STEFANO CARLI, la Repubblica affari&finanza 11/10/2010, 11 ottobre 2010
L’IMPIEGO ORMAI SI CERCA E SI TROVA IN RETE LE NUOVE TECNOLOGIE HANNO RIVOLUZIONATO IL SETTORE DELLE RISORSE UMANE CAMBIANDONE I MECCANISMI, IL MODO DI SVOLGERE LE SELEZIONI, GLI STESSI CRITERI DI SCELTA
Cercare e trovare lavoro con Internet? E come fare diversamente? Ormai è come dire che si è cercato lavoro con il telefono. Ma lo strumento è ancora nuovo e non tutte le sue potenzialità e le possibilità che offre, sia a chi cerca che a chi offre lavoro, sono state ancora esplorate con completezza. Per questo il Politecnico di Milano vi ha dedicato un altro dei suoi Osservatori: lo "Human Resource Innovation Practices". «E’ soprattutto una community di ricercatori e "recruiter", ossia i selezionatori per conto delle aziende, che si incontrano periodicamente per scambiare valutazioni, esperienze che poi confluiranno in un convegno che realizzeremo il prossimo giugno – spiega Mariano Corso, docente di Organizzazione aziendale del Politecnico che lo coordina – Le nuove tecnologie, i social media in particolare, hanno rivoluzionato il settore delle risorse umane, il modo in cui operano, come cercano candidati, come svolgono le selezioni, gli stessi criteri di scelta. E ha scardinato un mercato, quello dei servizi a supporto del recruiting (cacciatori di teste, agenzie di ricerca di personale) che avevano il loro punto di forza nell’ampiezza e nella qualità dei database di curriculum e profili, organizzati per referenze. Oggi questi database sono superati in ampiezza e anche in aggiornamento dai grandi social network, da Facebook a MySpace, da Twitter a Linkedin».
Il lavoro dunque si cerca e si trova sulla Rete. Ma quale lavoro? Il Web è uno strumento e in quanto tale ognuno deve imparare ad usarlo al meglio delle sue esigenze. Se si cerca un lavoro generico, tipo commesso alle vendite (poco importa se in un negozio o in un call center), o un ruolo amministrativo generico, l’aspetto rilevante è quello geografico: si cerca nella propria città. E in questo caso basta l’Internet tradizionale. Il motore di ricerca rimanda rapidamente su siti specializzati, che si stanno moltiplicando a centinaia, proprio come prima si compravano i giornali specializzati in inserzioni: i 40 mila in corsa a Catania per i 240 posti della nuova sede Ikea possono averlo saputo indifferentemente all’edicola o sul web.
Diverso quando invece si sale verso profili professionali più complessi. E’ qui che le potenzialità della Rete si esprimono al massimo. Ed è qui che entrano in ballo i social network. Le ricerche si fanno "chirurgiche", il numero dei candidati potenziali si riduce. In compenso la ricerca può andare anche oltre i confini nazionali e a volte anche continentali. Come nel caso del Rina, il Registro Navale Italiano, società che si occupa di certificazione nei più diversi settori, e che ha di recente selezionato candidati per videoconferenza per posti disponibili in varie parti del mondo. Gli aspiranti dovevano presentarsi nella sede locale, ma a volte sono stati anche "intervistati" da casa, via pc, dopo aver ricevuto il link a cui connettersi via mail o via instant messaging. E’ ancora un caso estremo, usato soprattutto dalle multinazionali (sempre in Italia anche Accenture seleziona così i suoi profili) ma che andrà diffondendosi man mano che le aziende prenderanno coscienza dei risparmi di tempo e di viaggi che questo sistema garantisce.
Intanto ci sono aziende, come la Ch2m Hill, una società di ingegneria ambientale, che ha aperto un suo profilo su Twitter in cui in tempo reale dà conto dei posti disponibili. Si tratta ovviamente di profili estremamente specialistici.
Questo dal punto di vista delle aziende, ma che accade da quello dei candidati? Gli italiani iscritti a Facebook a settembre erano 16,5 milioni. MySpace, meno legato al chiacchiericcio e più usato per promuovere attività professionali, ne conta circa 2,7 milioni. Il supercitato Twitter, considerato in pieno boom, non dovrebbe superare i 100 mila, almeno secondo le stime più pessimistiche. Linkedin, il maggior social network professionale specializzato, con 70 milioni di utenti nel mondo, ne conta un milione in Italia.
Sono questi ormai i grandi database, per di più costantemente aggiornati a costo zero dagli stessi utenti. E qui "pescano" responsabili di risorse umane delle aziende, cacciatori di teste e agenzie di ricerca di personale. Quindi essere nei social media è importante. Anche perché, a certi livelli, non esserci inizia a venire visto come un fattore negativo. Le aziende grandi, o nel caso di quelle più piccole, le società di recruiting, fanno controlli in Rete sui loro candidati: Internet disintermedia in entrambi i sensi, sia dai candidati alle aziende che viceversa. Negli Usa già si parla della "2.0 Jungle" per spiegare come tutto questo possa trasformarsi in un campo minato. Non sarà bello ma è così e bisogna saperlo. E bisogna saper usare questi strumenti.
«Chi usa i sociali media 2.0 deve imparare a darsi una strategia, deve costruire la propria "identità professionale online" – spiega Davide Bennato, docente di Sociologia dell’innovazione all’università di Catania – Che vuol dire? Che la Rete veicola un’immagine di noi, fatta sia di ciò che mettiamo esplicitamente, sia di ciò che diciamo in rete nei social media. Prima c’erano i blog. Chi ne aveva uno dava un’idea immediata di sé e dei propri interessi, in modo esplicito. Chi non ne aveva uno non era in rete. Oggi invece con i social network ognuno racconta molte cose di sé in siti e in momenti diversi. Parla della propria vita privata. E’ nato insomma un Web delle conversazioni e per questo nascono motori di ricerca come Social Mention (http://socialmention.com) o Wordle (www.wordle.net) che cercano in tempo reale nelle conversazioni in rete».
La propria immagine online è un fattore che va monitorato e soprattutto va costruito, sapendo che la potenza della Rete abbatte i muri tra pubblico e privato. Ma sapendo anche che, alla fine, tutto questo non è altro che un immenso passaparola planetario e che il principio che ne sta alla base altro non è che quello delle relazioni: si arriva ad un posto perché in qualche modo si viene presentati. Ma non è una raccomandazione (che viaggia su ben altre "reti"): qui in fondo a presentarci non siamo altri che noi stessi e le relazioni che ci costruiamo.