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 2010  ottobre 12 Martedì calendario

Un branco dietro il pestaggio del tassista- Una bambina che non supera il metro e venti e che grida alle Volanti «poliziotti di merda»

Un branco dietro il pestaggio del tassista- Una bambina che non supera il metro e venti e che grida alle Volanti «poliziotti di merda». Una quindicina di ragazzotti che se ne stanno lì, ai giardinetti, con i piercing, le felpe, i cappelli da baseball, a insultare anche loro gli agen­ti, tra una sigaretta e l’altra. E soprattutto un abitante del quartiere che per aver avuto l’ardire di testimoniare, ieri mattina si trova l’auto brucia­ta. Un fotografo, Maurizio Maule, che ha avuto la colpa di fotografare il rottame bru­ciato, che viene aggredito, ra­pinato e pestato: frattura del setto nasale. Benvenuti al quartiere Antonini, che a Mi­lano nessuno conosceva fino all’altro ieri. Poi accade l’in­credibile: un tassista viene praticamente ammazzato per avere investito un cane. E la civile metropoli scopre l’esi­stenza di questo fazzoletto di terra che sembra un ritaglio di Scampia prestato al nord. Luca Massari, il tassista, è tra la vita e la morte al Fatebe­nefratelli. Racconta la donna che lo ha soccorso per prima: «Lui è sceso dall’auto dopo avere investito il cane, ha ini­ziato a chiedere scusa in tutti i modi. Le tre donne che erano col cane invece hanno inizia­to a urlare come pazze, a tira­gli addosso di tutto. Lui arre­trava, non sapeva cosa dire. Poi è arrivato l’uomo di una delle tre e ha iniziato a pren­derlo a pugni e a calci. Non smetteva più. Io gli dicevo: smettila, smettila. Poi il tassi­sta è caduto a terra. Io crede­vo che facesse finta, perché l’altro smettesse di colpirlo. Quello la è fuggito, allora io gli ho detto: dai, adesso puoi alzarti. Invece è diventato tut­to nero in faccia, e non si è mosso più». Lo conoscevano in tanti, al quartiere Antonini, l’uomo che ha massacrato il tassista: Morris Ciavarella, un piccolo balordo di un altro quartiere. E ancora meglio tutti conosco­no la famiglia cui Ciavarella si è aggregato, fidanzandosi con una delle sue donne, e convolando con lei la settima­na scorsa in uno degli appar­tamenti popolari sfondato e occupato per l’occasione,nel­la stessa casa di largo Caccia Dominioni dove vive l’intero clan. Un padre, sei figli. Co­gnome settentrionale. Sono loro, da sempre, a fare il bello e il cattivo tempo al quartiere Antonini. Un’isola che sem­bra separata dal resto del mondo da un reticolato invisi­bile: a pochi passi ci sono i pa­lazzi venduti a quattromila euro al metro, una torre di venti piani che stanno ancora finendo di costruire, le vec­chie fabbriche trasformate in loft di lusso. E al centro di tut­to questa manciata di case po­polari degli anni Quaranta, dove senza che la città se ne accorgesse le regole si sono sfilacciate una per volta, la gente ha abbassato la testa, i prepotenti hanno avuto la me­glio. E questo clima ha conta­giato i ragazzi che escono dal­le scuole, e che stanno ai giar­dinetti a fare i bulli e a aspetta­re che venga sera. Un microcosmo quasi da paese, dove si incrociano affa­ri illeciti, parentele e rivalità: ed è in questo microcosmo che esplode la tragedia del tas­sista e gli episodi incredibili che la seguono. Per dare un’idea:le due famiglie,quel­la dell’aggressore del tassista e quella del testimone cui vie­ne bruciata la macchina, so­no imparentate, perché due fi­gli si sono sposati anni fa. Ciò non impedisce che domeni­ca pomeriggio, dopo il pestag­gio del tassista, i due suoceri se le diano di santa ragione. E che di notte l’auto di uno dei figli vada in fiamme, per ri­chiamare tutti all’omertà e al quieto vivere. In quanti fossero, a massa­crare il povero Luca Massari, non si può dire. Certamente c’era Morris Ciavarella a me­nare, e le donne a fare il tifo. Qualcuno, che assisteva dalle finestre, dice di avere visto al­tri uomini dare manforte a Ciavarella. Ma la donna che per prima ha soccorso il tassi­sta agonizzante - e che era lì, a un passo - dice e ripete che a picchiare era solo uno. Ma co­rale è stata la reazione del branco dei nullafacenti, dei loro fratelli maggiori, dei geni­tori che li coprono. Zero paro­le di compassione per il tassi­sta. Invece insulti e minacce per poliziotti e giornalisti arri­vati a capire come fosse stato possibile. «Questo è un posto tranquillo e non ci dovete ve­nire a rompere le scatole», di­cono i ragazzotti. A una man­ciata di chilometri, in centro, in una stanza del reparto di rianimazione del Fatebene­fratelli, un uomo sta forse mo­rendo per avere attraversato in taxi questo «posto tranquil­lo ».