Anna Masera, La Stampa 17/10/2010, pagina 34, 17 ottobre 2010
Mille reporter per “los 33” - Quanti reporter ci vogliono per «coprire» un salvataggio in miniera, nell’era di Internet? E’ la domanda che imperversava su Twitter in questi giorni e a cui hanno provato a rispondere giornalisti, docenti esperti di media e blogger appassionati di giornalismo, dopo il lieto fine del recupero dei 33 minatori in Cile
Mille reporter per “los 33” - Quanti reporter ci vogliono per «coprire» un salvataggio in miniera, nell’era di Internet? E’ la domanda che imperversava su Twitter in questi giorni e a cui hanno provato a rispondere giornalisti, docenti esperti di media e blogger appassionati di giornalismo, dopo il lieto fine del recupero dei 33 minatori in Cile. Il numero di inviati sulla scena - 1300, ma c’è chi ne ha contati 1700 - appare a tutti sproporzionato. Jay Rosen: «La storia dei minatori in Cile è fantastica, ma 1300 reporter hanno a che fare con la realtà? E poi ci chiediamo chi pagherà i conti della sede di corrispondenza a Baghdad». Steve Safran: «Se quegli stessi minatori fossero morti quando è crollata la miniera, sarebbe uscito qualcosa più di una breve? La copertura mediatica c’è stata solo perché è stato possibile programmarla con largo anticipo, non si tratta più di news ma di business». Jeremy Littau: «Sapere che tutti quei giornalisti si sono calati su quella scena sconcerta in un’era in cui i giornali decidono di chiudere le sedi estere e di tagliare i costi». Soprattutto, «visto che c’è Twitter e ci sono i blog e gli eventi ormai si possono seguire senza mandare le truppe cammellate sul posto». In Cile «ha avuto molto più impatto sulla popolazione il terremoto di otto mesi fa, eppure nessuno l’ha coperto». Tutti alla fine ammettono: il fatto è, che ci piaccia o no, nell’era dell’informazione globale quando c’è una storia che risveglia l’interesse umano diventa «la» storia, quella che porta i clic e le vendite, e fa gola a tutti i giornali.