Emiliano Guanella, La Stampa 9/10/2010, 9 ottobre 2010
IL CIRCO CHE ASPETTA IL RITORNO DEI 33
La notizia più attesa al «campamento Esperanza» arriva alla fine di una giornata lunghissima e piena d’aspettative.
a trivella del «Piano B» ha toccato nella notte il rifugio dove si trovano i 33 minatori, ora non resta che assicurare la prima parte del lungo foro nella montagna per proteggere la discesa della capsula nelle viscere della montagna che li porterà fuori, uno a uno. Un’operazione che potrebbe durare, al massimo, tre giorni: martedì prossimo potrebbe essere il D-Day. I minatori lo sanno e si stanno preparando al gran momento. Il loro «trasloco» è già iniziato: da un paio di giorni le sonde arrivano in superficie con i ricordi raccolti in più di due mesi di permanenza sottoterra. Piccoli frammenti di roccia, carte, oggetti minuscoli, ma preziosi, che li accompagneranno per il resto della loro vita. Settecento metri sopra di loro si è formata una piccola città, la babele del grande circo mediatico, i soccorritori, i volontari, i famigliari e gli amici, i rappresentanti del governo e di tutte le istituzioni chiamate in causa nella più grande operazione di salvataggio che il Cile ricordi.
La gara delle tv
La gara delle postazioni tv è già iniziata, un metro in più in altezza assicura migliore visibilità per i collegamenti da effettuare nel gran giorno. Si grattano le mani i falegnami di Copiapo, che hanno abbandonato lavori e cantieri in corso e si sono messi a costruire come forsennati con compensi molto più cospicui del solito. Impalcature di legno, piattaforme, piccole basi per gli inviati di Al Jazeera, Bbc e un’altra quarantina di televisioni presenti sul posto. I newtork americani hanno trasformato questa storia in un grande reality show, che fra poco si trasformerà in soap opera. Dopo la cronaca immaginata dei giorni sottoterra arriveranno i racconti dei protagonisti, i libri, i film. Cbs, Nbc e Abc stanno facendo a gara per avere le interviste in esclusiva con i minatori appena escono, i cachet chiesti dai famigliari lievitano al suon della concorrenza. Tomas Urzua, l’addetto del governo per la stampa internazionale, ha già distribuito 900 accrediti. Il suo ufficio è in una baracca a fianco dell’ingresso all’aerea delle operazioni, una sbarra presidiata da due carabineros restringe l’accesso esclusivamente ai tecnici impegnati sul posto. Dà il benvenuto ai nuovi arrivati, chiede loro se sono riusciti a trovare una sistemazione, l’intera rete di alberghi e ostelli di Copiapo e della sua vicina Caldera, che si trova sulla costa, è collassata.
Prezzi alle stelle
Tutto, ovviamente è diventato più caro, alcuni vicini si sono organizzati per affittare le loro case. In Cile non si trovano più caravan e camper a noleggio, alla base Esperanza ce ne sono più di cento, di tutte le dimensioni. I più moderni e attrezzati sono quelli di Reuters, che ha una ventina di persone sul posto fra giornalisti, producers, fotografi e cineoperatori. La televisione sovrana è, comunque TVN, il canale pubblico cileno, che sarà l’incaricato di trasmettere le immagini ufficiali del salvataggio. Il D-Day durerà non meno di 30 ore, scenderanno inizialmente due uomini della marina militare specializzati in operazioni di salvataggio e primi soccorsi.
L’ospedale da campo
A fianco delle trivelle è stato preparato l’ospedale da campo, i minatori saranno controllati e tenuti in osservazione per un’ora almeno, potranno avere un primo contatto con i famigliari e poi via in elicottero, a gruppi di cinque, verso l’ospedale di Copiapo, dove dovranno restare per almeno due giorni per sottoporsi a diversi controlli. I famigliari sono ansiosi, ma ci tengono a dire che non vogliono assolutamente che si facciano le cose in fretta, che si accorcino i tempi per permettere al presidente cileno Sebastian Piñera di avere la foto con i minatori tratti in salvo prima di partire per la sua visita di Stato in Europa, che dovrebbe iniziare il 17 ottobre.
«Abbiamo aspettato fin qui - racconta la signora Maria, mamma di Jimmy Sanchez - non ci costa niente attendere qualche giorno in più». Jimmy ha 19 anni, è il più giovane del gruppo. Aveva avvisato più volte i suoi del pericolo della miniera San José. «La nostra è una famiglia di minatori - spiega la madre - Jimmy aveva dei brutti presentimenti, voleva smettere a fine settembre. Grazie a Dio sta bene, è un ragazzo molto allegro, con un gran cuore, mi dice che è diventato un po’ il beniamino del gruppo. I più grandi gli fanno tutto il tempo degli scherzi, ma lo stanno anche proteggendo molto. Sono diventati una grande famiglia, li voglio abbracciare uno a uno». Ogni famiglia ha la sua piccola base. Una tenda, foto, messaggi. Thermos caldi di caffè e il fuoco per la notte. All’entrata della base il comune di Copiapo ha sistemato un piccolo ristorante, gestito da volontari. Si serve un pasto caldo al giorno, poi rimane aperto per 24 ore per dare piccoli snack, caffè, acqua. «Il pranzo - spiega Darla Rodriguez, infermiera volontaria posta dietro al bancone - è diviso in tre turni. Prima i famigliari, poi la stampa e infine i soccorritori. Non si servono bibite alcoliche, un paio di volte al giorno viene chiuso per celebrare la messa cattolica e un servizio evangelico».
I Brugueño
Al fianco del tendone principale c’è la postazione della famiglia Brugueño. Aspettano Carlos, di 27 anni, il minatore che nella prima lettera mandata in superficie ricordava alla madre di ritirare dagli armadietti degli spogliatoi dell’impresa lo zaino dove teneva trecentomila pesos, il salario degli ultimi quindici giorni. Al cambio fanno quattrocento euro. Alberto Perez è suo cugino e amico di Pedro Cortes, un altro dei «los 33». Sono cresciuti insieme, lavorava anche lui nella stessa miniera, aveva finito il suo turno dodici ore prima dell’incidente. «Li ho portati io a lavorare qui, ho un rimorso di coscienza grandissimo. Questa miniera era troppo insicura, due settimane prima dell’incidente un lavoratore aveva perso una gamba, ma i proprietari hanno fatto finta di niente. Dovrebbero andare in galera, scrivilo pure». Alberto e gli altri 237 minatori fermi da due mesi non hanno ricevuto lo stipendio di settembre.
Senza lavoro
La società, molto probabilmente, fallirà e loro rimarranno senza lavoro e senza liquidazione. Hanno fatto già due manifestazioni per il centro di Copiapo per chiedere che anche la loro situazione venga risolta. Alberto ne ha parlato con il ministro Francisco Golborne, che ogni sera fa il giro delle tende per sondare lo stato d’animo dei famigliari. «I trentatré usciranno bene e saranno sicuramente indennizzati ed è giusto così, quello che hanno vissuto è terribile. A noi, però, non rimarrà nulla. Io cercherò subito un lavoro in un altro giacimento... Non ci crederai, ma stare nelle miniere a me piace tantissimo, la montagna scorre nelle vene della gente di questa regione, è la nostra vita. Ma bisogna fare ancora molto e chiediamo adesso che lo faccia soprattutto lo Stato, perché questo non sia più un lavoro maledetto».