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 2010  ottobre 11 Lunedì calendario

E I BOND SPAZZATURA CORRONO


Sono tornati, e anche di gran carriera. Si chiamano bond, junk bond, le obbligazioni spazzatura che garantiscono rendimenti molto alti perché comportano un alto livello di rischio. Il loro rating è estremamente basso, gli interessi corrono e fanno gola al mercato. Nei primi nove mesi dell’anno in tutto il mondo sono stati collocati titoli di questo tipo per 275 miliardi di dollari: nello stesso periodo del 2009 ci si era fermati a quota 163 miliardi, dicono i dati di Dealogic, che certificano una crescita del 58%. Lo spread (la differenza) rispetto al rendimento dei titoli di Stato americani è salito a 625 punti base. Nel giugno 2007, prima della tempesta, era intorno a 250.
I trader sono concordi: «Dal 1988 in poi questo è il momento migliore che si sia mai visto - spiegano -. E il mercato dei titoli ad alto rendimento sembra orientato a crescere ancora». Gran parte di questa fiducia si deve al fatto che le contromisure prese per la grande crisi hanno dimostrato che i governi non hanno intenzione di permettere il fallimento delle grandi istituzioni finanziarie.
A questo punto, chiaro che un bel bond spazzatura diventa estremamente appetitoso. Questa settimana il rendimento dei T-bond Usa (i titoli di Stato del Tesoro americano) è crollato allo 0,36%, mentre il junk bond offre un interesse medio del 7,5% circa. Il segnale non è rassicurante: Wall Street conobbe una miscela analoga di tassi bassi e corsa dei prodotti ad alto rischio sia alla vigila della bolla delle dot.com all’inizio degli Anni Novanta sia poco prima di quella immobiliare del Duemila. La situazione, oltretutto, è complicata dalla ripresa che stenta: sono molte le aziende in gravi difficoltà che prima di cadere vanno a cercare liquidità sul mercato obbligazionario. Se la mossa riesce, gli investitori rivedono i soldi. Se il passo fallisce, cominciano i guai. Basta un crac solo, anche piccolo, per scatenare il panico sui mercati, con indici che precipitano e aziende che saltano. Una giostra già vista.
Con la differenza che negli Anni 80 le aziende emettevano bond per fare acquisizioni mentre oggi, spiegano a Wall Street, lo fanno per rinegoziare debiti già esistenti o - in qualche caso - per pagare dividendi ai private equity che le hanno acquisite prima del grande crollo. Il denaro investito per crescere ha meno difficoltà a rendere bene di quello cercato per tappare le falle di una contabilità traballante. L’indice di Bank of America Merrill che traccia il mercato dei junk bond è salito nei giorni scorsi oltre quota 100 per la prima volta da quando è iniziata la crisi. E di spazzatura sul mercato ne arriverà ancora parecchia, giurano nelle sale operative.
È interessante anche il confronto con l’intero mercato delle obbligazioni. Da gennaio a settembre ne sono state collocate sul mercato mondiale per 4.500 miliardi di dollari, con un calo dell’8% che accostato alla crescita dei junk già citata (58%) fa impressione. E i collocamenti di obbligazioni a basso rendimento - quelle meno sicure - sta calando. Il mercato, insomma, torna a giocare con l’ottovolante. Come se non si fosse mai fatto male, come se non fosse successo nulla.
Per ora va bene a tutti: alle banche che incassano più commissioni (mentre il mercato calava dell’8% queste ultime crescevano dell’1% e mentre i titoli ad alto rischio sono cresciuti del 58, le loro commissioni hanno fatto un balzo del 93). Va bene alle imprese, che riescono a raccogliere liquidità senza troppe difficoltà anche se sono in crisi, va bene agli investitori che - almeno sulla carta - si vedono garantiti ottimi ritorni dai loro investimenti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: gli investitori sono spinti dagli interessi a scommettere sui titoli incerti, forse dimenticando quali potrebbero essere le conseguenze. Il boom delle obbligazioni junk, sul versante opposto, spinge aziende instabili a correre ai ripari sul mercato del credito. Il cane ha ricominciato a rincorrere la sua coda. Un girotondoo pericoloso.