Pietro Saccò, Avvenire 17/10/2010, 17 ottobre 2010
ALIMENTARE, VALE 51 MILIARDI IL FALSO MADE IN ITALY
Capita, quando il crimine scende in campo, che la mozzarella diventi blu e la bresaola si faccia fosforescente. Almeno, in questi casi, capiamo subito che c’è qualcosa che non va. Nel nostro piatto può succedere di tutto, quando è al lavoro «l’agromafia ». Nella giornata conclusiva del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzato a Cernobbio da Coldiretti, l’Eurispes anticipa qualche dato del suo rapporto sulle agromafie, che sarà pronto entro un mese. Un terzo della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia, per un valore di 51 miliardi di euro, deriva da materie prime importate. Nel 2009 l’Italia ha importato 161 mila tonnellate di pomodori finiti quasi tutti a Salerno, dove aziende scorrette possono rivenderli come San Marzano. Mentre circa 65 mila tonnellate di vini di uve fresche americani sono arrivati a Cuneo, e lì, almeno si sospetta, qualcuno le ha imbottigliate magari spacciandole per Barolo o Barbaresco. Così come può sorgere qualche sospetto sulle quasi 5mila tonnellate di carne suina cilena trasformata in prosciutti e salami a Modena e Milano.
Forse, allora, «agromafia» è un’espressione troppo forte per descrivere una realtà complessa. «C’è la criminalità organizzata che investe i suoi soldi sporchi nell’agricoltura – spiega Gian Maria Fara, fondatore e presidente di Eurispes – poi c’è una grande area grigia dove aziende normali lavorano in maniera sleale». Non sono solo camorra e mafia a fare pasticci col nostro cibo, quindi, ma anche aziende non legate a organizzazioni criminali ma comunque scorrette. Come chi fa la pasta in Grecia e poi scrive che l’ha fatta in Italia, o prende i pomodori tunisini e li ’battezza’ ragusani imbrogliando i clienti.
È per evitare casi del genere che Coldiretti, come ha ricordato ieri il presidente Marini, da anni insiste per una tracciatura completa della filiera alimentare leggibile sull’etichetta. Poi ci sono le mafie vere, che nei campi fanno di tutto. Il pubblico ministero di Santa Maria Capua Vetere mostra i filmati raccolti dalla sua procura c’è chi col trattore sparge fanghi tossici e scarti industriali nei campi agricoli e ci sono altri campi su cui vengono costruite in pochi mesi intere città abusive. «A Caserta, in fatto di illegalità non ci facciamo mancare niente» ironizza triste Ceglie che poi si fa orgoglioso, quando è il momento di raccontare i bei risultati ottenuti dalla Cooperativa intitolata a Don Peppino Diana dai terreni sequestrati al boss Francesco Schiavone, conosciuto come ’Sandokan’.
Qualche risultato, nella lotta ai pirati dell’alimentazione, comunque c’è. Gli alimenti sequestrati nel 2010 sono aumentati del 40% rispetto al 2009, con oltre 10 milioni di pezzi fermati dai Nas. È un passo avanti, ma per il procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello, si deve fare di più. Guariniello parla di ispezioni troppo rare, e spesso troppo morbide, negli stabilimenti, di alcuni ispettori che addirittura avvertono gli imprenditori prima di andare a controllare. «Rischiamo di generare un’idea diffusa di impunità» accusa il magistrato, che propone «una soluzione che è anche un mio vecchio sogno: la nascita di una Procura nazionale di contrasto alle frodi alimentari, un’organizzazione giudiziaria dedicata solo a questi problemi ».