Andrea Maria Candidi, Patrizia Maciocchi, Il Sole 24 Ore 18/10/2010, 18 ottobre 2010
I VOTI DI ALFANO ALLE PROCURE - A
Rovereto il primato di fascicoli trattati dai pubblici ministeri; a Caltanissetta il record negativo. Dopo le graduatorie di tribunali e corti d’appello, il ministero della Giustizia fornisce la fotografia delle "performance" delle procure della penisola nel quinquennio 2004-2008. E se anche qui l’immagine è quella di un paese a due velocità, a dettare i tempi – questa volta più che mai – sono le risorse a disposizione e il diverso peso che assume la criminalità in base alla latitudine. Le variabili in gioco, dunque, sono molte, troppe forse per poter utilizzare le cifre come efficace termine di paragone. Ma è sicuramente un buon punto di partenza per indagare cosa accade in concreto sul territorio.
«Fare dei calcoli basati sul numero dei procedimenti è fuorviante, vale il criterio della qualità», taglia corto Sergio Lari, capo dell’ufficio di Caltanissetta, uno degli avamposti contro la mafia. «La nostra è una barca che continua a navigare malgrado sia piena di falle – lamenta Lari –, la procura copre tutta la Sicilia occidentale e nella nostra competenza rientra tutto ciò che riguarda i magistrati offesi o indagati di reato. Da qui i processi per le note stragi per cui dopo 18 anni abbiamo dovuto riaprire le indagini. Su un organico di 16 sostituti ne mancano 5...». E c’è chi sta peggio. «A Enna, Nicosia e Gela – aggiunge il capo dell’ufficio nisseno – non ci sono sostituti. Il 70% delle forze sono impegnate in processi che coinvolgono centinaia di imputati, ma che per le statistiche contano quanto quelli per i furti d’auto».
Proprio da Nicosia, in provincia di Enna, Fabio Scavone commenta con umorismo amaro la propria condizione: «La mia procura è mononucleare, come alcune famiglie: è composta solo da me». Il procuratore capo, arrivato da un mese, ricorda che «i sostituti sulla pianta sono tre, ma l’ultimo è andato via in contemporanea con il mio arrivo. Il problema è che il sistema giudiziario non prevede risposte modulari per situazioni patologiche».
A parte «l’amarezza di passare nell’immaginario collettivo come una procura che non lavora», Francesco Messineo, procuratore capo di Palermo, dubita del valore dei numeri ministeriali: «Guardando città con lo stesso bacino di utenza ci sono numeri che fanno pensare a criteri non omogenei. A Bolzano sono stati iscritti 58mila procedimenti tra il 2004 e il 2008, nello stesso periodo a Palermo solo 98mila, 117mila a Bergamo. Viene da pensare che a Palermo siano tutti santi...».
Gabriele Ferretti, dalla procura di Teramo, riconosce invece il vantaggio di aver potuto contare su un organico al completo nel periodo considerato, «anche se – aggiunge – nel 2010 due sostituti sono stati trasferiti all’Aquila e una collega è assente per maternità». Sulla stessa lunghezza d’onda il capo dell’ufficio bolzanino, Guido Rispoli, che ammette di «avere la fortuna di vivere in una realtà con un tasso di illegalità ridotto. Anche se non mancano i reati tipici di una terra di frontiera, come il riciclaggio, gli illeciti economici transfrontalieri e l’immigrazione clandestina. I nostri punti di forza vanno ricercati nella specializzazione dei magistrati e nell’affiatamento dei pool su cui ogni sostituto può contare».