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 2010  ottobre 20 Mercoledì calendario

ADESSO PARLO IO


Armato di uno scacciamosche di foglie di dattero, Muammar Gheddafi ci riceve per un’ora nella sua tenda spaziosa e ovattata: ovunque ci sono tendaggi e tappeti. Gheddafi concede di rado interviste alla stampa occidentale. L’ultima, per il settimanale tedesco Der Spiegel, risale allo scorso mese di maggio. All’inizio del nostro incontro premette che, forse, non risponderà a tutte le domande che gli porremo. Alla fine non ne eviterà nemmeno una e ironizzerà persino su se stesso. Ma senza mai togliersi gli occhiali da sole.
La grande tenda bianca climatizzata, sotto la quale ci riceve, è un dono del premier russo Vladimir Putin. Si tratta di un accampamento piuttosto semplice, nel deserto alle porte di Tripoli. Noi l’abbiamo aspettato per dodici giorni, suddivisi in due diversi soggiorni. Non sappiamo dove ci troviamo: un’auto anonima ci ha caricati di fronte al nostro albergo e, usciti dalla città, abbiamo superato due posti di blocco militari.
Gheddafi si avvicina lentamente: ama affrontare le cose con comodo. Durante l’intervista il leader libico si esprime con voce grave e, come suo solito, è sicuro di sé. In alcuni momenti scoppierà in una risata, ma, apparentemente, non perderà mai la pazienza. Quarantun anni di "regno" incontrastato gli hanno regalato tranquillità.
Domanda. A metà settembre sette francesi, dipendenti della società Areva, sono stati rapiti nel nord del Niger da Al Qaeda Maghreb Islamico. Conosce questa organizzazione?
Risposta. «Tutti conoscono Al Qaeda!»
D. I militanti di Al Qaeda Maghreb Islamico operano nella sua zona. Li conosce personalmente?
R. «Non li conosco, nessuno li conosce. Al Qaeda è divenuta una sorta di etichetta. Se Bin Laden ne è davvero il capo, non sa chi siano quelle persone. Si tratta di criminali: vogliono soldi. Organizzano rapimenti e trafficano in droga».
D. A suo parere qual è il miglior modo per trattare con loro? Attaccarli o negoziare?
R. «Ogni mezzo è valido. E credo sia evidente che si debba collaborare con gli europei».
D. É vero che, in occasione del suo ultimo viaggio in Italia, lei ha affermato che l’Europa dovrebbe convertirsi all’Islam?
R. «No. A Roma ho incontrato centinaia di donne, che volevano sapere di più dell’Islam, del Libro verde (il testo di riferimento della rivoluzione libica, ndr), del sistema democratico in Libia. Durante questi incontri una di loro ha chiesto il mio parere sull’adesione della Turchia all’Unione europea. La mia risposta è stata: “La Turchia è un Paese musulmano con 75 milioni di abitanti. Aggiungendo le popolazioni di Albania, Bosnia e Kosovo, le comunità islamiche degli altri Paesi europei e gli europei convertiti all’Islam, il cui numero è in aumento, e tenendo infine conto dell’invecchiamento della popolazione e del fatto che il numero dei cristiani tende a essere stabile, mi pare chiaro che, in futuro, l’Europa non sarà quella di oggi. Non si può dire che sarà cristiana, ma musulmana". Questo ho detto, lo ribadisco e lo sottoscrivo».
D. In occasione del suo discorso all’Onu, il presidente iraniano Ahmadinejad ha affermato che l’Islam è la "religione perfetta". È d’accordo?
R. «Non sono stato io a dirlo, non siamo stati noi e non è stato il profeta Maometto, che sia misericordioso. A dirlo è stato Allah, nel Corano. Per quanto riguarda Mahmoud Ahmadinejad, ritengo che l’assemblea generale dell’Onu non sia una tribuna adeguata per parlare di religione».
D. Il presidente iraniano ha anche sviluppato la tesi secondo cui gli attentati dell’ 11 settembre 2001 sarebbero stati un complotto ordito dagli Stati Uniti. Lei ritiene che su questo dica il vero?
