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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

BANCHE E TELEFONIA. L’AVANZATA STRIDE CON L’ALTA MORTALITA’

«Each journey began in Africa» è lo slogan di una pubblicità benefica appena uscita sulla stampa internazionale: la foto mostra Bono con la custodia della chitarra e la moglie Ali, appena scesi da un piccolo aeroplano nell’erba alta della savana, con le colline sullo sfondo di un Paese che potrebbe essere l’Uganda. Charity e glamour, il borsone firmato e la campagna della Conservation Cotton Initiative fondata dalla signora U2. Ogni viaggio comincia in Africa, e il bello è che c’è anche il ritorno. All’inaugurazione dei Mondiali di calcio questa estate il Nobel per la pace Desmond Tutu prese il mondo deliziosamente in contropiede urlando: «Benvenuti a casa». Altro che un mondo a parte. È casa vostra. Benvenute anche le imprese cinesi che la fanno da padrone nelle miniere dello Zimbabwe come le grandi banche occidentali che secondo una recente analisi dell’Economist «fioccano in Africa» perché l’importanza strategica del continente — nonostante le difficoltà — «resta intatta».
Se arrivano le banche vuol dire odore d’affari. Samuel Palmisano, boss dell’Ibm, due settimane fa è volato a Nairobi per testimoniare che quella che molti ancora considerano la retroguardia del Terzo Mondo in realtà è «la prossima frontiera della crescita globale»: il gigante dell’Information Technology ha appena firmato un megacontratto con l’operatore indiano Barthi Airtel per fornire tutti i servizi necessari a una nuova rete di telefonia mobile che interesserà 16 Paesi sotto il Sahara (rete venduta dalla kuwaitiana Zain per 9 miliardi di dollari). Africa Mobile. Negli ultimi cinque anni il numero di telefonini è aumentato a un tasso inaudito altrove: 550%. Il sudanese Mo Ibrahim, miliardario filantropo, ricorda che la crescita media, dopo l’ultima grande crisi, è cinque volte quella registrata nella zona Euro.
Certo i leoni africani, più che con i ghiri europei, si devono confrontare con le tigri asiatiche che negli anni 50 erano sugli stessi livelli di fame: nel corso di mezzo secolo le tigri come la Sud Corea hanno prodotto e diffuso benessere, mentre il grosso dei leoni è rimasto a bocca asciutta. Ma qualcosa sta cambiando: il rapporto 2010 del Teh-Ambrosetti rileva l’emergere di una nuova classe media (localizzata principalmente nelle aree urbane) stimabile in circa 100 milioni di persone. Il suo radicamento, ostacolato in parte dall’alto tasso di crescita demografica, è considerato la «chiave di volta dello sviluppo». Nel Brasile di Lula oggi oltre la metà della popolazione è «classe media». L’Africa è arrivata al 12% (anche se già dal 2008 gli africani messi insieme spendono di più di tutti gli indiani che sono del 20% più numerosi). È la (lenta) avanzata del Terzo Mondo nella positiva accezione originaria inventata dal demografo Alfred Sauvy, che nel lontano 1952 disegnò il parallelo tra questi Paesi emergenti e il famoso Terzo Stato della Rivoluzione francese («è tutto, non ha niente, vuole qualcosa»).
L’Africa, naturalmente, non esiste. Ce ne sono tante (la grande demarcazione tra i 53 Paesi che la compongono la stabilisce il deserto del Sahara). Ma parlando con una voce sola l’Africa certo vorrebbe, per esempio, portare più in alto la desolante asticella delle «speranze di vita», attualmente ferma a quota 53 anni. O diminuire i morti per malaria (863 mila vittime all’anno nel mondo, 90% africane di cui l’88% bambini sotto i 5 anni). Oltre al telefonino per tutti, una tendina anti-zanzara, governi (e servizi) migliori. Su questo punto cruciale i leoni non si muovono di pari passo alla crescita economica. Anzi, tornano indietro secondo il rapporto 2010 dell’Ibrahim Index diffuso proprio questa settimana dalla Mo Ibrahim (sempre lui) Foundation, una classifica annuale giocata su 88 indicatori (dalla corruzione all’educazione) divisi in 4 grandi categorie: sicurezza-stato di diritto, sviluppo umano, economia sostenibile, diritti umani-partecipazione.
In campo economico, 41 Paesi su 53 hanno registrato progressi. Ma 35 sono diventati meno sicuri, mentre due terzi (dal Ruanda campione di riforme economiche al Congo immerso nella guerra) mostrano un preoccupante peggioramento nel campo dei diritti umani.
L’Africa avviata su un binario cinese (crescita senza democrazia)? Oppure sarà il modello Rivoluzione Francese (il Terzo Stato) abbinato alla Rivoluzione Tecnologica? Resta (come altrove) il problema delle élite al potere: in certi Paesi dissanguano con la frequenza delle Anopheles Funestus sulle rive del Lago Kwania, in Uganda: 190 punture in media a notte. È stato calcolato: per ogni persona fanno 1586 punture portatrici di malaria all’anno, 4 a notte. Una tenda salvavita, impregnata di insetticida, costa la bellezza di 8 euro.
Michele Farina