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 2010  ottobre 11 Lunedì calendario

SUPERRICCHI GIÀ OLTRE LA CRISI CRESCONO ANCORA I PATRIMONI - I

portafogli dei paperoni italiani sono tornati in salute come nel periodo precrisi, anzi meglio. Secondo l’ultima ricerca condotta da Aipb (Associazione Italiana Private Banking) e Prometeia, la ricchezza private in Italia ammonta a 896 miliardi di euro, il valore più alto di tutti i tempi, con una crescita del 3,2% rispetto agli 869 miliardi del 2009: lo 0,5% arriva da performance positive mentre il 2,7% è dovuto a nuove iniezioni di liquidità, grazie soprattutto al patrimonio rientrato con lo scudo fiscale. Un risultato che è merito anche della capacità di resistenza mostrata dal private banking italiano nella fase più dura della crisi: «Grazie a un approccio prudente negli investimenti, nel 2008 le strutture attive nella penisola hanno perso il 6% del valore degli asset in gestione, contro il 14,2% delle banche private nordamericane e il 16,1% della media degli istituti europei onshore», spiega Bruno Zanaboni, segretario generale di Aipb. La ripresa è, invece, stata in linea con un 2009 a +12,1% per le italiane, a +12% per le europee onshore e a +14,1% per le americane.
Il 45% dei ricchi patrimoni è affidato al private banking, che a giugno gestiva in Italia 391 miliardi, lo 0,5% in più rispetto a quanto rilevato a fine 2009. Dario Prunotto, da poco nominato presidente di Aipb, traccia il profilo del cliente tipo: «Il 39% delle masse gestite dal private banking appartiene a imprenditori, che hanno un patrimonio finanziario medio pari a 3,33 milioni e un’età media di 60 anni». Segmentando la clientela per fasce d’età, il primato va agli over 64enni, con il 45% del totale, contro il 23% della fascia 5564 anni, il 18% dei 4554enni e appena il 14% degli under 44.
Rispetto a precedenti rivelazioni, spicca la presenza di un’elevata quota di casalinghe (8% della clientela totale), terze dopo i pensionati (23%), ma davanti ai dipendenti (7%), ai dirigenti e ai liberi professionisti. Per lo più si tratta di vedove, divorziate o ereditiere, con un’età media di 65 anni e un patrimonio medio affidato alla banca private di 2,26 milioni di euro. La classifica per regioni vede in testa la Lombardia, con il 29,74% dei Paperoni italiani, seguita da Emilia Romagna (11,1%) e Veneto (10,4 per cento). Chiudono la lista Molise e Basilicata.
Lo studio prende in considerazione anche l’evoluzione degli investimenti, con i clienti che nel postcrisi prediligono portafogli diversificati, ma caratterizzati da prodotti poco sofisticati, di cui ritengono di riuscire a valutare la rischiosità. Così cresce la componente investita in assicurazioni (dal 7,1% all’8,3%) e trovano sempre più spazio le gestioni patrimoniali (dal 16% al 17,1%), i fondi comuni (da 12,2% a 13,3%), le obbligazioni (da 15,2% al 19,8%). Mentre scende il peso delle azioni (da 13,2% a 11,3%), della liquidità (dall’11,6% al 10,9%) e dei titoli di Stato (da 14,1% a 9%), questi ultimi evidentemente penalizzati dalla sfiducia generata dalla crisi del debito sovrano in molti stati. Su queste scelte incide una considerazione complessiva sulla propria ricchezza: dovendo spesso fare scelte delicate per la propria professione o azienda — tipico il caso del passaggio generazionale o dell’iniezione di liquidità per fronteggiare il difficile contesto economico — i detentori di ricchi portafogli preferiscono essere prudenti sul fronte degli investimenti mobiliari.
Resta stabile il mix di investimenti non finanziari: il luxury (come auto, navi e jet) sale al 10%; sono apprezzati anche gioielli, orologi, investimenti in opere d’arte che si aggiungono a chi non disdegna lo sport investendo capitali in squadre di calcio, vela e cavalli.
La ripresa del mercato è evidente anche a livello internazionale: «Dopo il calo registrato nel 2008 (a quota 47 miliardi di dollari, dieci in meno del 2007), nel 2009 l’industria del risparmio gestito ha raggiunto quota 52,6 mila miliardi di dollari, trainata soprattutto da Asia e Nordamerica», spiega Andrea Viganò, membro di Aipb e responsabile Italia di BlackRock. Così le stime per il 2014 indicano un patrimonio in gestione per 70mila miliardi di dollari, che vorrebbe dire una crescita media annua del 6%. Anche all’estero i detentori di ricchi portafogli puntano su soluzioni tendenzialmente prudenti e concentrano l’investimento azionario sulle aree di residenza.