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 2010  ottobre 11 Lunedì calendario

PERCHE’ TORNANO I JUNK BOND?


I junk bond, le obbligazioni spazzatura, sono tornati in voga. Che cosa sono?
Sono obbligazioni che garantiscono un rendimento molto alto in conseguenza di un rischio altrettanto alto di insolvenza dell’emittente (la società che li ha messi sul mercato per raccogliere denaro, chiedendo nei fatti un prestito agli investitori). Siccome c’è il pericolo che non vengano rimborsati interamente, sono detti spazzatura. Ma al mercato fanno gola, perché la crisi ha insegnato che - con l’eccezione di Lehman Brothers - gli Stati hanno deciso di soccorrere le attività finanziarie in difficoltà. Come ha detto Tremonti a Washington, dopo la crisi del ‘29 i governi aiutarono solo le aziende, mentre dopo quella del 2007 hanno aiutato anche la speculazione.
Se sono a rischio, perché c’è chi li compra? E perché non è vietato scambiarli?
C’è chi li compra perché sul mercato i tassi dei bond affidabili sono ormai bassissimi e il margine per le speculazioni è ridotto all’osso. Naturalmente ci sono condizioni economiche (di un Paese o di una società) al di sotto delle quali non si possono emettere obbligazioni. I bond spazzatura (in inglese junk) sono appena al di sopra di quel livello. E poi gli speculatori che comprano, essendo investitori professionisti, sanno cosa fare: costruiscono altri portafogli con alti titoli, operano riassicurazioni e si difendono da eventuali crac, bilanciando questo tipo di investimento. Un divieto a prescindere, tra l’altro, sarebbe contrario alla teoria - discutibile - che sta alla base della finanza come la conosciamo oggi: il mercato dice sempre la verità e sa tornare in equilibrio. Basta lasciarlo fare.
Succede spesso che un junk bond non venga rimborsato?
Non spessissimo, ma i precedenti sono tutti dolorosi. Il più eclatante risale al 2001: il famigerato crac argentino. Buenos Aires non fu in grado di rimborsare obbligazioni per 18,3 miliardi di dollari, 4,5 dei quali erano in mano a quasi 200 mila risparmiatori italiani. Che improvvisamente scoprirono che i documenti sui quali erano registrati i loro investimenti valevano un po’ meno della carta su cui erano stati stampati.
Com’è andata a finire?
Non benissimo. L’ultima offerta del governo argentino prevede di restituire ai risparmiatori titoli nuovi di due tipi diversi. Il primo si chiama Discount, prevede un taglio del 66,3% del valore nominale e sarà rimborsato nel 2033. Il risparmiatore riceverà un terzo di quello che ha investito 32 anni dopo: gli toccherà lasciarli ai figli. C’è anche un’offerta Par, senza tagli del valore nominale. Quest’ultima sarà rimborsata nel 2038, addirittura 37 anni dopo. Ai nipoti.
Com’è possibile che i piccoli risparmiatori siano entrati
in un mercato tanto pericoloso?
Allettati dai tassi di interesse, che viaggiavano intorno al 7%. E in qualche caso - non è esaltante ma è stato accertato in Tribunale - perché le stesse banche, annusando l’arrivo del ciclone, scaricarono i bond sui loro clienti convincendoli che stavano facendo un buon affare. Il paradosso è che la documentazione che accompagnava quei bond diceva chiaramente che si potevano vendere solo a investitori professionali.
Una volta che il bond è diventato spazzatura che si fa? Si va in Tribunale?
Si può fare. Ma bisogna tener presente che gli Stati sovrani (come l’Argentina) non sono pignorabili. Le grandi multinazionali all’estero sono altrettanto difficili da raggiungere: le cause comportano trasferte all’estero e sono molto costose. Ad oggi la strada migliore è stata quella di portare in giudizio la società italiana che aveva venduto il titolo al risparmiatore. Naturalmente, a patto che questa abbia eluso gli obblighi informativi: ciò che era in voga prima del caso argentino e oggi usa molto di meno. Banche e società finanziarie hanno imparato la lezione.
Come ci si difende dai bond spazzatura?
Basta il buon senso, anche se un buon consulente finanziario è la scelta più intelligente. Quando il rendimento di un titolo sale molto rispetto alla media del mercato non è - come qualcuno potrebbe indurre a credere - perché è un «titolo molto buono» o perché la Dea Bendata ha bussato alla nostra porta. Al contrario è proprio perché il titolo è ad alto rischio, e chi lo emette è disposto a pagare di più per i soldi prestati dal risparmiatore. È successo con i bond greci, che viaggiavano vicini al 6%, quando i tassi sono intorno allo zero. Quei titoli hanno avuto molto successo, perché nessuno crede davvero che la Grecia fallirà. Ma nessuno avrebbe creduto che Lehman Brothers sarebbe fallita. Bisognerebbe inventare una linea dell’investimento «affari tuoi». Se il rendimento è molto più alto della media delle obbligazioni, allora l’investitore entra nella zona «affari tuoi». L’investimento può rendere molto bene, ma se non funziona sono affari tuoi.