varie, 8 ottobre 2010
Andrea Quagliati, 3 anni. Nato a Savona, «tanto carino anche se parlava poco», era il figlio di Mauro Quagliati, 37 anni, di professione geometra, e della sua amatissima consorte Elisabetta Bertolotto, 36 anni, bionda, graziosa, originaria di Genova, una laurea in pedagogia, educatrice in un centro per handicappati
Andrea Quagliati, 3 anni. Nato a Savona, «tanto carino anche se parlava poco», era il figlio di Mauro Quagliati, 37 anni, di professione geometra, e della sua amatissima consorte Elisabetta Bertolotto, 36 anni, bionda, graziosa, originaria di Genova, una laurea in pedagogia, educatrice in un centro per handicappati. Costei, a detta dei vicini «educata, gentile, normale», venti giorni fa aveva partorito il suo secondo bambino e da allora, colta da una terribile depressione, non tollerava il fatto che il primogenito, a tre anni, sapesse pronunciare solo poche parole. La mattina di giovedì 7 ottobre, alle 11, avrebbe dovuto portare il bimbo, per la prima volta, dalla logopedista. Invece alle 9.30 gli pigiò le mani sulla bocca e sul naso per impedirgli di respirare ma siccome in quel modo non riusciva ad ammazzarlo gli strinse la gola finché non lo vide immobile e muto. Subito dopo lo avvolse in una copertina, lo prese in braccio, lo caricò nella sua Opel Corsa, vagò per ore nella zona collinare di San Bartolomeo e poi, verso le 14, con l’idea di morire accanto alla sua creatura, pigiò sull’acceleratore lanciandosi da un dirupo. La macchina però, dopo un volo di una decina di metri, fu fermata dai rovi e allora la donna, tutta confusa, telefonò al marito: «L’ho ucciso io, siamo a San Bartolomeo del Bosco». Più tardi, lo sguardo assente, un fil di voce, al pm che l’interrogava spiegò: «L’ho ucciso perché non potevo pensare che stesse male per colpa mia. Ho provato a soffocarlo, poi l’ho strangolato e Andrea non parlava piu». Alle 9.30 di mattina in un appartamento al primo piano in palazzo signorile in via Acqui 1, quartiere di Villapiana, a Savona.