GUIDO RAMPOLDI, la Repubblica 10/10/2010, 10 ottobre 2010
VITTIME DEL CAOS E DEI MERCANTI D´OPPIO
Ritiro entro il 2011, ribadisce il ministro della Difesa La Russa. Ritiro parziale, ritiro totale? E cosa ne sarà dell´Afghanistan, dopo? Al momento l´unica cosa chiara è che gli occidentali dovranno mitigare il loro fin troppo evidente desiderio di dileguarsi con il rischio di provocare contraccolpi devastanti in un´area tra le più strategiche del pianeta. Dunque il ritiro non sarà totale e chi parla di Vietnam non ha capito.
Resteranno le basi americane nel nord, e probabilmente anche quella sul confine con l´Iran.| Resterà una presenza Nato in appoggio all´esercito afgano, Afghan national army, in sigla Ana. Ma sarà quest´ultimo a vedersela con i Taliban nelle province meridionali e a sopportare il costo in vite umane del fronte che va da Kandahar all´Helmand, lì dove sono caduti la gran parte dei soldati occidentali uccisi in Afghanistan dal 2002 ad oggi. L´Ana sarà in grado di reggere l´urto? Oppure si squaglierà sotto i colpi della guerriglia, così come, tra il 1989 e il 1991, l´esercito addestrato dai sovietici si dissolse progressivamente sotto l´incalzare dei mujahiddin? Per quanto i pronostici siano sfavorevoli, i generali afghani avranno alle spalle l´aviazione americana e il sostegno occidentale: cioè l´aiuto che mancò al governo comunista di Najib Ullah, travolto dai mujahiddin solo quando Mosca sospese gli aiuti militari. Inoltre nessuna potenza dell´area, forse neppure l´Iran, vuole i Taliban a Kabul. E più in generale il reticolo degli interessi è così complicato che l´esito più ovvio, almeno in una prima fase, è un caos senza vincitori né vinti. Come a suo modo racconta anche la provincia afghana in cui è avvenuta l´imboscata agli italiani.
Farah è territorio di grandi traffici di oppio ed eroina che dalle piane irrigue del fiume Helmand raggiungono l´Europa via Iran. È interesse delle mafie implicate che tutta l´area permanga in uno stato di instabilità permanente, premessa perché i contadini continuino a coltivare il papavero e i mercanti possano trafficare l´oppio grezzo ricavato dal lattice delle piante.
Dunque queste mafie considerano i Taliban l´alleato naturale, con il quale si identificano anche quando non obbediscono ai precetti del mullah Omar. Se la loro scommessa finora è risultata vincente, è anche perché gli occidentali hanno opposto politiche a dir poco schizofreniche, almeno fino al 2007. Qua e là britannici e americani hanno sradicato campi di papavero e suscitato i rancori dei coltivatori; ma più spesso gli occidentali hanno ignorato, essendo chiaro che rischiavano una rivolta contadina. In ogni caso Farah è rimasto un punto di passaggio e di coltivazione, ragione sufficiente perché i mercanti di oppio la vogliano fuori da ogni controllo. Lo stesso obiettivo dei Taliban, che nell´area hanno creato un "governo-ombra" e arruolato giovani poverissimi, attratti dalla possibilità di guadagnarsi da vivere.
L´eroina è destinata all´Europa, ma non solo. Anche l´Iran è una vittima del traffico, sia perché parte della droga va ad alimentare il mercato persiano, sia perché le colonne di fuoristrada organizzate dalle mafie pashtun spesso attaccano le guardie di frontiera che tentano di fermarli. Teheran ha costruito lungo il confine un vero e proprio muro di sbarramento, però senza riuscire a scoraggiare quei predoni. Dunque in teoria gli iraniani dovrebbero partecipare agli sforzi per stabilizzare la provincia di Farah, così come forse hanno sperato gli italiani. Ma Farah preoccupa gli ayatollah per un secondo motivo: la presenza di una base americana, in teoria utilizzabile per operazioni oltreconfine, e comunque parte, insieme alle basi Usa nel Kurdistan iracheno, di un dispositivo militare che stringe il cerchio intorno all´Iran.
E questo spiegherebbe perché su quel confine i Taliban oggi siano in grado di impiegare ordigni di potenza molto superiore a quelli impiegati in passato: secondo un sospetto occidentale, a fornirli è lo spionaggio iraniano, assai attivo a Farah. Il passaggio di uomini e di merci sul confine è così intenso che in città si usa normalmente la valuta iraniana.
Entra di tutto, forse anche quanto occorre agli arsenali dei Taliban. Con questi ultimi però Teheran intrattiene rapporti circospetti, soprattutto dopo il 1998, quando i Taliban, conquistata la città di Maza-i-sharif, sterminarono l´intero personale del consolato iraniano. Li uccisero come spie oppure come eretici (in quanto sciiti), non è stato mai chiarito. Ma li uccisero, e questo suggerisce quanta diffidenza tuttora divida i due più acerrimi nemici degli occidentali in Afghanistan.
Altrettanto contraddittori sono gli interessi di altre potenze dell´area, riassumibili così: da una parte piace l´idea di una Nato ferita e sanguinante, ammaestrata dal fiasco afgano a non mettere mai più piede in Asia centrale; ma dall´altra nessuno vorrebbe i Taliban a Kabul. Neppure il Pakistan, a meno che i Taliban non fossero quelli che Islamabad controlla, eventualità che al momento pare remota. Unito al parziale disimpegno americano e Nato, tutto questo sembra congiurare ad un aumento dell´anarchia militare che in trent´anni ha trasformato l´Afghanistan in un grande cimitero. Di uomini, di ideali.