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 2010  ottobre 11 Lunedì calendario

L’AUTERITA’ PREVALE SUL RILANCIO


Nella crisi, nessun governo dei paesi avanzati ha potuto mantenere le sue promesse elettorali. In Italia, il divario tra il programma e le realizzazioni ha aspetti tutti suoi. L’austerità di bilancio voluta da Giulio Tremonti, lodata dall’Europa, dal Fmi, dall’Ocse, è remota dal manifesto con cui il Popolo delle libertà si era presentato al voto, centrato sul «rilancio dello sviluppo». Alcune delle prime misure che il governo aveva adottato nell’estate 2008 in attuazione del programma si sono rivelate poco appropriate alla crisi.
Nell’insieme, l’austerità di bilancio si è rivelata una scelta giusta specie da quando i mercati hanno preso di mira altri paesi europei ad alto debito, risparmiando l’Italia. In tutta Europa tramonta la moda secondo cui la ricetta giusta era sempre e soltanto abbassare le tasse. Inoltre, a giudizio di molti economisti, meglio che abolire l’Ici sulla prima casa - punto centrale del programma del Pdl, attuato per primo - sarebbe stato intervenire su altre imposte che colpiscono le imprese o il lavoro, in modo da migliorare la competitività.
Nell’insieme, la pressione fiscale è leggermente aumentata, dal 42,9% al 43,2% del Pil. Un leggero calo invece si ottiene per la pressione tributaria in senso stretto (solo le tasse vere e proprie, non i contributi sociali), dal 28,0% del 2008 al 27,1% del 2009, qualora se ne escluda il gettito una tantum dello «scudo», i proventi dei giochi e l’Ici. Data la crisi, la disoccupazione sale: circa 850.000 posti perduti. Il dato ufficiale, 8,4% senza lavoro nel II trimestre, corretto per la cassa integrazione sale a 11,7%. L’incognita è quanti cassintegrati rientreranno; la Confindustria non è ottimista.
Al primo punto del capitolo 1 del programma del Pdl c’era la «detassazione di straordinari, premi e incentivi legati a incrementi di produttività». Subito realizzata, non è stata utile. Incentivare gli straordinari funziona in tempi di rapida crescita economica. Ma in tempi di recessione gli straordinari non si sono fatti, e in tempi di faticosa ripresa la priorità è invece che le imprese ricomincino ad assumere. Dunque è stato lo stesso governo a lasciar cadere. La detassazione degli incrementi di produttività, invece, è vista con favore dagli economisti.
Tra le promesse fiscali, sono inattuate le due di maggior effetto propagandistico, detassazione delle tredicesime e abolizione dell’Irap: «graduali e progressive», si cautelava il programma in entrambi i casi, ma non si è mai cominciato. «Graduale» doveva essere pure la riduzione dell’Iva sul turismo, e anche quella manca; meglio così, dato che in Francia non ha portato ad alcun ribasso dei prezzi per i clienti.
Realizzato con prontezza è l’impegno dell’«Iva per cassa» gradito alle piccole imprese (versamento dovuto solo dopo il reale incasso della fattura). Nel frattempo, i ritardi di pagamento della pubblica amministrazione si sono accresciuti, secondo la Banca d’Italia, da una media di 204 giorni nel 2008 a 218 nel 2009. Le compensazioni Iva, facilitate nel 2008, sono state sottoposte a restrizioni dal 2010, dopo aver constatato che gli spazi per l’evasione si erano allargati.
Il programma del Pdl prevedeva "liberalizzazione dei servizi privati e pubblici per migliorare il rapporto qualità/prezzo a favore dei consumatori". Nel settore privato il governo non ha preso misure di rilievo, come notano Antitrust e Ocse. Caso limite, i taxi: nessuna liberalizzazione, cosicché alcuni sindaci hanno dato via libera a un aumento delle tariffe. Per i servizi pubblici locali è stata approvata una legge che accresce la concorrenza; alla Confindustria non basta, mentre la Banca d’Italia la giudica inadatta a risolvere i conflitti di interesse nelle amministrazioni locali.
Si promettevano anche interventi su infrastrutture e fonti di energia. Il ritorno al nucleare è in marcia. Non ci sono soldi invece per internet a banda larga «su tutto il territorio nazionale». Nell’insieme, le risorse destinate a investimenti pubblici risultano in forte calo: -9,7% quest’anno, -14,6% nel biennio 2011-2012.
Il «rilancio» resta il primo problema da affrontare; dato che, come ha notato la presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, l’Italia esce dalla crisi peggio di molti altri paesi europei. «Quanto a competitività, non abbiamo solo perso terreno con la Germania, lo abbiamo perso rispetto a noi stessi: il lavoratore italiano medio produce meno di quanto producesse 10 anni fa» avverte Lorenzo Bini Smaghi della Banca centrale europea.