Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 9/10/2010, 9 ottobre 2010
NEI PAESI EMERGENTI RISPARMIO A RISCHIO BOLLA - I
capitali globali sono in movimento. Da quando il quasi azzeramento dei tassi d’interesse nei paesi sviluppati spinge i capitali ad andare in giro per il mondo alla ricerca di maggiori ritorni, molte banche centrali dei mercati emergenti stanno intervenendo pesantemente, comprando i capitali arrivati dall’estero e riesportandoli in modo da impedire alle loro valute di apprezzarsi. Altri paesi stanno imponendo controlli sui flussi di capitale in un modo o nell’altro. In queste settimane, il Giappone è diventato il primo grande paese industrializzato a intervenire direttamente sul mercato valutario.
Perché nessuno vuole che i capitali fluiscano verso il proprio mercato?
La porzione di capitale che non viene riesportata rappresenta l’afflusso netto di capitale. Questo finanzia la spesa domestica in beni esteri. Quindi, una ragione per cui ai paesi non piace ricevere capitali è che questi implicano più "fuoriuscite" di domanda interna. Di fatto, dal momento che l’afflusso di capitali spesso causa un apprezzamento del tasso di cambio, l’aumento della spesa in beni esteri è spinta anche dalla minore competitività dei beni prodotti all’interno del proprio mercato.
Ma oltre a questo il Brasile ha anche registrato un forte incremento del potere d’acquisto della sua valuta.
Ormai tutti sono consapevoli che le economie avanzate hanno subito un pesante scossone da domanda negativa, probabilmente uno di quelli duraturi, che le ha cacciate in una situazione da trappola della liquidità. Il che significa che gli investitori di questi paesi possono aspettarsi tassi d’interesse bassi e rendimenti bassi sugli investimenti, e dunque grossi deflussi di capitali verso paesi in via di sviluppo come il Brasile, che non hanno subito un colpo della stessa entità. Ma ora la domanda è questa: paesi come il Brasile hanno motivo di preoccuparsi dell’apprezzamento della valuta nazionale, che comincia a produrre effetti negativi sulla loro economia? Per come la vedo, la cosa potrebbe rappresentare un problema da due punti di vista.
Il primo è che l’apprezzamento della valuta produce un calo della domanda e quindi un maggiore disavanzo nel saldo con l’estero, uno squilibrio che si verifica quando le importazioni superano le esportazioni, creando debito per quella nazione. In parte, questo squilibrio può essere compensato tagliando i tassi d’interesse a livello nazionale. Ma se l’effetto contrattivo è consistente, rischia di spingere i mercati emergenti in una trappola della liquidità. I 33 paesi dell’Ocse possono esportare una trappola della liquidità ai paesi in via di sviluppo attraverso i flussi di capitale.
In secondo luogo, c’è il rischio di un’altra "eccedenza di risparmi mondiale", come disse il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke in un discorso nel 2005. Io e mia moglie, Robin Wells, sosteniamo che questa eccedenza di risparmi è stata determinata principalmente dai surplus dei paesi in via di sviluppo, e che probabilmente è stata la principale causa scatenante della bolla immobiliare sulle due sponde dell’Atlantico.
In un articolo pubblicato a settembre dalla New York Review of Books abbiamo spiegato che i paesi in via di sviluppo in passato registravano un disavanzo commerciale con le economie avanzate perché compravano beni indispensabili per lo sviluppo economico, come i macchinari. Negli anni 90, però, alcune economie emergenti hanno cominciato a registrare forti eccedenze commerciali con i paesi ricchi, per accumulare riserve in valuta estera come assicurazione contro le crisi. Hanno acquistato colossali quantità di obbligazioni e asset di nazioni come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Spagna, e questo ha significato grandi afflussi di capitale, che hanno spinto verso il basso i tassi di interesse a lungo termine in America e in Europa. A loro volta, i prezzi delle case sono saliti molto più del dovuto, e questo ha portato a una bolla.
Una nuova versione di questa eccedenza di risparmi, trainata dalla domanda debole nel Nord del mondo, potrebbe produrre problemi analoghi nei paesi in via di sviluppo? Vale la pena di ragionarci su.
(Traduzione di Fabio Galimberti)