Riccardo Sabbatini, Il Sole 24 Ore 7/10/2010, 7 ottobre 2010
LA CONSOB DECIDE LA FINE DELLE SCALATE CON I DERIVATI - I
derivati entrano nel calcolo delle Opa. Non sarà più possibile eludere l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica su un titolo limitandosi a sottoscrivere una call o un equity swap ma senza detenere fisicamente quell’azione. D’ora in poi le posizioni in derivati dovranno essere conteggiate assieme alle partecipazioni dirette e, se la somma supererà la soglia d’Opa del 30%, scatterà l’obbligo di lanciare l’offerta. La novità è in arrivo con la bozza di regolamento della Consob in materia d’Opa che ieri la commissione di vigilanza ha reso noto e sulla quale ha avviato una fase di consultazione. Si tratta di un adempimento atteso da tempo, fin dal 2007 quando il Parlamento recepì le disposizioni europee in materia affidando alla Consob il compito di mettere a punto le norme attuative. Se la commissione ha atteso così a lungo è stato anche perché, nel frattempo, il Parlamento è più volte tornato sulla stessa materia, costringendo il regulator a ridefinire più volte i suoi propositi.
Il risultato è un provvedimento di ampia portata che, al di là degli obblighi di legge, fa tesoro dell’esperienza accumulata negli ultimi anni – dalle Opa mancate del 2005 a quelle «da delisting» degli ultimi anni – per incrementare gli standard di trasparenza, rafforzare la tutela degli azionisti di minoranza, assicurare la parità di trattamento degli investitori.
L’intervento sui derivati era ineludibile per evitare una progressiva elusione delle norme sull’Opa, attraverso appunto la costituzione di «posizioni lunghe» senza il possesso fisico dei titoli. La commissione ha scelto un indirizzo piuttosto rigido prendendo in considerazione non soltanto le opzioni ma anche operazioni di equity swap. Ma in che modo occorrerà determinarne il prezzo per definire (assieme ad eventuali partecipazioni azionarie dirette) il corrispettivo dell’Opa? Si dovrà considerare «la somma del prezzo di riferimento contrattualmente attribuito ai titoli sottostanti» e di quanto pagato, o ricevuto, per l’acquisto della posizione lunga.
Il diritto al ripensamento
È probabilmente la novità di maggiore rilievo regolamentare contenuta nella bozza della Consob. In particolare è stata disposta la riapertura dei termini (per cinque giorni) nelle offerte pubbliche condizionate al raggiungimento di una certa quota di capitale e, in certi casi, anche nelle altre offerte. In questo modo la commissione si propone di attenuare la «pressione a vendere» che ben conoscono i piccoli azionisti quando sono spinti a consegnare i loro titoli in caso di un’offerta poco generosa perché, in caso di successo dell’Opa, rischiano di ritrovarsi in mano titoli poco liquidi e, spesso, non più quotati in Borsa. Ora, appunto, potranno decidere di rimanere alla finestra salvo rientrare nella partita dopo aver conosciuto l’esito del l’offerta.
L’obiettivo di difendere i piccoli investitori spiega anche la misura «di trasparenza» introdotta dalla Consob nel suo regolamento per imporre, in caso di Opa lanciata da chi già controlla la società (spesso è il viatico per il delisting), anche l’obbligo di una relazione di amministratori indipendenti nel documento con cui l’emittente si pronuncia sul beneficio dell’Opa per gli azionisti. Anche in tema di esenzioni dall’Opa (in caso di fusioni-scissioni o di crisi aziendali) sarà una maggioranza di «azionisti indipendenti» a decidere in assemblea il da farsi.
Un meccanismo più efficiente
Allo scopo di rendere il meccanismo delle offerte pubbliche meno farraginoso la Consob ha poi deciso alcuni aggiustamenti regolamentari. Significativo, in particolare, è quello che consentirà di lanciare opa concorrenti anche in assenza di un corrispettivo maggiore (spesso la differenza tra due offerte non si misura soltanto con il prezzo). L’authority di vigilanza ha proposto una nuova regolamentazione per l’acquisto di azioni proprie, anch’esso un meccanismo potenzialmente elusivo quando un azionista forte è giunto in prossimità della soglia d’Opa.
Anche per fugare alcune preoccupazioni espresse soprattutto da investitori istituzionali esteri, la commissione ha infine circoscritto la rilevanza (ai fini dell’Opa) delle azioni di concerto distinguendole dalle legittime iniziative che gli azionisti possono promuovere in occasione delle assemblee. Un «attivismo» che viene peraltro auspicato per un miglioramento della corporate governance interna.