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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

LA LEADERSHIP DEGLI USA VERSO NUOVI EQUILIBRI

Sento spesso parlare dei grandi successi della Cina specie in economia, dell’India sorprendentemente all’avanguardia nel mondo della tecnologia, in particolare in quella avanzata, e della Russia che ha un enorme variegato patrimonio di materie prime. Spesso i rispettivi leader si incontrano. Non crede che se dovesse prendere forma un’alleanza con una solida e affine struttura politica comune, ciò metterebbe in seria difficoltà l’Occidente, a cominciare dagli Stati Uniti che finora hanno fatto il bello e cattivo tempo in tutti i campi, grazie anche ai Paesi europei, ancora sudditi del dollaro e dell’alleanza militare nelle azioni troppo spesso poco condivisibili dagli altri partner. Tutti gli Imperi, prima o poi, dopo l’opulenza e il dominio sugli Stati sudditi, tendono a subire un declino del quale qualche segnale mi sembra di poter rilevare. È fantapolitica?
Giorgio Di Giacomo
caiocestio@tiscali.it
Caro Di Giacomo, gli equilibri mondiali stanno certamente cambiando. Gli Stati Uniti sono emersi dalla Guerra fredda come la sola superpotenza mondiale, ma hanno fatto un mediocre uso della loro leadership e sono obiettivamente responsabili delle maggiori crisi dell’ultimo decennio. La guerra afghana non è stata vinta, ha infettato il Pakistan e il Caucaso, ha rafforzato indirettamente l’Iran. La guerra irachena ha eliminato Saddam Hussein (un potenziale alleato nella lotta contro il terrorismo islamista), ma ha giovato alle ambizioni iraniane nella regione e ha creato uno Stato dove il Paese, sette mesi dopo le elezioni, attende ancora la formazione del governo. La crisi finanziaria ha molti responsabili, ma non sarebbe scoppiata se il governo americano e la sua maggiore istituzione finanziaria (la Federal Reserve) non avessero puntato su una spericolata deregolamentazione dei mercati finanziari e concesso ai banchieri una licenza di cui hanno fatto un pessimo uso. Se la maggiore potenza mondiale commette tre errori nel giro di dieci anni, è difficile immaginare che il suo status e la sua credibilità non ne escano intaccati.
Altri Paesi hanno acquistato nel frattempo una nuova dimensione. La Cina, l’India, il Brasile e la Turchia hanno registrato una crescita economica sorprendente, hanno cominciato ad affrontare con qualche successo i loro maggiori problemi sociali. La Cina in particolare è diventata il maggiore finanziatore del debito americano e, quindi, il più importante creditore degli Stati Uniti. Nessuno di questi Paesi ha sofferto della crisi finanziaria quanto l’America e l’Europa. Altri Paesi, come la Russia, hanno ancora una economia zoppicante, ma intravedono in questa alterazione degli equilibri mondiali la possibilità di correggere gli equilibri emersi dalla fine della Guerra fredda. Ne abbiamo avuto una conferma quando i leader dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina) si sono incontrati al vertice e quando alcuni di essi hanno coltivato i propri personali rapporti con qualche nemico degli Stati Uniti (Iran, Cuba, Venezuela). Non credo, tuttavia, che questi Stati possano, almeno per il momento, formare un’alleanza efficace e coerente. Esiste una vecchia ruggine russo-cinese per la frontiera settentrionale della Repubblica popolare, che è stata per il momento accantonata ma non dimenticata. Ed esiste un contenzioso territoriale fra l’India e la Cina che ha provocato in passato qualche conflitto.
Per il momento quindi la leadership degli Stati Uniti sopravvive grazie alla divisione dei concorrenti. Nulla di nuovo, tutti gli imperi hanno sfruttato la frammentazione del campo avversario. Ma la leadership americana non è più quella dei giorni in cui cadeva il muro di Berlino e si disintegrava l’Unione Sovietica.
Sergio Romano