PATRIZIA FELETIG, la Repubblica Affari & finanza 18/10/2010, 18 ottobre 2010
CUORE, ARTI, CORNEA, ARTERIE IL BAZAAR DEGLI ORGANI ARTIFICIALI AZIENDE DI TUTTO IL MONDO A CACCIA DI UN MERCATO MILIARDARIO UNA STARTUP DI SAN FRANCISCO HA BREVETTATO UNA "STAMPANTE" CHE PERMETTE DI RIPRODURRE IN 3D, PARTENDO DA UN DISEGNO PERSONALIZZATO, UNA GAMBA DA REINSTALLARE
Ha destato scalpore la notizia che un cuore artificiale permanente è stato innestato per la prima volta al mondo nel petto di un ragazzo di quindici anni. L’intervento è stato effettuato il 2 ottobre all’ospedale pediatrico Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Il cuore artificiale impiantato è lungo 4 centimetri, pesa 400 grammi ed è stato inserito nel ventricolo sinistro. E’ collegato con l’aorta ascendente. L’apparecchio e’ costituito da una pompa idraulica, una microturbina, attivata elettricamente, interamente collocata nel torace del ragazzo per ridurre i rischi di infezione. L’alimentazione elettrica è realizzata attraverso uno spinotto collocato dietro l’orecchio sinistro al quale è collegata la batteria che il paziente porta alla cintura. Sembra il coronamento di una lunga marcia, quella dell’ingegneria biomedica, che vede impegnate università, ospedali, industrie, centri di ricerca di tutto il pianeta per restituire le facoltà fisiologiche o ripristinare le capacità percettive menomate da mutilazioni, malattie e degenerazioni. Sono in campo ingegneri, chimici, biologi, elettrofisiologi, esperti di cibernetica e materiali innovativi.
Vediamo alcuni dei "pezzi di ricambio" di ultima generazione. C’è per esempio lo stent riassorbibile. È una specie di retinamolla metallica che tiene in apertura forzata la coronaria ostruita. Quelli metallici possono provocare delle reazioni di ipersensibilità che, secondo un’indagine della Northwestern University di Chicago, colpiscono un paziente ogni 300 ed essere addirittura fatali in un caso su 1.300. L’azienda statunitense Abbott Laboratories, già presente sul segmento degli stent coronarici, un mercato da 4 miliardi di dollari, ha sviluppato un modello bioassorbibile formato da una struttura in acido polilattico. Entro 24 mesi, avvenuta la sua dissoluzione in acido lattico (sostanza presente nell’organismo umano), lo stent ha ripristinato l’elasticità naturale del vaso senza rischio di trombosi intrastent sebbene rimanga ancora da valutare la durata del risultato, ossia se negli anni, non avvenga nuovamente un restringimento dell’arteria. Dopo aver sperimentato con successo nel 2006 su 150 pazienti, Abbott guida il plotone delle aziende impegnate su dispositivi similari. Tra queste, Biotronik che ha in corso dei trial clinici in Svizzera, Belgio e Olanda.
Altro esempio, la pelle artificiale. Dalla metà degli anni ’70 si coltivano in vitro cellule di epidermide e per quanto l’ingegneria genetica abbia permesso di compiere progressi nel ricreare la struttura della pelle, rimaneva insoluto il problema di fornirgli capacità sensoriali equiparabili a quella umana. Sembra esserci riuscita l’università di Berkeley brevettando eskin, un’epidermide elettronica realizzata da un reticolo di nanocavi semiconduttori composti da un mix di germanio e silicio depositati su un supporto di poliammide in grado di lavorare a basso voltaggio. Finora i tentativi si erano concentrati su materiali organici prescelti per la loro flessibilità ma penalizzati dalla loro inadeguatezza come semiconduttori: ciò imponeva voltaggi elevati per far funzionare i circuiti. «Anche spiega Ali Javey, coordinatore della ricerca alcuni materiali inorganici come il silicio cristallino non andavano bene: hanno eccellenti proprietà elettriche, sono tipicamente poco flessibili e a elevato rischio di rottura». Entrano in scena i nanomateriali: utilizzati sotto forma di strisce o fili miniaturizzati, possono diventare estremamente duttili. Gli ingegneri hanno stampato i nanofili semiconduttori su una matrice circa 50 centimetri quadrati formata da 342 quadratini, ciascuno dei quali è composto da centinaia di nanofili. Così strutturata, la matrice opera ad un voltaggio inferiore ai 5 Volt, è sensibile a una pressione di 015 kilopascal (sensibilità paragonabile a quella umana) e resta intatta anche oltre le 2.000 piegature. Utilizzata in campo medico, eskin restituirà il senso del tatto agli arti artificiali.
Altro caso. Un salto in termini economici e di personalizzazione si ottiene nel campo della riproduzione degli arti artificiali con l’uso di "stampanti" in 3D per realizzare a partire da immagini digitali tridimensionali (di solito un disegnoprogetto), modelli di protesi articolari con la miglior connessione possibile con l’organismo biologico, la massima duttilità nei movimenti e nel loro controllo. La stampa tridimensionale utilizza un procedimento simile alla stampa a getto di inchiostro. Una testina con centinaia di getti scivola avanti e indietro e deposita sul vassoio uno strato supersottile di materiale (plastica, resina, gomma). Dopo ogni strato, le lampadine poste sul lato emettono raggi UV sigillano l’ultimo strato a quello precedente consolidando il manufatto. Trattandosi di una tecnica di stratificazione e non di erosione, è possibile riprodurre anche le cavità facendo dei modelli che sono un perfetto duplicato dell’anatomia che rappresentano. Con questa tecnica, Bespoke Innovations, start up di San Francisco fondata da un ingegnere e un ortopedico, afferma di poter realizzare la versione sartoriale di un arto artificiale a un decimo del costo rispetto ai procedimenti tradizionali. Oltre alla funzionalità meccanica dell’impianto protesico , il concetto di "su misura" si perfeziona anche sul suo profilo estetico e dei materiali utilizzati. Per rispecchiare meglio la personalità del suo proprietario, si sceglie per esempio un rivestimento di gamba artificiale in cuoio intarsiato; oppure nella versione per un giovane atleta ci si è ispirati allo stile della Nike combinando lattice e metallo. «E’ deplorevole che in un oggetto con il quale tocca convivere in simbiosi così a lungo, sia sottovalutato il design», afferma il fondatore Scott Summitt.
Procediamo con gli esempi. Chi soffre di sordità unilaterale non riesce a cogliere la sorgente del suono. Per restituire parte della funzionalità all’orecchio malato, la californiana Sonitus Medical ha installato un piccolo microfono che capta i suoni in un apparecchio da piazzare sopra la mascella inferiore. Con esso i suoni vengono trasformati in vibrazioni che viaggiano attraverso l’osso della mandibola fino ad arrivare all’orecchio funzionante. E’ lo stesso meccanismo che ci permette di ascoltare la nostra voce. L’apparecchio è stato votato dalla Cleveland Clinic come una delle 10 innovazioni biomedicali più brillanti dell’anno.
Ci sono infine milioni di persone in lista di attesa per il trapianto della cornea. I donatori sono insufficienti oltre al fatto che non è escluso il rigetto. I rari tentativi di impianto di cornee di plastica non sono mai stati soddisfacenti. La società FibroGen (USA) ha realizzato una cornea biosintetica costituita a partire da collagene umano ricombinante. A due anni dalle sperimentazioni si è dimostrato che cellule e nervi della cornea del paziente erano cresciuti attorno al nuovo impianto e non hanno richiesto la somministrazione delle terapie immunosoppressive solitamente utilizzate.
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