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 2010  ottobre 17 Domenica calendario

Kebab cinese nel piatto della fiction tv - Il mondo che fatica a dialogare sceglie le fiction per farsi conoscere

Kebab cinese nel piatto della fiction tv - Il mondo che fatica a dialogare sceglie le fiction per farsi conoscere. Ne nasce un trionfo dell’inventiva che punta a fascinare mercati potenzialmente ostili. Ecco che il kebab arriva sulla tavola dei cinesi attraverso una fiction culinaria, le donne d’affari indiane allietano il lunch time degli inglesi, i guerrieri cinesi partono per sbarcare sulle televisioni marocchine. Non è stranezza ma strategia. Benvenuti al grande mercato della tv «Mipcom» da poco chiuso a Cannes, che ha registrato un boom di interesse per le produzioni in arrivo da lontano. Dai Paesi arabi con amore È soprattutto il mondo islamico a consorziarsi per far conoscere il suo volto buono, divertendo. E visto che la Germania ha la più alta concentrazione di musulmani d’Europa, ecco che la tedesca Telepool ha raccolto queste istanze per distribuire su Rtl (maggiore produttore europeo di fiction che in Italia serve Rai, Mediaset e Sky) il prodotto realizzato nei Paesi arabi. Che c’è di meglio di una donna che cucina prelibatezze locali per mostrare che i bambini arabi adorano le frittelle più della Jihad? A questo scopo è nata la serie «Kebab for breakfast» in onda su Fox e Mtv, che già ha in cantiere nuove puntate e che si caratterizza per la presenza di personaggi culturalmente diversi. «Il problema è che c’è scarsa conoscenza delle enormi possibilità che l’Islam offre - dice Sveva Filippani Ronconi, presidente di WildMedia che si occupa di diffondere in Italia questi prodotti -. Quest’anno vogliamo lanciare un programma televisivo dedicato all’economia islamica: dieci ore per capire la daily life regolata dalla Shaaria». Una delle fiction che hanno incontrato maggiore interesse - ma che l’Italia ha rifiutato - è «The Heart of Jenin», tratta dalla storia vera di Ahmed Khatib, il ragazzo palestinese del Campo di rifugiati di Jenin, che fu ucciso da militari israeliani e i cui organi furono donati a bambini ebrei. «Abbiamo anche dei documentari bellissimi, ma in Italia non sembra esserci spazio per le storie a sfondo umanitario. Così tutta una serie di prodotti ad alto valore di contenuti - penso ad esempio a “Faces of Islam”, fiction sui problemi sociali dei musulmani integrati in Occidente - non trova sbocchi. Confidiamo in Piero Angela e nel figlio, gli unici che possono intervenire per farli passare», si rammarica Sveva. È stata invece venduta la fiction turca «Muezzin», una competizione tra muezzin con la finale ad Ankara; attraverso di loro, la storia di un Paese in piena transizione, al bivio tra l’ingresso nell’Unione europea e l’abbraccio con gli ayatollah iraniani. In nome della comprensione reciproca nasce invece «Precious life», una madre palestinese che salva il figlio grazie ai medici di un ospedale israeliano. Non solo Bollywood E mentre Singapore sceglie i Toy Games per restituire la nuova dimensione del Paese, l’India cerca di forzare la gabbia dorata di Bollywood, proprio servendosi di «Bollywood and much more...». Zee Network, forte dei suoi cinque continenti serviti, cinquecento milioni di spettatori e otto lingue parlate, regala il meglio che il Paese può offrire. Oltre alle storie romantiche che hanno il pregio di mostrare scorci di India fantastica come fosse un lungo spot turistico, non disdegna le fiction politiche relegando nel ruolo dei cattivi quasi sempre «infedeli occidentali amici dei pachistani». Il meglio però arriva dal canale che si dedica al benessere. Imperdibile, giura chi l’ha visto, «The Incurables» che, in spregio al titolo, si occupa di mostrare gli effetti prodigiosi delle medicine alternative. In 52 episodi, più altrettanti in lavorazione, si ripercorrono le storie di pazienti ai quali era stata negata la guarigione, che viene invece ritrovata grazie a un nuovo stile di vita facilmente esportabile. E proprio per pubblicizzare i tanti centri di bellezza e di cura del corpo attraverso metodi non invasivi che punteggiano il Paese da Nord a Sud, sono state prodotte fiction che appunto si ambientano nelle oasi del benessere. Ma non tutto è patinato. Di enorme impatto sociale «Nero’s Guests»: un giornalista indaga sulla terribile crisi che ha colpito l’India delle campagne, dove negli ultimi dieci anni oltre 200.000 contadini si sono uccisi a seguito degli effetti della globalizzazione. Di argomento politico anche «L’italiana», fiction prodotta da una società indiana che cerca il network adatto per commercializzare il volto di Sonia Gandhi e la saga della famiglia Nehru. La marcia della Cina Discorso a parte meritano i cinesi. Se producono e inventano cartoon capaci di descrivere la nuova realtà, per quanto riguarda le storie da fiction preferiscono comprarle dai Paesi occidentali per poi cinesizzarle e inserirle nella loro realtà che non conosce crisi. Gli investimenti sono facilitati dalla strategia culturale del governo centrale, che scommette su incentivi alla produzione televisiva. «La strada da seguire è rendere sempre più competitivi i nostri prodotti e per fare questo serve combinarli con le nuove tecnologie - dice Tian Jin, viceministro cinese del Dipartimento Radio, Film e Televisione -. Lasciateci crescere con la nostra creatività e sfonderemo il muro delle esportazioni»». Alcuni esempi della voglia di rinnovamento esistono già: «A Terracotta Warrior» è un giallo del futuro che indaga sulla scomparsa dei guerrieri di terracotta e dunque torna al passato, agli imperatori e ai misteri dei loro mausolei. E «Biography of Sun Zi», ambientata più di duemila anni fa, racconta vita e dolori di un grande stratega militare. Forti del grande successo che hanno presso il grande pubblico russo, le produzioni cinesi non disdegnano la collaborazione, come dimostra «The Ultimate Secrets of a Warrior», epica dei guerrieri cinesi, coprodotta dalla Beijing Zhonagbei Tv Art Center e dalla Ren Tv russa. Tra le storie che suscitano maggiore curiosità c’è poi «Mysteries of Childhood», una fiction di nuova realizzazione che mostra la crescente influenza occidentale sull’educazione dei bambini cinesi rispetto alle regole della tradizione. Ma diventeranno questi bambini i leader di domani? Per ora sono tutti invitati dal 6 al 10 giugno al «World’s annual leading media event» di Shanghai che vuole mostrare il meglio della produzione televisiva al mercato globale. Qui sarà possibile incontrare il tycoon dei media Li Jian, presidente della China International Tv Corporation, uno dei gruppi più grandi del continente, con più di 80 imprese affiliate e settemila persone impiegate, con operazioni che nel 2009 hanno mosso 812 milioni di dollari con un profitto netto di 92 milioni, e con stime che per la fine del 2010 prevedono aumenti del 30%: «Ogni anno la Cina produce decine di migliaia di ore di programmi. Il problema è che non riusciamo ancora a sensibilizzare il gusto del pubblico occidentale - dice Li Jian dagli stand di Cannes -. La nostra strategia è cercare partners stranieri che ci aiutino nel “repackage”, come ci è successo per il settore dei documentari con il National Geographic. Solo così le nostre serie riusciranno ad aggredire per davvero il mercato globale».