Salvatore Bragantini, Corriere della Sera 11/10/2010, 11 ottobre 2010
I MISTERI DI SOUTHSTREAM E IL CDA DI ENI IN SCADENZA
In un mio articolo sul Corriere del 14 settembre ho lamentato l’ assenza di notizie su quanto il presidente del Consiglio italiano fa davvero, quando incontra gli autocrati capi di Stato esteri. Tutti i riflettori sulla scenografia, si diceva, e buio completo sulla sostanza. Ora qualcosa trapela. Dalle cronache della più recente fra le visite di Berlusconi a Putin si apprende che sono state discusse le quote di Eni e Gazprom nel gasdotto Southstream, che porterà il gas del Caspio in Europa. South Stream nasce più per considerazioni di convenienza geopolitica per la Russia che per ragioni economiche. Il tracciato, tagliando fuori l’ Ucraina, toglie armi di ricatto a Kiev, la cui troppo incerta fedeltà non rassicura l’ amico Vladimir. La redditività del Southstream appare perciò dubbia; se si aggiunge che esso aumenta pericolosamente la nostra dipendenza da Mosca, si comprende la perplessità che ha suscitato nel comitato interno al Cda dell’ Eni che lo ha esaminato, ma non approvato. Per resistere alle pressioni ricevute, il Cda qualcosa doveva fare; è riuscito a limitare i danni, approvando solo lo studio di fattibilità del gasdotto. Nessuna decisione definitiva - lo accennava Stefano Agnoli sul Corriere del 9 ottobre, nella rubrica «Sussurri e grida» - è stata invece ancora assunta sulla partecipazione a South Stream, tanto meno se ne è fissata la quota. Eppure Berlusconi e Putin hanno negoziato su chi fra Eni e Gazprom debba limare la propria quota per far posto ad altri. Non è la prima volta che l’ Eni pare appiattito sui desiderata del governo: si pensi alla tassa pro Libia, o alla prospettata - e poi saltata - partecipazione di una società dall’ oscuro azionariato ad una joint venture con Gazprom per il trasporto del gas, sulla quale le informazioni al mercato furono poche e oblique. Se si continua a lasciar correre, le regole di trasparenza e correttezza vanno in soffitta. L’ Eni è una società quotata, col 70% del capitale in mano ad azionisti privati: è assurdo che lasci circolare, come fosse corrente, una moneta falsa, cioè la notizia di aver deciso il massiccio investimento necessario per realizzare Southstream. Per questo il negoziato tra Italia e Russia dà per scontato quello che scontato non è. In primavera, però, il recalcitrante Cda scade. Ci sono pochi dubbi che sarà rinnovato solo chi prometta, fra l’ altro, obbedienza cieca, pronta e assoluta: principio di cui la storia dell’ Urss è impregnata.
Salvatore Bragantini