaggio. Usa spesso termini come "sinergia" e "step". Ammette errori, esclude ingiustizie. Ha del mondo una concezione rimasta nel retrovisore: «Per far carriera occorre prima aver fatto esperienza», «Si può confidare nel giudizio dei tribunali, non commetteranno mai sbagli troppo immensi».
Dice di aver avuto l´arbitraggio «nel Dna». A stupore replica: «Fin da bambino quando guardavo la partita quel che più mi emozionava era l´ingresso dell´arbitro». C´è chi va al cinema e sogna di fare l´attore, chi si appassiona al compito della maschera: assegnare i posti, intimare il silenzio, vegliare sulla regolarità dello spettacolo. Tagliavento provò pure a giocare, ma si definisce «un centrocampista lento, di quelli che potevano andare tanto tempo fa». E par di capire che non avesse quella passione che gli venne fuori a 17 anni, iscrivendosi al corso per arbitri e immergendosi nel regolamento, «scoprendo cose che da calciatore non si sanno».
Prima direzione: Real Serenissima contro Bosico. E primo calcio di rigore. Mai avuto contestazioni: «L´Umbria è una regione tranquilla». Il resto d´Italia, un miraggio. Su 30mila arbitri, 20 arrivano alla serie A. Lui è stato uno di quelli, agli sgoccioli della stagione 2004. Nel 2006 è entrato e uscito dall´inchiesta sulle partite teleguidate senza una macchia («Ero troppo estraneo»). Da lì all´episodio di domenica non tutto è stato facile, ma quasi tutto ha avuto a che fare con Cagliari e Inter. Campionato 2007-2008, al Sant´Elia scende la Juventus. Torna a casa vittoriosa, ma dopo aver avuto tre rigori contro. Anzi due. Il primo è un contrasto tra Legrottaglie e Matri. Discutibile, discusso, ma ci sta. Il secondo è per un´entrata di Chiellini su Conti. Tagliavento indica il dischetto. Chiellini parte verso di lui con il porto d´armi, Zebina lo trattiene, Buffon gli tappa la bocca. L´assistente trasmette un messaggio: «Era sulla palla!». Tagliavento si rimangia la decisione. Buffon stappa Chiellini. Diranno che è stato un gesto di grande umiltà. E diranno che doveva comunque cacciare Chiellini. Poco più tardi ha l´occasione di rimediare: intervento di Zebina su Larrivey, rigore ed espulsione per proteste. La "Gazzetta dello Sport" titola: "Due rigori e un dietrofront: Tagliavento esce da big". Diranno che ha voluto dimostrare l´assenza di sudditanza psicologica per fare strada. Lui dice: «Ho applicato il regolamento».
Il primo incrocio pericoloso con l´Inter è nel 2008, a San Siro contro l´Empoli. Commette non uno, ma due errori. Due rigori inesistenti. Memorabile il fallo di mano attribuito a Vannucchi, che invece colpisce la palla con la schiena. Due sbagli che si eliderebbero, non fosse che Ibrahimovic dal dischetto la mette dentro, Saudati no. Riconoscerà Mancini, allora in panchina: «Ci hanno fatto un regalo».
Due anni dopo, Mourinho la penserà diversamente. È il febbraio 2010, Inter-Sampdoria, ricordata come "la partita delle manette". Tagliavento espelle prima Samuel, poi Cordoba e dà pure un giallo a Eto´o per simulazione, avvicinandosi al rosso quando quello protesta. Mourinho dispone i suoi in trincea e li porta al 90° imbattuti, ma poi si sfoga avvicinando i polsi a mimare la necessità di un arresto, benché la traduzione ufficiale per i non vedenti sia: «Volevo dire che potete anche portarmi via, la squadra non perde comunque». Sui forum interisti Tagliavento diventa un bersaglio. Nasce l´account Facebook "Comprategli gli occhiali" e un tifoso scrive la seguente battuta, attribuita a Ray Charles: «La mia cecità? Poteva andarmi peggio. Pensate se fossi stato negro». A dimostrazione che non basta avere in squadra Eto´o per indovinare chi viene a cena. Gli osservatori imparziali danno ragione a Tagliavento, l´occhio della telecamera pure, gli arriva una curiosa solidarietà da Zaccheroni (momentaneamente parcheggiato sulla panchina della Juve): «Poveretto, aiutiamolo». Quando va all´estero, respira. Non vede un rigore per il Tottenham contro lo Shaktar ma non ode un solo insulto e si ritrova anzi invitato dal presidente nel dopo partita per un brindisi. Altri mondi, altre regole. Della decisione di ieri dice, come un poliziotto mentre l´indagine è in corso: «Non posso parlare, c´è un referto». E anche questa è una regola.