Federico Rampini, la Repubblica 5/10/2010, 5 ottobre 2010
Èufficiale, gli americani non credono più al libero scambio. Un sondaggio del Wall Street Journal e della tv Nbc rivela che nel paese-guida del capitalismo la maggioranza dell’opinione pubblica è diventata protezionista
Èufficiale, gli americani non credono più al libero scambio. Un sondaggio del Wall Street Journal e della tv Nbc rivela che nel paese-guida del capitalismo la maggioranza dell’opinione pubblica è diventata protezionista. La libertà di scambi a livello globale è vista ormai dal 53% degli americani come un danno per il paese. Questo incoraggia le varie iniziative protezioniste già in discussione al Congresso: dazi punitivi contro la Cina se non rivaluta la sua moneta, tasse alle multinazionali americane che delocalizzano attività all’estero. In realtà non è la prima volta che la patria dell’economia di mercato ha dei ripensamenti sui suoi principi. Tutte le recessioni più gravi, dalla Grande Depressione degli anni Trenta agli choc petroliferi degli anni Settanta, hanno provocato rigurgiti di protezionismo. Il più liberista di tutti i presidenti, Ronald Reagan, impose alle case automobilistiche giapponesi un contingentamento dell’export, una misura dirigista che riparando Detroit dalla concorrenza contribuì al suo declino di lungo termine. Il paradosso è che mentre il Tea Party con una lettura fondamentalista della Costituzione "sacralizza" lo Stato minimo, è allo Stato che tutti si rivolgono per chiedere protezioni contro la Cina e gli altri concorrenti.