Umberto Eco, Il Sole 24 Ore 10/10/2010, 10 ottobre 2010
SPOSI, STORIA INTRAMONTABILE
Qualche adulto, vedendo che leggete questa storia, vi dirà di fermarvi qui perché I promessi sposi, il libro vero scritto da Alessandro Manzoni, è una gran pizza, noioso e illeggibile. Non dategli ascolto. Molti pensano che I promessi sposi sia noioso perché sono stati obbligati a leggerlo a scuola verso i quattordici anni, e tutte le cose che facciamo perché siamo obbligati sono delle gran rotture di scatole. Io questa storia ve l’ho raccontata perché mio papà mi aveva regalato il libro prima, e così me lo ero letto con lo stesso piacere con cui leggevo i miei romanzi d’avventure. Certo, era più impegnativo, certe descrizioni sono un poco lunghe e si incomincia a gustarle dopo averle lette due o tre volte, ma vi assicuro che il libro è appassionante.
Non so se oggi a scuola lo fanno ancora leggere; se avrete la fortuna di non doverlo studiare, quando sarete grandi provate a leggerlo per conto vostro. Ne vale la pena. Alessandro Manzoni, per scrivere questa storia, ci ha messo vent’anni. Ha iniziato nel 1821 (pensate, quasi duecento anni fa) e ha finito nel 1840. La prima storia è apparsa nel 1823 come Fermo e Lucia; ma Manzoni non ne era soddisfatto, e si è messo a riscrivere il romanzo che è uscito come I promessi sposi nel 1827. Ma anche lì, nonostante il grande successo del libro, Manzoni non era contento. Ci ha messo una dozzina d’anni e l’edizione definitiva è uscita tra 1840 e 1842, con bellissime illustrazioni che Manzoni ha discusso una per una con il disegnatore, Gonin.
In questa edizione Manzoni ha voluto migliorare la lingua e si è ispirato all’italiano che si parlava a Firenze (diceva di avere «risciacquato i panni in Arno») per riuscire a farsi capire in modo chiaro e comprensibile da tutti gli italiani, che allora parlavano tante forme di italiano diverse. Ma questa edizione aveva anche delle ragioni economiche. Infatti all’epoca non erano chiare le leggi sul diritto d’autore, per cui chi ha scritto un libro dovrebbe essere protetto da un contratto e prendere almeno il dieci per cento su ogni copia venduta. Se qualcuno ripubblica l’opera senza dire niente all’autore, e quindi senza dargli neppure un soldo, abbiamo quella che si dice una edizione pirata.
Ebbene, l’edizione del 1827 aveva avuto un tale successo che nello stesso anno ne erano state fatte otto edizioni pirata, e nel giro di dieci anni ne erano uscite ben settanta, per non dire delle traduzioni in altre lingue. Pensate, settanta edizioni, un sacco di gente che legge il libro e dice «quanto è bravo questo Manzoni» e il povero Manzoni non vede il becco di un quattrino.
Per cui Manzoni si era detto: «Ora ne faccio una nuova edizione, la faccio uscire un fascicolo alla settimana, con illustrazioni che nessuno potrà copiare facilmente, e così sistemo i pirati!». Niente da fare: un editore di Napoli era riuscito a fare uscire fascicoli pirata quasi nelle stesse settimane, e anche lì Manzoni, che aveva fatto stampare un gran numero di copie, non solo non ha guadagnato niente, ma ci ha rimesso del suo per le spese di stampa. Meno male che era di buona famiglia, anche se non era molto ricco, e non è morto di fame.
Perché Manzoni, che sino ad allora aveva scritto bellissime poesie e drammi in versi, aveva dedicato tanto tempo a questa storia, che pareva una storia da niente, di due fidanzati che fanno fatica a sposarsi, ma poi se la cavano? E perché una storia che si svolgeva nel mille e seicento, e cioè in un secolo lontano non solo da noi ma anche dai lettori di quel l’epoca? Ma Manzoni era, oltre che un grande scrittore, un buon patriota; in quegli anni l’Italia era ancora divisa, e la Lombardia dove lui viveva era dominata dagli austriaci. Erano gli anni del Risorgimento, terminato con l’unificazione del l’Italia come nazione, e avrete sentito dire che si stanno celebrando i cento e cinquant’anni dell’unità d’Italia. E Manzoni, raccontando la storia di una Lombardia dominata dagli stranieri (che ai tempi della sua storia erano spagnoli e non austriaci) stava raccontando vicende che i suoi lettori sentivano molto simili alle loro. Questo spiega in parte il successo del libro, ma non si capisce perché avesse appassionato anche gli stranieri, o perché la storia sia stata ripresa negli anni seguenti dal cinema, dalla televisione e persino dal fumetto (ricordate «Topolino», I promessi topi?). È che si tratta di una bella storia, altro che storie. Quando leggerete il libro vedrete anche che Manzoni fa finta di scopiazzare un antico quaderno, scoperto quasi per caso: si tratta di una trovata usata da molti romanzieri, per dare l’impressione al lettore che si tratta di una storia vera. Ma in realtà si è poi scoperto che molti dei personaggi di cui si racconta nel romanzo, dalla monaca di Monza all’Innominato, per non dire del cardinal Federigo e di altri, erano esistiti davvero.
Infine, I promessi sposi rimane importante per i lettori italiani perché in Italia, nei due secoli precedenti, si erano scritti dei romanzi di scarso valore, mentre in Francia, in Inghilterra, in Germania apparivano romanzi grandissimi. Ebbene, il libro di Manzoni è stato il primo grande romanzo italiano e ha avuto una influenza enorme su tutti gli scrittori che sono venuti dopo. Anche su quelli che lo hanno giudicato noioso.