MARINELLA VENEGONI, La Stampa 12/10/2010, pagina 38, 12 ottobre 2010
Paolo Conte: una multa contro la volgarità italiana - L’ho letta sulla Settimana Enigmistica. Ha detto John Osborne: chiedere a uno scrittore che cosa pensi dei critici, è come chiedere a un lampione cosa pensa dei cani»
Paolo Conte: una multa contro la volgarità italiana - L’ho letta sulla Settimana Enigmistica. Ha detto John Osborne: chiedere a uno scrittore che cosa pensi dei critici, è come chiedere a un lampione cosa pensa dei cani». Et voilà Monsieur Conte, di fronte a vastissima e rispettosissima platea di media, chiudere con lo sberleffo la sua conferenza stampa che annuncia il nuovo album Nelson. Paolo Conte è così, riservato e magari un po’ timido, con l’ironia che affiora quando meno te lo aspetti. Nella splendida villa del Fai di Milano ha risposte pronte alle domande più improbabili, e saggezze ataviche che affiorano per spiegare gli argomenti ai quali vieta l’accesso nella sua musica: «Slealtà, cattiveria, volgarità, cattivo gusto, in generale e all’italiana. Della realtà è meglio non parlare, per non istigare cattive abitudini. Ci sono battaglie perse in partenza contro certi modi di fare. Criticare non è sufficiente, ci vorrebbero impegni più forti, forse occorrerebbe fare delle multe». Charmant, vellutato, avveduto. Questo disco, «Nelson», ha testi in italiano, inglese, francese, spagnolo, napoletano. Che facciamo, voliamo via? «No, vogliam restare. Mi vergogno di cantare in lingua, chiedo sempre le attenuanti generiche in tutti i paesi». Lei aveva accennato ultimamente a una difficoltà a scrivere, ma qui ci sono ben 15 canzoni. «Non mi dispiace contraddirmi, la curiosità artistica è sempre alta». Perché far dischi? «La voglia di scrivere innesca una reazione a catena, diventa poi un automatismo registrare. Ma le canzoni nuove entrano pochissimo nei live, il pubblico ci mette molto ad abituarsi, ai concerti celebra la festa della nostalgia». Qui fuori c’è ad aspettarla Fabio Fazio, che spera di coinvolgerla nel programma con Saviano «Vieni via con me», titolo preso da una sua canzone. Conosce lo scrittore Roberto Saviano? «Ho letto solo articoli, di suo. È uno impegnato, tratta argomenti pericolosi». Chi è Nelson al quale ha dedicato il disco? «Un cane che abbiamo avuto per 12 anni, morto 2 anni fa. Un pastore francese di carattere difficile ma così bello, aveva orecchio musicale. Io suono di notte, e finisco sempre con una frase di Fats Waller: lui la riconosceva, e si alzava. Ora ho un altro trovatello, Orazio, perché ho pensato a Orazio Nelson: è un can da pajé, come diciamo da noi, un bastardino». La canzone «Bodyguard for myself» racconta un uomo solitario. È un autoritratto? «Su me stesso non ho mai scritto nulla, non sono per le autoconfessioni. Solo in Sotto le stelle del jazz c’era il comportamento di quattro gatti della mia generazione». Canta spesso del ballo. «Forse perché sono un pessimo ballerino».