Antonello Cherchi, Il Sole 24 Ore 11/10/2010, 11 ottobre 2010
COMMISSIONI AL LAVORO PER UN’ORA
Tante più leggi, approvate con una tempistica più serrata. Il bilancio di metà percorso è a favore della XIV legislatura (la XV non consente il raffronto, perché terminata prima del giro di boa). Almeno così dicono i numeri: 322 provvedimenti giunti al traguardo contro i 188 dell’attuale, con una media di 39 ore di attività parlamentare (tra aula e commissioni) spese per arrivare al sì finale, mentre negli ultimi due anni e mezzo ci sono volute mediamente 61 ore.
Sostanziale parità, invece, per quanto riguarda l’impegno di deputati e senatori: il numero di sedute e ore spese in commissione è simile in entrambe le legislature, e così per quanto riguarda l’attività dell’aula di Montecitorio, mentre il ritmo dell’assemblea del Senato risultava maggiormente incalzante due legislature fa, con 51 sedute e oltre 300 ore in più.
Il bilancio numerico di metà mandato coincide con il rinnovo dei componenti delle commissioni, previsto per questa settimana. Solitamente si tratta di un appuntamento formale, per quanto previsto dai rispettivi regolamenti. La squadra viene quasi sempre confermata. Questa volta, però, la spaccatura della maggioranza e l’appartenenza di alcuni presidenti di commissione al gruppo di Fli guidato da Gianfranco Fini rendono più sensibile il passaggio, che assume la valenza di ulteriore verifica della tenuta del governo (si veda l’articolo nella pagina a fianco).
Manovre politiche a parte, le commissioni si segnalano per un contenuto attivismo: a Montecitorio – e non ci sono particolari differenze tra la XIV e la legislatura in corso – in media una seduta non arriva a due ore e a Palazzo Madama si ferma a un’ora. Certo, c’è da tener conto che le commissioni si riuniscono negli spazi lasciati liberi dal lavoro dell’assemblea. Considerando, però, che ogni commissione ha una propria aula e non ci si deve, pertanto, alternare (fatto non scontato nelle istituzioni assembleari degli altri paesi), i tempi medi di lavoro restano limitati.
Nonostante ciò, la produttività delle commissioni non è proprio bassa. Oltre ai pareri sugli atti del governo e all’attività di indirizzo e controllo, le commissioni riescono a seguire l’iter dei disegni di legge anche una volta che hanno preso la via dell’aula.
Questo avviene in particolare alla Camera, dove esiste il comitato dei nove, il quale nasce di volta in volta all’interno della commissione che ha seguito e licenziato un determinato provvedimento ed è formato da esponenti della maggioranza e dell’opposizione (non sempre gli stessi). Il comitato ha un proprio tavolo nell’aula di Montecitorio, di fronte agli scranni del governo, e può formulare emendamenti che sono posti all’esame dell’assemblea come proposte della commissione.
Il peso delle commissioni diventa ancora più penetrante con gli atti approvati in sede legislativa: in questa legislatura sono stati 24, 18 dei quali al Senato. Una media del 13%, mentre era quasi del 17% nella legislatura di due anni fa. In ogni caso, la scelta della sede legislativa risulta non marginale, perché dai progetti approvati è necessario togliere quelli di conversione (e in questa legislatura rappresentano il 30%), quelli di ratifica, le leggi di bilancio e quelle contenenti deleghe, che devono necessariamente essere approvati dall’aula. Quando possibile, insomma, le commissioni si ritagliano un ruolo da protagonista.