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 2010  ottobre 11 Lunedì calendario

NUOVE TECNOLOGIE PER LA GUIDA E LE STRADE, PER VOCE ARANCIO


L’Expo mondiale di Shanghai, il 28 ottobre, come il set del film horror La macchina nera (1977): quel giorno arriverà l’automobile che viaggia senza autista. Le auto, per la precisione, sono due, di colore arancione. Si tratta dell’esperimento “Intercontinental autonomous challenge” portato avanti dalla Visilab, un’azienda nata come spin off dell’Università di Parma. Tre mesi di viaggio, 13.000 chilometri da Parma a Shanghai in cui la guida è affidata al computer.

È solo l’ultimo di una serie di esperimenti iniziati negli anni ‘80 in tutto il mondo con lo scopo di aumentare la sicurezza sulle strade. I computer non si stancano, non si distraggono, non bevono alcol, non hanno colpi di sonno. Gli autisti ideali, insomma. Ecco perché colossi dell’innovazione tecnologica come l’agenzia dell’esercito americano Darpa (una delle madri di Internet, tra le altre cose) hanno investito molte risorse nelle ricerche in questo campo. La Darpa challenge, una sfida annuale tra progettisti di veicoli automatici, ha visto partecipare molte grandi industrie dell’auto dal 2002 al 2007 (la Volkswagen ha vinto due edizioni). Grande impegno è inoltre arrivato dall’Unione europea, a partire dal primo progetto Eureka del 1987, e dal Giappone, dove le cose sono iniziate decisamente presto, con un primo esperimento nel 1977 ad opera dei Laboratori Tsukuba.

Tutte le soluzioni in via di sperimentazione fanno intravedere all’orizzonte uno scontro di filosofie. La prima vede le auto intelligenti. Capaci di viaggiare su strade comuni interpretando i segnali, le condizioni meteo, il comportamento degli altri veicoli e prendendo decisioni autonome. La seconda invece prevede, di intelligente, soprattutto la strada, un sistema centralizzato di controllo dove le auto semplicemente eseguono ordini.

Per ora è il primo concetto a farla da padrone. Secondo gli analisti ci vorranno ancora almeno 15 anni prima di vedere sulle strade auto capaci di viaggiare senza un essere umano alla guida, ma i primi frammenti di questa rivoluzione tecnologica sono già in circolazione, in alcuni casi da molto tempo. Oggi nessuno si stupisce del fatto che una frenata di emergenza sia di fatto gestita dal computer, con l’Abs, oppure che la traiettoria in una curva venga corretta da un sistema automatico come l’Esp. L’autista moderno ha già affidato parte della guida all’elettronica, e quello che entra oggi in un concessionario fa ancora di più.

L’adaptive cruise control (Acc) è il passo più immediato, già presente da qualche anno su molti modelli di fascia alta di quasi tutte le marche. Un radar, spesso associato a un sistema di telecamere, misura costantemente la situazione dei veicoli che si trovano davanti. Distanza e velocità relativa sono tenute sotto controllo fino a che, se le cose non vanno come dovrebbero (ad esempio se la macchina che ci precede frena bruscamente) il sistema interviene. Su cosa succede dopo ci sono differenze tra le soluzioni proposte dalle varie case automobilistiche, e in molti casi è possibile variare il comportamento della propria macchina. Può suonare un semplice allarme, oppure, più drasticamente, l’Acc prende il controllo dell’auto e frena al posto nostro. Se il computer decide che l’impatto è inevitabile, in molti modelli vengono attivate misure preventive, come la chiusura di tutti i finestrini e il pretensionamento delle cinture di sicurezza. In linea di massima i sistemi attuali vedono problemi fino a 150 metri e reagiscono a velocità comprese tra 30 e 180 chilometri orari.

La Volvo ha spinto le cose più in là con il pedestrian detector, disponibile come optional per la sua S60: reagisce anche alla presenza di un pedone, e frena immediatamente. Entro i 35 km orari riesce a bloccare completamente l’auto prima dell’impatto. In alcuni test dimostrativi (con manichini) ha avuto qualche incertezza, ma, se diffusa su tutte le auto, è una tecnologia che potrà dare un grosso contributo a ridurre il carico degli oltre 1.500 pedoni morti all’anno in Europa.

Altre telecamere, poi, sono impiegate per i sistemi che correggono le sbadataggini degli automobilisti. Come l’allarme di cambio corsia, che tiene costantemente d’occhio le strisce bianche sulla strada e valuta se l’auto sta uscendo dal percorso previsto, magari per un colpo di sonno del guidatore. Oppure il sensore di sorpasso, che vede un veicolo che ci sta superando e lancia un avvertimento. In alcuni casi l’allarme non è acustico, ma è una meno ansiogena vibrazione sul volante.

