Roberta Camesasca, varie, 11 ottobre 2010
SPORT PER BAMBINI, PER VOCE ARANCIO
Finita la giornata a scuola, per molti bambini ne comincia un’altra, sempre fuori casa, spesso altrettanto impegnativa. Può essere dedicata alla musica, alla danza, al teatro o a una lingua straniera. Ma soprattutto è destinata a un’attività sportiva.
In Italia, solo un bambino su 10 svolge sport in modo adeguato alla propria età (indagine di “Okkio alla salute”).
Nella scelta di uno sport vanno prese in considerazione l’età e le caratteristiche strutturali del bambino. In generale l’avviamento sportivo di un bimbo può iniziare intorno ai cinque anni. Alcune attività sportive, come il nuoto o lo sci, possono essere intraprese anche a 3-4 anni, altre invece richiedono uno sviluppo fisico maggiore e si possono iniziare verso i 7-8 anni (il karate o il tennis). All’inizio meglio un’attività generica, come il nuoto o la ginnastica, in modo da favorire uno sviluppo armonico di tutto il fisico. Sono controindicate attività troppo specifiche, come il calcio o il tennis, perché il bambino non ha ancora acquisito lo sviluppo fisico adeguato.
Gli sport di squadra, come pallavolo, calcio, basket, aiutano la socializzazione e sono i più indicati per i bambini timidi e introversi. Per i bambini più vivaci o aggressivi meglio sport competitivi come judo o karate. Nuoto, tennis, atletica leggera vanno meglio per bambini estroversi.
Nell’iscrivere un bambino a un corso di avviamento allo sport, è necessario tenerne in considerazione i desideri. Lo sport non deve essere vissuto come qualcosa di imposto dai genitori, ma come un’attività divertente, un gioco.
«I genitori sono presi dall’ horror vacui: un’ora senza impegni e vengono aggrediti dal panico. Ho visto prelevare bambini dai giardini per portarli a fare judo o altri sport al chiuso: un controsenso» (Lella Costa).
«Bisogna evitare che il piccolo rifiuti l’attività fisica. L’ideale sarebbe assecondare l’inclinazione del piccolo, facendo attenzione agli aspetti del carattere che potrebbero avvicinarlo a uno sport piuttosto che a un altro. L’atletica, il ballo e la danza sono utili per strutturare le attività basilari di moto […]. Le arti marziali e gli sport di combattimento in generale sono attività spesso considerate pericolose dai genitori ma, se ben gestite favoriscono la coordinazione, la mobilità articolare, aiutano il bambino a entrare in contatto con la propria aggressività e a conoscerla. Buono il calcio perché si corre e si salta, ci si coordina con gli altri e nello spazio. Il nuoto, invece, offre il vantaggio di fare apprendere l’acquaticità, cioè la capacità istintiva di muoversi a proprio agio nell’elemento acqua. […] Il rischio che va evitato è quello della monotonia, per farlo basta associare il nuoto a un altro tipo di attività fisica. Pallacanestro e pallavolo sono sport completi, anaerobici che migliorano la velocità, la potenza muscolare e la coordinazione motoria oltre a portare giovamento alla colonna vertebrale. […] Tennis, scherma e tennis da tavolo essendo considerati sport “asimmetrici”, possono causare squilibri muscolari e scheletrici: è perciò fondamentale l’attività fisica di compensazione per tutti i distretti corporei meno stimolati» (Giuseppe Mele, presidente della Federazione italiana medici pediatri, a Repubblica).
Francesco Totti a sette anni giocava nella Fortitudo Calcio Roma. A dodici anni passò alla Roma e a sedici anni e mezzo esordì in serie A.
«Fino a pochi anni fa il calcio era quasi per autodidatti. Si giocava nelle strade, negli oratori, nei prati, si giocava dovunque perché lo spazio era quasi dovunque. Il calcio non era uno sport, era il modo di passare la giornata fuori dalla scuola. I ragazzi crescevano in qualità semplicemente guardando le qualità del compagno. Erano i primi a capirne la diversità. E giocavano per ore e ore imparando a fare tutti i ruoli. […] Ma quando i ragazzi sono usciti dalla strada e sono entrati nelle scuole calcio, sono cominciati i problemi. Il calcio ha diminuito il divertimento, è diventato un confronto a pagamento. Oggi i bambini non giocano a calcio se non pagano la retta a una scuola» (Mario Sconcerti).
