Fausto Biloslavo, il Giornale 17/10/2010, pagina 12, 17 ottobre 2010
Economia, difesa e immigrazione Il patto di ferro che resiste agli ultrà - La Serbia, ex pecora nera dei Balcani, si sta lasciando alle spalle il passato di guerra e instabilità con l’aiuto dell’Italia
Economia, difesa e immigrazione Il patto di ferro che resiste agli ultrà - La Serbia, ex pecora nera dei Balcani, si sta lasciando alle spalle il passato di guerra e instabilità con l’aiuto dell’Italia. Nell’ultima settimana doveva arrivare a Belgrado il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, assieme a mezzo governo italiano, per rinnovare l’accordo strategico firmato con i serbi lo scorso novembre. L’operazione alla mano del premier ha fatto slittare il vertice, che si dovrà comunque tenere entro l’anno. Meglio così: gli ultras serbi che martedì scorso si sono scatenati a Genova, per la partita fra le nazionali, avrebbero creato un danno ancora peggiore mettendo in imbarazzo il governo italiano. Il patto di ferro fra Serbia e Italia riguarda l’economia, il contrasto alla criminalità organizzata, l’immigrazione clandestina, la difesa e la cultura. Gli accordi più importanti prevedono la produzione di energia elettrica in Serbia trasferita via collegamento sottomarino attraverso l’Adriatico. La Fiat sta investendo 940 milioni di euro nello storico impianto della Zastava di Kragujevac, che nel 1999 venne bombardata dalla Nato. Mille operai sono già stati assunti, ma la Fiat vuole arrivare ad occupare 2.400 serbi. Con l’indotto si calcola che saranno interessati 30mila lavoratori. In Italia la fetta dura e pura dei sindacati storce il naso, ma a Kragujevac si vuole arrivare a produrre 190mila veicoli entro la fine del 2011. L’Italia è il secondo partner commerciale di Belgrado. In Serbia sono presenti oltre 200 imprese italiane con colossi come Banca Intesa, Unicredit, Delta Generali e Sai-Fondiaria. Un giro d’affari di 2,4 miliardi di euro che riguarda anche gli stabilimenti di Pompea, Golden lady e Calezedonia. Nella provincia settentrionale della Vojvodina cominciano a spostarsi gli imprenditori italiani che avevano delocalizzato le attività in Romania. Meglio se tornassero in Italia per offrire nuova occupazione, ma le imprese sono attratte dalle agevolazioni garantite dal governo serbo e dagli accordi di liberalizzazione con l’Est Europa e la Turchia. Non solo: dalla Serbia si può esportare, senza dazi, verso grandi paesi come la Russia. La collaborazione fra ministeri dell’Interno ha subito un duro colpo con le violenze scatenate a Genova e le accuse reciproche sul mancato allarme preventivo. Il responsabile del Viminale, Roberto Maroni, ha sottoscritto dallo scorso anno un accordo per il contrasto alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina. Secondo il responsabile del Viminale «l’attività operativa può risultare efficace grazie a un intenso scambio di informazioni di polizia ed alla costituzione di squadre miste da impiegare sui rispettivi territori nazionali». Una grande collaborazione coinvolge anche la Difesa. A fine giugno il capo di stato maggiore, generale Vincenzo Camporini, è stato ricevuto con gli onori militari a Belgrado. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, si è impegnato ad aprire la strada ai serbi verso la Nato. I corpi speciali italiani, in gran segreto, si sono esercitati con quelli serbi e gli ufficiali di Belgrado vengono in Italia. I rapporti personali fra Berlusconi e il presidente serbo, Boris Tadic, sono talmente amichevoli, da permettersi le battute. Lo scorso anno il presidente del Consiglio, rivolgendosi all’ospite, annunciava: «Passo la parola al presidente Clooney... Ehm, Tadic» riferendosi all’indubbia bella presenza del capo dello stato serbo. I rapporti fra Italia e Serbia sono storici. Nella prima guerra mondiale la nostra marina ha salvato l’esercito serbo in rotta. Quando i cacciabombardieri della Nato decollavano dall’Italia per bombardare i serbi, in difesa del Kosovo, a Belgrado l’unica ambasciata dell’Alleanza rimasta sempre aperta era la nostra. Dieci anni dopo l’Italia è l’alleato più convinto della Serbia nel suo cammino verso l’Europa unita. Da gennaio i serbi possono finalmente viaggiare senza visti nei paesi Schengen. Purtroppo lo hanno fatto anche gli hooligans calati su Genova. Il 25 ottobre il Consiglio europeo dovrebbe esprimersi sulla candidatura di Belgrado. Nonostante i bastoni fra le ruote creati ad hoc dalle violenze degli ultras nazionalisti l’Italia non molla. Ci vorrà forse qualche anno in più, ma a Belgrado circola un’idea suggestiva. L’ingresso della Serbia nell’Unione europea nel 2014. Il centenario della tragedia della prima guerra mondiale provocata dalla scintilla di Sarajevo, che si trasformerebbe in un segnale di integrazione rivolto al futuro.