Ciò che ancora non arriva dal concessionario, ma non è molto distante nel tempo, è l’auto intercomunicante, capace di parlare con gli altri veicoli e con gli stessi segnali stradali per scambiarsi informazioni e decidere cosa fare. Una tecnologia derivata dall’aeronautica. Gli aerei trasmettono costantemente la loro velocità, direzione, quota di volto. Lo potranno fare anche le macchine. Esiste già uno standard pensato per questo scopo, lo Iee 802.11p, una variante di quello attualmente usato per le connessione wireless dei computer.

L’intersection assistant è un concetto in via di sviluppo che aiuterà l’auto a gestire gli incroci. Ogni auto trasmette la sua posizione a tutte le altre. Il computer di bordo fornisce i necessari allarmi al conducente, prendendo il suo posto se serve. Ad esempio frenando se c’è una macchina in arrivo da destra. Comunicazioni analoghe potranno venire dai semafori: se sta per arrivare il rosso, la luce gialla non sarà il solo avvertimento. Anche il computer della nostra macchina sarà avvertito e comincerà a decelerare per tempo.

Gli stessi sistemi wireless potranno avere un uso molto più ampio. Veicoli di soccorso imporranno la loro precedenza, auto che abbiano avuto un incidente emetteranno grida di aiuto elettroniche che segnaleranno a quelle in arrivo la necessità di rallentare e contemporaneamente allerteranno i soccorsi. Alla fine, tutte le macchine comunicheranno con le centrali del traffico in modo da avere la situazione costantemente sotto controllo.

Ma anche pedoni e ciclisti entreranno in questa internet delle strade. La Bmw sta sperimentando un sistema grazie al quale le auto saranno informate della presenza di qualcuno, ad esempio un bambino, che potrebbe tagliarci la strada. Basterà portare un trasponder, un piccolo aggeggio elettronico da mettere in tasca o nello zaino di scuola.

Lo scenario finale che potrebbe delinearsi è quello delle autostrade intelligenti. Una volta capaci di comunicare, le macchine potranno essere affidate ad un controllo centralizzato che gestirà il viaggio fino alla meta prevista, niente di più di una specie di torre di controllo per gli aerei. Si entra in autostrada, si affida l’auto alla centrale e ci si mette a dormire o a leggere il giornale. Avvicinandosi allo svincolo, si riprende il comando manuale e si guida normalmente.

Mentre gli ostacoli tecnici vengono via via superati, si intravede già quello che sarà lo scoglio più grosso: la fiducia degli automobilisti. Chi si fiderà di salire sulla propria auto e affidare tutto al computer? O, più semplicemente: chi rinuncerà al piacere della guida?

Chi avrebbe paura a viaggiare su un’auto interamente automatizzata dimentica che i moderni aerei sono già zeppi di sistemi automatici dai quali dipende la vita dei passeggeri. Anche se, paradossalmente, per un aereo andare con l’autopilota è più facile che per una macchina: non ha a che fare con incroci, strade dissestate, pedoni, biciclette, segnali stradali sbiaditi.

Altro problema all’orizzonte: chi è il responsabile legale di un incidente causato da un’auto in guida automatica? Si può processare un computer o il suo programmatore? Ne hanno già discusso avvocati e giudici in un convegno nell’Università di Stanford.

Come tutte le apparecchiature elettroniche programmabili, le nostre auto dovranno fare i conti anche con gli hacker. Anzi, possono già trovarsi nei guai. Qualche mese fa, in un convegno che si è tenuto in California, ricercatori dell’Università di Washington hanno dimostrato come sia possibile entrare nei sistemi operativi delle auto moderne e modificarli a piacimento. Freni che non rispondono più, contachilometri che danno velocità sbagliate, marce che cambiano da sole, aria caldissima al posto di quella fresca del condizionatore, sportelli bloccati in modo irreparabile.

Per combinare questi scherzi oggi è necessario collegare un computer alle connessioni dell’auto usate dai meccanici per la diagnostica. Ma in futuro, con i collegamenti wireless, potrebbero verificarsi veri e propri attacchi software capaci di far schiantare un’auto. Basterà riprogrammare i suoi sistemi di guida.

I due hacker italiani che nel 2007 sono riusciti a entrare nel sistema Rds (quello usato dalle radio Fm e che fa viaggiare le informazioni sul traffico destinate ai navigatori Gps). Inserendosi grazie a un loro trasmettitore Fm, i due hanno fatto comparire sui navigatori degli automobilisti di una città americana una serie di avvisi, anche improbabili: un attacco terroristico, un bombardamento aereo, una rissa. Gli avvisi in più istruivano il navigatore a cercare strade alternative perché quelle dove avvenivano le catastrofi erano bloccate.