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 2010  ottobre 08 Venerdì calendario

È MICHELLE LA PIÙ POTENTE" PREMIATA PERCHÉ FA LA MOGLIE

Barack scende, Michelle vola. Nell´eterna e spesso crudele altalena della vita coniugale esasperata dalla vita pubblica, mentre le quotazioni del marito Barack crollano come il simbolo della presidenza che si stacca dal suo podio, Michelle trionfa come "donna più potente del mondo 2010". Nessun´altra creatura di sesso femminile proietta in questo momento più potere, più influenza, più capacità di influire sulla nostra vita di Michelle LaVaughn Robinson in Obama, secondo la giuria della rivista Forbes, senza altro titolo che quello, del tutto immaginario e informale, di First Lady, di prima signora.
Questa avvocata di 46 anni, nata a Chicago, cresciuta con la famiglia in un appartamento claustrofobico di una sola stanza da letto, laureata a Princeton e poi, in giurisprudenza, a Harvard, madre di due figli, è la sola, fra le cento donne più potenti del 2010 a non avere alcun potere. Non amministra giganti dell´industria come Irene Rosenfeld, che sta al timone della Kraft (seconda). Non conduce seguitissimi show televisivi come Oprah Winfrey, (la terza). Non siede su troni politici come Angela Merkel (primatista del 2009 ora retrocessa al quarto, fuori dalla zona medaglie). Non si è affrancata dall´ombra coniugale come Hillary Clinton, quinta. Non gorgheggia e sculetta in pubblico come Stefania Germanotta, più nota come Lady Gaga (settima). Non ha neppure ricevuto dal papà il timone di una grande casa editrice come Marina Berlusconi, l´unica italiana votata nella "top 100".
Il potere della donna senza potere fluisce dalla sua condizone di moglie di colui che, retoricamente, si definisce come "l´uomo più potente del mondo", il presidente degli Stati Uniti, una definizione sulla quale l´Obama di oggi avrebbe molto da obbiettare. È figlio di ciò che gli americani chiamano il pillow talk, il dialogo del cuscino nel talamo coniugale. Un´arma informale di governo, un´istituzione dell´intimità, che alcune First Lady hanno saputo usare con straordinaria, a volte micidiale efficacia, secondo la loro personalità. Era dal guanciale che Nancy Reagan pilotava la decisioni del marito Ronnie, fino al licenziamento di collaboratori a lei sgraditi o alla scelta dell´astrologa da consultare prima dei vertici internazionali. Ed era dalla propria posizione di "prima moglie" che Eleanor Roosevelt, ma non certo dal letto che non divideva mai con il marito, affermò per prima e con molta autonomia il potere indiretto e il prestigio che il matrimonio con il Presidente offre alle First Lady, nell´attesa di un "First Gentleman", sposato con la Presidentessa.
Il dubbio che anche Michelle si affermi dunque per riflesso, che lei sia la luna e non il sole, senza quindi luce propria, potrebbe irritare molte donne e soprattutto quelle, fra le altre 99 signore, che si sono conquistate la propria posizione senza aiutini famigliari. Le iniziative dell´avvocato Robinson in Obama, che pure aveva fatto una carriera legale autonoma prima di sposare Barack, appartengono a quel genere benevolo e generico che soltanto la posizione di First Lady rende importanti. L´orticello nel giardino della Casa Bianca, la campagna per combattere l´epidemia di obesità infantile, la scelta di riscaldare l´acqua di casa con pannelli solari sulla residenza ufficiale, le pressioni sulla grandi corporation dell´alimentazione, dalla Coca Cola alla Pepsi (guidata da un´altra donna, Indira Nooyl) alla McDonald´s perché riducano il contenuto di grassi, zuccheri e calorie nei propri prodotti ha funzionato. Perché quelle corporation sanno che su quel cuscino riposa anche la testa del Presidente degli Stati Uniti.
Il vecchio e sessista adagio, secondo il quale "dietro ogni uomo di successo c´è una grande donna", potrebbe essere finalmente rovesciato nel caso della First Lady, e indicare che "dietro ogni donna potente c´è un uomo di successo". Ma questo sarebbe troppo cattivo per Michelle, che ha avuto il merito di sposare l´uomo giusto, ma anche di cercare un ruolo per sé in quella difficilissima posizione, dove si rischia di dare ombra all´eletto, che è il marito, di apparire invadenti o troppo timide, madamine da servizi di porcellana per il tè - come furiosamente rifiutava Hillary Clinton - o prepotenti senza potere. L´omaggio che la giuria di Forbes ha fatto a lei è un inchino alla doppia fatica di una donna che ha dovuto superare anche la rancorosa ostilità di tanti americani per quella signora dalla pelle scura entrata in stanze fino ad allora rigorosamente riservate alle élite wasp bianche o concesse, al massimo, alla diafana Jackie Kennedy, cattolica che si dedicava più alla haute couture che ai problemi nazionali. Anche il matrimonio è un´impresa e un lavoro, anche se non distribuisce azioni o non riceve salari, certamente non i 10 milioni all´anno che l´indiana Indira incassa dalla Pepsi Cola per meriti interamente suoi, non coniugali, e Michelle sta facendo bene il proprio lavoro. Meglio, sembra quasi dire maliziosamente questa giuria, di quell´uomo che forse dovrebbe ascoltarla di più, sul cuscino.