Varie, 13 ottobre 2010
MINARDI Sabrina
MINARDI Sabrina 1960 • «La “pupa” del Dandi, quella che ha contribuito a riaprire l’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi dichiarando che il rapimento “fu organizzato dalla banda della Magliana” [...] ex amante del boss Enrico De Pedis detto “Renatino”, l’azzimatissimo Dandi cinematografico di “Romanzo criminale” [...] confessa di aver “amato veramente solo il mio primo marito”, il bomber della Lazio Bruno Giordano, di aver avuto “200 relazioni pseudo-sentimentali” (su tutte “l’attrazione folle” per De Pedis) e di essere stata con “duemila uomini” (“Io prostituta? Non è esatto: loro mi regalavano dei soldi, tanti soldi, hai presente Pretty Woman?”) [...]» (“Corriere della Sera” 13/10/2010) • «[...] era la ragazza che la Roma del potere sognava di portarsi a letto. Giovanissima, di una bellezza particolare che non tradiva volgarità; aveva sposato il calciatore più famoso, il campione laziale Bruno Giordano, prima di darsi alla vita e diventare la compagna del boss più ricco, Renato De Pedis, il “Dandi” di Romanzo Criminale. Tra il 1981 e il 1983 Sabrina Minardi è passata dai salotti e dalle camere da letto dove si confondevano sacro e profano, banchieri e mafiosi, cardinali e faccendieri, in un delirio di soldi facili, cocaina e violenza che scandivano l’Italia delle trame: dalla Banda della Magliana al Banco Ambrosiano, dalla P2 ai misteri dello Ior. Lei faceva perdere la testa ai protagonisti di questa capitale immorale, fino a diventare una stella nel sistema di piaceri, favori e ricatti: una leggenda delle notti romane, interpretata sullo schermo dal fascino malizioso di Anna Mouglalis. [...] È stata [...] a fornire una nuova pista per la scomparsa di Manuela Orlandi, la figlia quindicenne di un funzionario vaticano sparita nel 1983, accusando proprio Renatino De Pedis [...] in un libro-intervista con la giornalista Rai Raffaella Notariale (Segreto Criminale edizioni Newton Compton) apre altri capitoli del suo personale romanzo criminale. Descrive una relazione con Roberto Calvi, il banchiere milanese dagli occhi di ghiaccio, tanto a suo agio tra i libri contabili quanto incauto nei rapporti romani, che lei sostiene di avere conquistato con una scena da racconto erotico in stile Emanuelle: “Mi telefonò e mi disse: ‘Senti, ti posso vedere un attimo?’. Gli rispondo: ‘No, guarda, sto a casa, non esco’. E lui che non mollava: ‘Ma vengo sotto casa! Puoi scendere due minuti?’. "Vabbè... ‘Nel giro di poco lui era già sotto casa mia. Ho preso e sono scesa con la vestaglia: in quel periodo io non sapevo che cosa fosse il senso del pudore. Comunque, questo si è presentato con la Limousine, quella con il terzo scompartimento, per capirci. E io sono salita con la vestaglietta, le ciabattine. E niente...’. I due si erano conosciuti la sera prima. Sabrina Minardi spiega che l’incontro era avvenuto a casa di Flavio Carboni, da trent’anni il faccendiere per antonomasia, che ha sempre negato qualunque rapporto con la donna. Lei però vuole rendersi credibile e al registratore di Raffaella Notariale sciorina dettagli sugli appartamenti e sulle garçonniere di Carboni. Per tornare a parlare di Calvi: ‘Avevamo una relazione. Ma non standard. Era veramente molto cerebrale. Non c’è quasi mai stato sesso. C’è stato una volta durante i nostri momenti di perdizione. Non mi va di dire cosa succedeva, davvero... Roberto per me era una figura bella, chiara, pulita”. [...] Che Sabrina abbia conosciuto il banchiere [...] non è provato. Nel processo per la fine di Calvi sotto il ponte londinese dei Frati Neri era prevista la sua deposizione, ma la Corte ha poi preferito soprassedere. Lei però ricorda: “Lui mi ha regalato una villa a Montecarlo. Gli serviva una prestanome, sia chiaro, ma poi la villa è rimasta a me, per questo dico che me l’ha regalata. E mi ha prestato l’aereo per portare mamma a Parigi dove faceva chemioterapia. E poi mi riempiva di gioielli e cose così. Cose belle, ma è durata poco perché per lui era un periodaccio. A distanza di qualche mese, nemmeno un anno, è stato trovato morto”. Sabrina Minardi non accetta la definizione di prostituta: “Una prostituta sta sul marciapiede o in una casa e ti fa il lavoro per pochi spiccioli. Io mi divertivo, facevo la bella vita, vestivo Coco Chanel, Armani, mica ero l’ultima delle femmine. Uscivo tutte le sere o giù di lì. Uscivo tutte le volte che mi andava, frequentavo i migliori ristoranti e i più esclusivi night di Roma, in cambio del mio corpo ricevevo soldi a palate, vacanze, auto, gioielli, case. Calvi mi regalò una villa a Montecarlo. Quale prostituta può vantare le stesse cose? Loro sì che fanno una brutta vita, poverette. La mia era meno brutta, tutto sommato [...] Monsignor Marcinkus? Certo che l’ho conosciuto... Non so che cosa gli avessero detto al monsignore, se gli avevano detto o meno che ero una tipa allegra e carina con chi era generoso, insomma, ma lui voleva stare con me... E io ci sono stata. Però, evidentemente, Flavio (Carboni, ndr.) gli aveva parlato di me, gli avrà forse detto che ero di facile reputazione, perché lui, il pretaccio, fu molto diretto. Non usò preamboli [...] Ha fatto entrare un cugino di mia madre a lavorare in Vaticano. Dalla sera che gliel’ho chiesto, la mattina già era assunto. E... soldi, soldi, soldi, soldi, soldi, soldi... Ma tanti, eh! [...] Renato mi dava borsoni di soldi per Marcinkus. Metteva sempre tutti i soldi nelle borse Louis Vuitton. Era fissato più di una donnina tutta fashion con le Vuitton. E io andavo da Marcinkus a presentargli un’amica e a portargli il borsone. Ma glielo svuotavo, sai? Mica sono scema. Gli lasciavo i soldi, ma la borsa me la tenevo. Pensa a quant’ero piccola e scema. Invece di prendermi una manciata di soldi, che nessuno se ne sarebbe accorto tanti erano, mi prendevo il borsone firmato” [...]» (Gianluca Di Feo, “L’espresso” 309/2010) • «Bruno e Sabrina, amore trasteverino, sbocciato tra via del Moro e vicolo de’ Cinque. Due anni dopo le nozze, nacque Valentina [...] La favola svanì presto, lasciando il posto a una saga maledetta. “Mia madre era gelosa, vedeva sempre mio padre sulle copertine dei giornali accanto ad attrici famose”. Il matrimonio, dopo poco, entrò in crisi. Ma il fatto è che la moglie ormai si era abituata: al lusso, alla bella vita, allo champagne. Fu così che nella primavera dell’82 mentre se ne stava seduta con alcune amiche a un tavolo de La Cabala, mitico pianobar vicino a piazza Navona, qualcuno la nota, chiama un cameriere e ordina di portare proprio a quel tavolo dove lei è seduta un mazzo di rose e una bottiglia di champagne. Effetto fenomenale. Quell’uomo, però, si chiama Enrico De Pedis, detto Renatino, è il boss in ascesa della banda della Magliana. Lui, quando si presenta, gli dice di essere un imprenditore, gestisce la catena dei supermercati Sma. Non è mica vero, ma lei ci crede: “Mi trattava come una bambina, mi portava alla sauna del Grand Hotel, vivevamo come nel film Il Padrino. Mi faceva mille regali, valigie Louis Vuitton piene di banconote da 100 mila lire, mi diceva spendili tutti, se ritorni a casa senza averli spesi non ti apro la porta [...] Andavo da Bulgari, da Cartier, pagavo in contanti per due orologi d’oro, i commessi mi guardavano preoccupati, pensavano che fossero il bottino di una rapina. Ma io li tranquillizzavo, dicevo loro: Me li dà mio marito, sapete, è un tipo stravagante...”. I primi due anni sono di “grande passione”, dice Sabrina, fino a quando — novembre ’84 — Renatino viene arrestato dalla Squadra Mobile proprio a casa di lei, in via Elio Vittorini, all’Eur. Due anni di passione, ma anche di cocaina e altri giochi pericolosi. Sabrina all’inizio non sa che Renatino è il boss dei boss della Magliana, poi però un giorno le capita sotto gli occhi Il Messaggero e legge un articolo. Allora capisce e prova per la prima volta terrore. In quegli anni lei ha visto molte cose. Gelli (“Credo che anche Renato s’iscrisse alla P2...”), Pippo Calò (“Con lui erano baci e abbracci, quando andavamo a Palermo chiamava Renato figghiu...”) e poi Carboni, Marcinkus, il banchiere Calvi [...] Vide molte cose Sabrina, che però non doveva vedere. “Così un giorno tentarono di rapire mia figlia Valentina — ha dichiarato ai pm —. Allora chiamai Renato e lui mi disse: Se ti sei scordata quello che hai visto non succederà niente a tua figlia... [...]”. Valentina Giordano: anche lei [...] è finita in prima pagina. La sera del 22 maggio 2008 era sulla Mercedes guidata dal suo fidanzato, Stefano Lucidi, stavano litigando per motivi di gelosia. Lui non si è fermato a un rosso di via Nomentana e ha ucciso due ragazzi su uno scooter. [...] “Ricorderò sempre la telefonata che mio padre fece a mia madre — racconta Valentina — quando su un giornale uscì la mia foto da piccola in braccio a Renatino. Non ti azzardare più a mettere Valentina in braccio a quello, le disse mio padre, perché se parte una revolverata uccideranno anche lei. Tanto lo sai che i boss fanno tutti la stessa fine: a bocca sotto sul marciapiede”. Profetico, Giordano. Renatino De Pedis uscì dal carcere nell’87, si sposò con un’altra e quando Sabrina lo seppe partì per il Brasile e ci rimase un anno e mezzo. Poi però tornò e ritrovò sempre lui, che andò a citofonarle sotto casa: “Sento puzza di bruciato, fuggiamo in Polinesia”, le disse il bandito. Il giorno dopo era il 2 febbraio del ’90, andarono insieme a fare le ultime spese. Lei stava ancora dentro a una merceria, quando in via del Pellegrino, vicino a Campo de’ Fiori, Renatino finì “a bocca sotto sul marciapiede” per mano di due killer. Come aveva previsto Giordano. Ma anche la carriera di Bruno aveva subìto brutti colpi: il calcio- scommesse dell’80, l’ingresso a Regina Coeli. E la cattiva stella non risparmiò nessuno della famiglia: la mamma morta in un incidente stradale, la sorella Silvia che si bucava e finì dentro per spaccio, rapine, furti. [...]» (Fabrizio Caccia, “Corriere della Sera” 24/6/2008).