CESARE DE SETA, la Repubblica 8/10/2010, 8 ottobre 2010
IDEE, EROISMI E BATTAGLIE I QUADRI CHE RACCONTANO COME FU FATTA L´ITALIA
Il Risorgimento ha avuto la sua epopea iconografica in una stagione in cui, sull´onda del mito napoleonico, fiorì anche in Italia un nuovo genere di pittura storica: quello per intendersi della rappresentazione in presa diretta degli accadimenti più cruenti che segnarono la nascita e la formazione della nazione. Attraverso il crogiolo di molte sommosse e rivoluzioni, di tante battaglie e guerre si forgiò una nazione la cui nascita già Dante, Machiavelli e Guicciardini avevano auspicato. A sentire parlare stoltamente di Padania si resta sgomenti, ché ben sappiamo che l´area geografica così indicata fu il baricentro di molte imprese risorgimentali ed è intrisa del sangue versato nel nome dell´Italia. I pittori patrioti furono in molti casi testimoni diretti di queste vicende e usarono la spada e il pennello con la medesima destrezza. Ma prima di dire degli anni cruciali della rivoluzione del 1848-´49 e del biennio che culmina nel 1861, bisogna premettere che taluni pittori avevano offerto immagini simboliche che alludevano all´Italia: il caso più significativo e di pari momento espressivo sono due opere di Francesco Hayez, di sicuro uno dei pittori europei più degni di questa stagione romantica. Il veneziano nel 1831 dipinse una grande tela ispirata ai Profughi di Parga, città greca conquistata dai turchi le cui genti furono costrette alla fuga: la composizione di Hayez è un tributo al filoellenismo condiviso da vasti settori della pubblica opinione in tutta l´Europa, ma vuol essere anche una trasparente metafora della servitù in cui vive l´Italia. Cosa che intese subito Giuseppe Mazzini. La tela presenta lo straordinario paesaggio del borgo arroccato sul mare e pone in primo piano un denso gruppo di profughi raffigurati in ogni più minuto dettaglio che nei gesti e nell´espressione dei volti esprimono il dramma che stanno vivendo. Lo stesso Hayez, all´indomani dei moti del ´48, dipinse una tela intensamente allegorica: una fanciulla dai capelli scarmigliati a capo lievemente inclinato a mezzo busto, ha un sguardo angosciato e regge in mano un crocefisso. L´Italia non è più la bella fanciulla rappresentata da Overbeck con accanto la Germania: è un fanciulla che vive il martirio della patria per mano degli austriaci. Sono due immagini chiave, poi si passa al fuoco della battaglia.
Giovanni Fattori, il più grande tra i Macchiaioli, testimonia da par suo l´adesione all´ideale progetto unitario con tele di felicissima intensità; così come Gerolamo Induno e Euleterio Pagliano, entrambi lombardi. Le loro composizioni di grande formato ci accolgono al primo piano della mostra alle Scuderie del Quirinale 1861. I pittori del Risorgimento, a cura di Fernando Mazzocca e Carlo Sisi, con la collaborazione di Anna Villari (catalogo Skira). Induno è un pittore di grande probità compositiva e dopo aver direttamente partecipato alla difesa della Repubblica romana quale volontario garibaldino, nel 1855 viene ingaggiato dall´esercito piemontese nella Guerra di Crimea, e dipinge con epica forza la Campagna di Cernaja: una tela ad olio che misura circa 3 metri per 5. Conclusa nel 1857, sulla base dell´immenso materiale accumulato, Induno compone due gruppi: da un lato il baricentro visivo è un moribondo dalla camicia bianca (memento Goya?) a cui attendono alcuni commilitoni e un prete che impartisce l´estrema unzione; dall´altro ufficiali a cavallo che scrutano il campo di battaglia invaso dalle truppe e dai cannoni fumiganti. Sul fondo un paesaggio petroso di colline altalenanti che circondano il campo di battaglia. Con questa grande composizione il giovane Iduno entra a pieno titolo in questo genere che vedeva schierato sul campo della guerra di Crimea il celebre Horace Vernet. Sarà Induno il narratore delle più cruente battaglie della Seconda guerra d´indipendenza: dalla presa di Palestro alla battaglia di Magenta, in cui si ritrovano a diretto contatto le giubbe bianche degli austriaci, gli zuavi e i granatieri francesi: una cronaca realistica con al fondo una casa contadina e un ciuffo d´olmi. La stessa battaglia ritorna in un magnifico dipinto di Fattori nel quale sono gli umili a divenire protagonisti dello scontro; un´inclinazione tematica che si ritrova, con un primo piano molto crudo nel suo realismo nello scontro tra gli austriaci e i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi nella Battaglia di Varese. Qui Federico Faruffini offre il suo tributo all´epopea risorgimentale, in essa il pittore – assai belle le pagine di Raffaello Giolli – narra anche la morte del suo amico Cairoli.
In mostra si passano in rassegna tutti i momenti più drammatici di questa avventura gloriosa, sanguinosa e fortunata che fu il Risorgimento: dai moti del 1848, con Milano e Venezia in prima linea, alla Seconda guerra di indipendenza, alla delusione di Villafranca, alla Spedizione dei Mille dove Garibaldi assume un ruolo iconografico di primaria importanza. Basti dire ancora di Gerolamo Induno della Partenza da Quarto, tela che è quasi una cronaca dell´evento, al Garibaldi ferito assai più espressivo per lo sgomento che pervade il gruppo che attornia il generale. Alcune sculture punteggiano le sale. Al secondo piano soggetti borghesi, alcuni ritratti ed interni che rendono il clima del fervore anche domestico che anima queste fatidiche giornate. Va da sé che La carica dei bersaglieri a Porta Pia del napoletano Michele Cammarano, anche questa una tela immensa, può a buon diritto considerarsi un´icona, o se si vuole un suggello al Risorgimento che nell´ardore dinamico e protofuturista di questi giovani lanciati in piena corsa alla conquista di Roma esprimono il sentimento che un sogno finalmente si è realizzato.