R. «Non è stato lui a inventare questa tesi. Al riguardo esistono film e libri. A mio parere, una cosa è certa: coloro che hanno dirottato gli aerei erano cittadini dell’Arabia Saudita, non americani».
D. Ritiene legittime le ambizioni nucleari dell’Iran?
R. «In primo luogo l’Iran non ha mai dichiarato di volersi dotare dell’arma nucleare. Inoltre io sono contrario: noi stessi abbiamo messo fine al nostro programma nucleare. Ma bisogna capire una cosa: la politica mondiale incoraggia i Paesi ad andare verso il nucleare, perché il mondo rispetta solo la forza, quindi i Paesi nuclearizzati».
D. Che cosa pensa del presidente Usa Barack Obama?
R. «È eccellente. ma l’America è l’opposto di Obama. Per lui è una missione impossibile».
D. Oggi qual è il migliore alleato della Libia?
R. «Non abbiamo alleati, abbiamo molti amici».
D. In Africa?
R. «In Africa ci consideriamo tutti fratelli, una sola famiglia. Una nazione africana».
D. Quest’anno si terranno diverse elezioni in Africa. Lei ritiene che sia un fatto positivo?
R. «Il processo elettorale non implica democrazia, non risolve i problemi della lotta per il potere. Quando è un unico partito a governare, un altro cerca di destabilizzarlo. Il problema cruciale è questo: il conflitto per il potere, e noi vogliamo eliminarlo. Come? Tutto il popolo deve poter governare».
D. La Libia si è riconciliata con l’Italia. Si tratta di senso della storia o del rapporto privilegiato che lei ha con Silvio Berlusconi?
R. «Si tratta di un’azione storica, il rapporto personale ha dato un notevole contributo».
D. Che cosa pensa del presidente Silvio Berlusconi?
R. «È uno dei dirigenti forti dell’Europa e ha molto peso a livello internazionale».
D. Corre voce che lei voglia acquistare il Milan.
R. «Dovreste chiedere alla Federazione calcio libica. So che aveva delle quote in un’altra squadra (la Juventus, ndr)».
D. Il grande problema che unisce Italia e Libia è l’immigrazione. Negli ultimi dieci anni centinaia di migliaia di africani hanno lasciato le coste libiche, sbarcando su quelle italiane, per realizzare un sogno europeo. Lei comprende questo sogno?
R. «Gli africani hanno la sensazione di essere stati defraudati in passato e che gli europei abbiano occupato il loro territorio, saccheggiandone le risorse. Ancora oggi hanno questa sensazione nei confronti delle multinazionali, che, a loro parere, proseguono il saccheggio. La soluzione a questo movimento di massa sarebbe restituire queste risorse, come ha fatto l’Italia con la Libia. Questo consentirebbe di realizzare dei progetti per aiutare i giovani».
D. Che cosa prova vedendo centinaia di migliaia di africani abbandonare le coste a bordo di barconi rischiando la vita?
R. «È una tragedia. Ed è la prova che hanno bisogno».
D. Questo ha permesso a organizzazioni criminali di arricchirsi alle loro spalle, in Libia.
R. «È una conseguenza dell’emigrazione, non la causa. L’emigrazione è un fenomeno che chiunque può sfruttare».
D. Come è riuscito a fermare il traffico tra Libia e Italia?
R. «Sarebbe stato impossibile senza una vera collaborazione tra Italia e Libia. Ma devo aggiungere che questo fenomeno migratorio richiede molti più mezzi di quelli che i due Paesi hanno già impiegato».
D. Per questo ha chiesto cinque miliardi di euro all’Unione europea?
R. «Sì».
D. Se l’Europa non vi aiuta, la situazione può esplodere?
R. «Certamente».
D. Il suo regime non è dinastico, vero?
R. «No (ride), la Libia è un Paese governato dal popolo».
D. Non farà come il presidente della Corea del Nord, che ha nominato come successore il proprio figlio?
R. «Non vi è alcun rapporto. Laggiù c’è un partito politico con un dirigente».
D. Potrebbe darsi che uno dei suoi figli le succeda?
R. «A me poco importa che sia uno tra i miei figli oppure chiunque altro».