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 2010  ottobre 18 Lunedì calendario

DONNE LE MANAGER CRESCONO E OSANO DI PIU’

Crescono le donne titolari di grandi patrimoni. Sul pianeta maschile per eccellenza, dove oltre la metà delle masse gestite dal private banking appartiene a imprenditori e liberi professionisti, con età media 58-60 anni, oltre un terzo, oggi, è nelle mani delle donne. E se, per il 60% sono donne che hanno assunto la gestione del patrimonio ereditato dalla famiglia, quasi un terzo, invece, sono lavoratrici, imprenditrici, libere professioniste, dirigenti d’azienda, con età compresa tra 50 e 65 anni, che si sono costruite i ricchi portafogli da sole, con la loro attività lavorativa. E’ quanto emerge dal sondaggio di Aipb (l’Associazione italiana private banking), condotto dalla società bolognese Prometeia che ha fatto il punto sul mercato. «Da notare — aggiunge Bruno Zanaboni, segretario generale di Aipb, — che la percentuale della ricchezza controllata in Italia dalle donne, pari al 37%, è la più alta al mondo, Usa compresi, dove ci si ferma al 33%».
Decise
E qual è il rapporto con il denaro? «Nella gestione del risparmio — spiega Stefano Bergamini, responsabile segmento private di Veneto Banca Holding — le imprenditrici mostrano una maggiore propensione al rischio rispetto ai colleghi uomini. Nei portafogli la componente azionaria pesa di più».
Ma vediamo le altre novità che hanno caratterizzato il mondo del private, lo scorso anno. Intanto, emerge che per i super ricchi, gli effetti della crisi, non si sono sentiti tanto sui portafogli, quanto a livello psicologico. E’ aumentata la prudenza e la consapevolezza dell’investimento. «Infatti — dice Zanaboni — chi ha mantenuto la calma nelle fasi più difficili della crisi, oggi non ha subito grandi danni. Anzi in qualche caso sta già guadagnando di nuovo». Ma l’ansia sofferta ha prodotto nei possessori di sostanziosi capitali, un rafforzamento di cautela. «Oggi — aggiunge Zanaboni — i clienti dedicano maggiore attenzione e tempo alla gestione, sia del patrimonio aziendale, sia di quello personale». E non solo. Chi dispone di capitali consistenti tende a ricorrere più spesso al consulente finanziario, che è selezionato con grande severità. Dalla ricerca emerge che professionalità e qualità dei servizi sono gli elementi che determinano la scelta dell’intermediario.
In questo caso, ovvero, nel rapporto con l private banker e nei criteri di selezione, l’atteggiamento maschile e femminile si equivalgono. «In realtà – spiega Andrea Cingoli, amministratore delegato di Banca Esperia – l’obiettivo prioritario del cliente private non è la performance, ma sempre di più la conservazione del patrimonio e al consulente di fiducia si richiede una forte capacità di gestione del rischio».
Lo spirito conservativo è sempre più forte. «Tanto che — aggiunge Franco Dentella, vice direttore generale vicario di Banca Aletti — il cliente private non solo si orienta verso prodotti semplici, ma riduce anche l’orizzonte temporale dell’investimento » . I portafogli, oggi, sono molto più diversificati di prima, ma prevalentemente su prodotti con rischio contenuto e facilmente valutabile, come obbligazioni, fondi e prodotti assicurativi. «Per i nostri portafogli private, — spiega Dentella — consigliamo un profilo di rischio medio, con una componente azionaria del 15%, focalizzata, in particolare, su Europa, Emergenti e Giappone e l’85 sul reddito fisso».
Pluribanca
Una peculiarità che emerge dal sondaggio è che a rivolgersi alle strutture specializzate, sono soprattutto le famiglie con disponibilità da uno a cinque milioni di euro ( che rappresentano il 27% delle famiglie facoltose italiane) e i titolari di capitali superiori a dieci milioni (che sono solo l’ 1%). La meno presidiata dal servizio private è la fascia intermedia, quella delle famiglie che detengono ricchezze da cinque a dieci milioni di euro (il 3% del totale dei nuclei). Un fenomeno spiegabile con la ben nota propensione dei paperoni a suddividere le ricchezze su più istituti. Anche banche retail. Secondo gli operatori, però, è in atto un’inversione di rotta. « Lo scudo 2009 — dice Dentella — ha favorito la tendenza alla riduzione del numero degli intermediari».
Patrizia Puliafito