Varie, 18 ottobre 2010
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Burtone Alessio
• Roma 8 febbraio 1990 (?). Ex pugile, l’8 ottobre 2010 alla stazione Anagnina della metropolitana di Roma sferrò un pugno all’infermiera romena Hahaianu Maricica, che morì il 14 ottobre dopo 6 giorni d’agonia • «Una lite partita da una fila al bar, poi gli insulti, un pugno, una donna crolla a terra e per oltre quaranta secondi tanti passano ma nessuno si ferma a soccorrerla [...] Il video racconta soltanto una parte della vicenda: parte dal momento in cui Alessio e Maricica camminano affiancati. È il prosieguo della discussione partita nel bar. Lei a un certo punto lo blocca, discutono ancora, lei gli dà una spinta, fanno ancora qualche passo, lui prova a sputarle addosso, lei lo allontana, lui la colpisce con un pugno. Maricica crolla a terra, e per oltre 40 secondi nessuno la soccorre. Si vedono una donna anziana, un uomo di corsa, e altri passanti che non si fermano. Alla fine è un sottufficiale della Capitaneria di Porto, Manuel Milanese [...] a bloccare il giovane, mentre un dipendente dell’Atac, Antonio Lioce, di 48, soccorre per primo la donna. Burtone non si allontana nemmeno: ai vigili urbani chiederà candidamente “posso andare via?”. Prima ha detto che lei lo aveva provocato con pugni e calci, poi ha chiesto scusa per il raptus. Davanti al magistrato si è messo a piangere, come racconta anche la madre. [...] Nella stazione alcuni commercianti dicono: “Lei lo aveva colpito con pugni e calci”. Qualcuno racconta che lei gli avrebbe detto “sei un porco”. Ma questo nelle immagini non si vede. Un negoziante aggiunge: “Lei se l’è cercata”. [...]» (Gabriele Isman, “la Repubblica” 13/10/2010) • «Quella donna mi ha seguito, continuava a insultarmi, mi strattonava e ripeteva: “Ti spacco la testa, te la faccio pagare, ti butto sotto la metro”. Ho avuto paura , pensavo fosse armata, mi sono solo difeso. [...] Ero nella tabaccheria della metro, stavo in fila per acquistare il biglietto. Quella donna voleva passare avanti, allora le ho detto di mettersi in coda che c’ero prima io e siamo usciti. Per me la storia era finita lì, ma continuava a seguirmi, mi strattonava per farmi girare, mi ha anche sputato. Mi insultava e ripeteva: “Ti butto sotto la metro”. Poi ha messo le mani nella borsa, pensavo stesse per prendere qualcosa, mi sono spaventato. È stato un attimo [...] Non pensavo potesse succedere una cosa del genere. Mi dispiace da morire, in carcere davanti al magistrato mi sono messo a piangere. [...] Le ho dato quel pugno, forse cadendo avrà sbattuto la testa su qualcosa [...] Non ho mai litigato con nessuno. E tengo a sottolineare che non sono un pregiudicato, ho la fedina penale pulita altrimenti non mi avrebbero concesso i domiciliari» (Valeria Forgnone, “la Repubblica” 13/10/2010) •«“Non ce credo ke esiste gente ke querela pe’ un destro in faccia. Fate ride”. Alessio Burtone [...] scriveva queste parole [...] sulla sua bacheca di Facebook. Registrato sul social network con il nickname “Alessio Cinecittà”, con la frase “Bella gente, bell’ambiente, fai contento Dio e il diavolo s’offende” e con una fotografia in cui mostra solo il collo con un vistoso tatuaggio nero a forma di stella, il ragazzo del quartiere Don Bosco di Roma (soprannominato nei post di Facebook “Alessio pugile”) nella sua bacheca scrive frasi che ammiccano, in dialetto romano, a violenze, pugni, aggressioni. Frasi che non hanno niente a che vedere con quanto successo nella stazione Anagnina del metrò, certo, ma che parlano comunque di botte e regolamenti di conti. “Infame dichiarato, se te vedo te stampo per terra a te e quell’Sh de merda, me fai skifo infame, cambia quartiere, è solo questione de tempo, te incontrerò pe’ strada - scrive Alessio nella sua bacheca il 18 settembre - e pagherai l’infamità perché l’infamità se paga e nel caso tuo se paga cor sangue”. Qualche settimana prima, il 20 agosto, sempre su Facebook Alessio aveva inserito questo commento: “Se sbokki kiamano le guardie, manco avessi esagerato. Se parla de un destro o spendi più de avvocato ke quello ke te do de risarcimento”. Mentre il 2 agosto aveva scritto tra virgolette, forse citando una canzone: “Mi esce un po’ di sangue dalla mano destra, c’è il segno sul muro... pensa te che stupido”» (Laura Mari, “la Repubblica” 16/10/2010) • Prima che la donna morisse, scrisse una lettera per chiederle scusa: «Chiedo umilmente scusa alla signora Hahaianu Maricica per il gesto violento che le ha provocato questa grave situazione. Da quando l’ho saputo dal carcere non riesco più a dormire [...] Non mi interessa di quello che mi accadrà perché mi assumerò le mie responsabilità, ma ciò che più mi interessa oggi è che la signora possa riprendersi. Prego ogni giorno perché lei possa ristabilirsi e porterò sicuramente un rimorso per tutta la vita [...] Dico ai giovani di non usare violenza, di non sbagliare come ho fatto io perché oltre a far del male alla povera Maricica ho fatto del male a me e a tutta la mia famiglia. Vi abbraccio e sono vicino al vostro dolore” [...] seppur non pregiudicato, aveva già avuto una denuncia per lesioni lievi. Una vicenda che risale ad alcuni anni fa e che è ancora pendente davanti al giudice di pace. Un episodio non grave, ma sufficiente, secondo chi indaga, a dimostrare che il giovane non è completamente estraneo ad atteggiamenti violenti» (Maria Elena Vincenzi, “la Repubblica” 14/10/2010).