Il calcio è lo sport più diffuso nel nostro paese. Il settore giovanile della Figc ha 720.212 tesserati dai 5 ai 16 anni. Le scuole calcio in Italia, riconosciute e certificate, sono 6.800 e i bimbi (dei due sessi) che ogni anno le frequentano sono quasi 450 mila. «Si tratta di uno sport che, almeno all’inizio, non richiede particolari attitudini se non la coordinazione nei movimenti, la voglia di giocare e di divertirsi» (Ciro Ferrara, responsabile del settore giovanile della Juventus).
La Scuola calcio Inter presso l’Accademia internazionale calcio di Milano, con frequenza bisettimanale, costa 480 euro, compreso l’abbigliamento sportivo Nike composto da maglia da allenamento, maglia nerazzurra, due pantaloncini, calzettoni, tuta, k-way, giaccone, cappellino e borsa da calcio. Tra le attività organizzate, oltre ai classici tornei interni, visite alla Pinetina, incontri con i campioni della prima squadra e inviti allo stadio.
«Il gioco del calcio è da sempre un mezzo di grande comunicazione e le ragioni sono semplici: è possibile giocare anche da soli, in due, in tre o in undici contro undici. Il pallone si può fare annodando due t-shirt o un mucchio di stracci, la fantasia e le necessità fanno miracoli! I costi possono anche essere praticamente nulli» (Gianni Rivera).
Al minibasket ci si può iscrivere dai 5 agli 11 anni, divisi per categorie: pulcini e paperine (5 e 6 anni); scoiattoli e libellule (fra i 6 e i 7 anni); aquilotti e gazzelle (fra gli 8 e i 9 anni); esordienti (fra i 10 e gli 11 anni). Come attrezzatura servono solo le scarpe da ginnastica. La divisa da gioco e quella da allenamento vengono, di solito, fornite dalla società d’appartenenza. Un corso di minibasket all’A.S.D. Roma Team Up: 320 euro (dai 6 agli 8 anni) e 390 euro (dai 9 agli 11).
«A livello personale la pallavolo ha trasformato la ragazzina introversa che ero in un’adulta abituata a confrontarsi con gli altri e ad affrontare realtà diverse. Mi ha fatto tirare fuori il carattere» (Manuela Leggeri).
Il minivolley prepara i bambini alla pallavolo vera e propria e si può iniziare a 6 anni. La Pro Patria Volley di Milano propone corsi curati da istruttori Isef o allenatori federali e la quota annuale di 240 euro (170 euro per una volta a settimana) comprende, oltre alle lezioni bisettimanali, la visita medica e il certificato di idoneità alla pratica sportiva non agonistica, l’assicurazione contro gli infortuni e l’abbigliamento (maglietta e pantaloncini). Restano escluse le scarpe (70 euro circa) e le ginocchiere (15 euro).
«Prima di avvicinarmi alla pallavolo pensavo che fosse il classico sport per “femminucce” e lo avevo sempre snobbato. Quando gli altri ragazzi mi chiedevano di giocare con loro, io facevo spallucce e correvo al campo da calcio» (Luigi Mastrangelo).
Ci sono ragazzini anche nelle Fiamme oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato. Nei nove centri nazionali (tre a Roma, uno a Milano, Moena, Padova, Nettuno, Napoli, Sabaudia) si praticano 37 discipline. Alcune di queste hanno una sezione giovanile aperta a tutti. Flavio D’Ambrosi, direttore della II Sezione del dipartimento che coordina le attività del gruppo: «Non siamo comunque una società commerciale, lavoriamo più sulla qualità che sulla quantità». Quanti sono in media i vostri ragazzi? «Dipende dalla disciplina: abbiamo gruppi di 40-50 iscritti nel rugby o nel nuoto, una ventina nel judo». Qual è lo sport più frequentato dai giovanissimi? «Direi il nuoto, anche se non è un dato omogeneo per tutto il territorio. Al nord naturalmente vanno bene lo sci e lo sci di fondo». A che età si comincia? «Abbastanza presto per alcune discipline: prendiamo bambini di 6-7 anni per cominciare il rugby, di 7-8 per il nuoto. Per uno sport come il pugilato invece non scendiamo sotto i 13». Quanto costano i corsi? «La quota d’iscrizione, che comprende un kit con tuta e zainetto, varia a seconda delle sezioni giovanili. La quota mensile è in genere tra i 15 e i 20 euro».
