Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 18 Lunedì calendario

AUTO. LE LADY D’ACCIAIO DELL’INDUSTRIA TEDESCA

Si dice che quando le lady dell’auto si incontrano a Salisburgo o a Kitzbuehel davanti a una tazza di tè, mettono insieme il 60% dell’industria automobilistica tedesca. Sono schive, controllate, e spesso di semplici origini. Con carattere forgiato nell’acciaio e una missione in comune: custodire e accrescere il patrimonio dei loro mariti o padri imprenditori. L’ultima arrivata nel clan delle donne dell’auto è Ursula Piech, moglie dello stratega di Porsche-Volkswagen Ferdinand Piech. Che ha fatto testamento, nominando la sua «Uschi» custode dell’ingente patrimonio dopo la sua scomparsa.
Strategie
Il 73enne azionista della holding Porsche e capo-controllore di Volkswagen è ancora nel pieno delle forze e lontano dall’abbandonare gli alti vertici del gruppo automobilistico che punta a sorpassare Toyota come numero uno al mondo nel 2018. Ma concentrerà il patrimonio in due fondazioni sotto la sua guida, con sede in Austria, sua patria d’origine, dove è ritenuto il più ricco del paese, nominando Ursula come successore.
La seconda moglie e madre di 3 dei 12 figli di Ferdinand Piech — nipote del leggendario Ferdinand Porsche inventore del maggiolino durante il nazismo — l’aveva conquistato quando, 25enne, era stata assunta in casa Piech come governante. E aveva dovuto dimostrare all’ingegnere appassionato di auto, di 19 anni più anziano, la sua abilità di guidatrice al volante di Iltis, una specie di jeep difficile da guidare.
Ruolo
Passo dopo passo, con il suo carattere aperto e sempre allegro, Uschi si è affermata come Lady Volkswagen, sempre accanto al marito, anche teneramente mano nella mano. Ma da dietro le quinte ha salvato anche situazioni delicate. Mettendo pace, per esempio, fra Ferdinand e Christian Wulff, capo del governo della Bassa Sassonia, grande azionista di Volkswagen ( ora presidente della Rft), con il quale era in rotta da tempo. E spianando così la strada alla conquista di Porsche. Sempre con pazienza Ursula ha vinto anche le resistenze di famiglia. Al punto che una delle figliastre le chiese come potesse «con il tuo carattere sempre allegro, sposare mio papà», noto invece per il tratto poco comunicativo e il linguaggio asciutto e tagliente, accompagnato da un sorrisetto sempre stampato sulle labbra sottili. Anche quando, nell’albergo Romazzino in Costa Smeralda — e Uschi al suo fianco — ha annunciato il licenziamento del capo di Porsche Wendelin Wiedeking.
Ursula era stata a lungo sottovalutata, come lo era anche Anne-Marie Schaeffler, ex-moglie dell’imprenditore Georg Schaeffler, e proprietaria del gruppo Ina (cuscinetti a sfere). Un’azienda poco conosciuta fino a quando ha lanciato un’opa su Continental, puntando a diventare il numero uno della componentistica per auto. Un momento sfortunato, perché coincideva con l’inizio della crisi, e i due gruppi super-indebitati hanno lottato per sopravvivere, mentre la Schaeffler ha perso il 92% del patrimonio plurimiliardario. Ma non si è persa d’animo. E la ripresa in corso ha salvato i due colossi, in forte recupero e con l’obiettivo di una fusione dietro l’angolo.
E negli ambienti dell’ auto c’è chi è convinto che Ursula custodirebbe l’eredità industriale del marito con la stessa tenacia con cui l’hanno difesa la Schaeffler e Johanna Quandt, signora della Bmw. Forse i capitani d’industria dell’auto cercano nelle donne più semplici, ma di carattere forte una naturalezza che non trovano nel loro ambiente più artificiale.
Eredità
Come aveva fatto a suo tempo anche Herbert Quandt, proprietario di Bmw, sposando la segretaria Johanna, che dalla sua scomparsa, nell’ 82, ha difeso con tenacia — insieme ai figli Susanne e Stefan — l’eredità industriale del marito, che conta circa 200 aziende e la rende oggi 13esima più ricca della Germania ( con il 16,7% di Bmw, e 4,5 miliardi di euro), anche se conduce una vita di basso profilo, in una villa poco appariscente a Bad Homburg, presso Francoforte. Ma dalla quale segue molto da vicino le vicende della proprietà industriale.
E anche l’annuncio, pochi giorni fa, della riconferma del numero uno di Bmw Norbert Reithofer fino al 2016, non è certo avvenuto senza l’assenso di Johanna. Che interviene anche nei momenti critici. Come nel ’99 quando, insieme agli altri eredi, ha spodestato l’allora presidente Bernd Pischetsrieder, artefice della disastrosa fusione con Rover. E ora anche la figlia Susanne Klatten, sesta nella classifica dei miliardari tedeschi con un patrimonio di 7,7 miliardi sfodera doti non comuni come imprenditrice (oltre all’12,5% di Bmw controlla Altana e partecipazioni industriali fra cui SglCarbon e Nordex).
Susanne ha reagito con coraggio e decisione anche al ricatto da parte di un ex-amante svizzero, denunciandolo e sacrificando la privacy gelosamente custodita.
Eccezione
Solo Daimler Benz, l’altro colosso dell’auto, è fuori dal clan delle famiglie proprietarie. Il ceo Dieter Zetsche, occupato a ristrutturare il gruppo, ha perso la moglie nel febbraio scorso. Ma l’ex-ceo Juergen Schrempp, licenziato nel 2005 dopo il fallimento della fusione con Chrysler, nel frattempo ha sposato la sua ex-segretaria Lydia, di vent’anni più giovane. La stessa assistente presente nel Duemila alla lite, in Piazza di Spagna, a Roma, del sanguigno Schrempp, un po’ alticcio, con un poliziotto italiano. Nulla a che vedere con i fiori d’acciaio dell’auto tedesca.
Marika De Feo