«Già prima che avessi un anno mia mamma mi portava in piscina a fare le attività per neonati. Da allora ci sono sempre andata, grazie ovviamente alla pazienza dei miei genitori che hanno continuato ad accompagnarmi» (Federica Pellegrini).
Il nuoto è praticabile fin da piccolissimi, ma i primi corsi veri e propri partono solitamente dai 3 anni. In un primo momento, si familiarizza con l’acqua, poi si inizia l’impostazione dei movimenti corretti per poi apprendere i quattro stili tradizionali: stile libero, dorso, rana, delfino. Il costo mensile per un corso di nuoto con frequenza bisettimanale varia molto: il prezzo equo, dice nuotomania.it, è compreso tra 40 e 65 euro al mese. L’attrezzatura richiesta è piuttosto economica: un costume da bagno (10-15 euro), una cuffia (8 euro), gli occhialini (10 euro) un paio di ciabatte in gomma (10-12 euro), un piccolo asciugamano e un accappatoio (30 euro).
Secondo le ultime statistiche, il 40% circa dei bambini italiani tra i 7 e i 9 anni risulta in sovrappeso. Per gli esperti dell’American Academy of Pediatrics, per prevenire il problema basterebbero tredicimila passi al giorno (2 km circa) per i bimbi e 11 mila (1,5 km) per le bimbe.
Il circolo Tennis Roma propone corsi di minitennis per bambini dai 6 ai 13 anni a 585 euro (per 9 mesi di lezione, esclusi i 20 euro di iscrizione e i 35 euro per la tuta sociale). Per incominciare bastano una racchetta (da 50 euro), un paio di scarpe da tennis (50 euro circa), un paio di pantaloncini e una maglietta (40-50 euro).
«Il tennis è uno sport per solitari, molto egoisti e individualisti. E per i tuoi bambini non vuoi questo senso di isolamento, di separazione, come su un’isola» (Andrea Agassi spiegando perché i figli avuti da Steffi Graf non faranno i tennisti).
Chi pratica sport ha maggiori capacità di apprendimento. Una ricerca dell’University of Illinois ha evidenziato che i bambini più sportivi, di età compresa tra i 9 e i 10 anni, hanno un ippocampo più grande rispetto ai loro coetanei più pigri e ottengono risultati migliori nei test di memoria.
Per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, si possono detrarre dalle tasse le spese sostenute per l’iscrizione annuale e l’abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica, per un importo massimo di 210 euro a persona.
A sette anni Giovanna Trillini iniziò a tirare di scherma. «Stavo giocando con mio fratello Roberto e mi sono rotta la clavicola. Il medico consigliò ai miei genitori di portarmi a scherma perché, a suo parere, era lo sport più adatto per far riacquistare all’arto la piena funzionalità». Nel 1986, a sedici anni, è diventata campionessa italiana assoluta di fioretto. La più giovane vincitrice di un titolo assoluto della storia della scherma italiana.
La scherma si può iniziare a praticare dai 6 anni d’età, usando il fioretto di plastica. Le “prime lame” arrivano invece intorno ai 9 anni. Il Club Scherma di Jesi, la scuola di Valentina Vezzali e Giovanna Trillini, avvicina i più piccoli alla scherma offrendo a chi si iscrive per la prima volta tre mesi di prova gratuiti, che in caso di conferma, si concretizzano, in uno sconto di 120 euro sulla quota annua di 450 euro (50 euro di tesseramento e 400 di quote sociali). L’attrezzatura, durante i mesi di prova, viene messa a disposizione dalla società, poi si può acquistare o prenderla in affitto. I prezzi? 150 euro per una maschera, 30 euro per un guanto, 25 euro per un passante, 100 euro per un giubbetto elettrico (20 euro in affitto), 190 euro per la divisa (50 euro in affitto), 120 euro per il fioretto (15 euro in affitto).
In Italia i tesserati del rugby under 10 sono 6.012, 10.590 gli under 14. Per il minirugby, la versione del rugby per bambini e ragazzi dai 6 ai 15 anni, i club privati hanno costi che vanno mediamente dai 250 ai 550 euro all’anno. Generalmente l’attrezzatura è compresa, tranne gli scarpini (a partire da 40 euro).
«Mi rendo conto che passare da un appuntamento all’altro può essere frustrante. Il mio ultimogenito, Luchino, l’anno scorso andava dalla logopedista tre-quattro volte alla settimana, più il calcio. Finché ci siamo resi conto che non aveva più un pomeriggio libero. E infatti lui protestava: mamma, voglio giocare!» (Luisa Beccaria).