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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

COSÌ LE CAPITALI SI TRASFORMANO IN COLOR-CITY

Quando Tommaso Cam­panella scrisse la Città del Sole sicuramente non aveva in men­te Londra, né tantomeno la sua City. La Città del Sole teorizza­ta nel 1602 dal filosofo italiano sorgeva sull’isola di Taproba­na ( che i critici fanno corrispon­dere all’isola di Ceylon) ed era eretta su un alto colle; circonda­ta da sette cerchia di mura, pra­ticamente inespugnabili, ognuna delle quali portava il nome di uno dei sette pianeti, mentre le entrate per accedere alla città erano quattro, situate in corrispondenza dei quattro punti cardinali. Alla sommità del monte si trova un tempio di forma circolare, consacrato al Sole, sulla cui volta erano dipin­te le stelle maggiori: tutto intor­no, a dominare, solo i riflessi cangianti della luce, nelle sue mille variazioni.
Non sappiamo se l’architet­to Renzo Piano - prima di pro­gettare le facciate in tecnicolor del Central Saint Giles di Lon­dra- sisia ispirato o no all’ope­ra del frate domenicano cala­brese, ma certo, almeno a livel­lo inconscio, ne ha interpreta­to lo spirito intimamente visio­nario. Inaugurato la scorsa pri­mavera, il complesso multifun­zionale nella zona tra Covent Garden e Bloomsburynel ha di fatto costruito il nuovo skyli­ne della capitale britannica, ab­battendo nel contempo il vec­chio panorama legato al cliché della Londra «green», grigia; al­tro che fumo di Londra, oggi il Central Saint Giles appare co­me un gigantesco Lego con una cascata di mattoncini ros­si, gialli, verdi, arancio e blu: proprio lì, a St Giles, dove c’era un edificio di mattoni neri che custodivano i segreti di un di­partimento della ministero del­la Difesa.
«Il disegno è nato dai vuoti, dallo spazio lasciato dalla de­molizione- ha raccontato Ren­zo Piano sul Secolo XIX - . Si è partiti dalla volontà di rendere questo luogo accessibile, tra­sparente, di farne un elemento urbano da vivere. In realtà, tut­to ruota intorno a una quercia. È arrivata dal Belgio, sta lì nel centro della piazza, è alta venti metri, ma crescerà ancora, of­frendo un po’ d’ombra d’esta­te e un colorato tappeto di fo­glie in autunno». Siamo nel cuore del West End,nel quartie­re dell’alta moda, della Café so­ciety, dei ristoranti internazio­nali. In tre minuti a piedi si arri­va a Soho, in cinque al British Museum, in otto al mercato di Covent Garden, attraversata la strada c’è una chiesa medieva­le, detta «in the fields», perché tra la City e Westminster un tempo qui era tutta campagna. Fino a ieri un’area centralissi­ma ma negletta, che i proprieta­ri, la Legal General Property (Lgp)e la Mitsubishi,hanno vo­luto «riportare sulla mappa», come dice Simon Wilkes, diret­tore sviluppo della Lgp.
Un progetto-pilota che da una parte fa da apripista ad ana­loghe iniziative programmate in altre grandi città europee (Madrid, Atene, Parigi, Sofia) e, dall’altro, ripercorre la stra­da già da tempo intrapresa in altre metropoli come Copena­ghen, Oslo, Stoccolma, Hel­sinki.
«La filosofia cromatica alla base del progetto realizzato da Renzo Piano con il St Giles è già da tempo una realtà in molte capitali del nord Europa - ci spiega l’architetto Silvano Fer­rarese - . L’aver trasportato quella esperienza in una città tradizionalmente buia come Londra, rappresenta una scommessa di grande sugge­stione ». Sulla stessa linea anche l’ar­chitetto Laura Bolla: «Ammiro da sempre la progettualità d’avanguardia di Renzo Piano; non è un caso se il mondo è pie­no di opere che, grazie a lui, so­no diventate lo specchio della migliore tradizione creativa ita­liana ».
Più scettico è invece il profes­sore di Estetica, Stefano Zec­chi: «Non ho elementi per esprimere un giudizio specifi­co sul Central Saint Giles di Londra, ma - facendo un di­scorso più generale - posso di­re di essere stufo degli architet­ti che sovrappongono le pro­prie idee sul contesto ambien­tale o - peggio - infliggono alla società il gigantismo delle loro realizzazioni».
A esprimere una posizione mediana è invece il professor Xante Battaglia, docente di Pit­tura all’Accademia di Brera: «Anche il lavoro dell’architet­to, se fatto in determinati conte­sti, assume una valenza artisti­ca. E l’uso dei colori, abbinato ai materiali, va certamente in tale direzione».
«C’è chi dice che Londra sia una città scura, ma io non ne sono mai stato convinto ­spiega l’architetto Piano - . Il colore c’è, non su grandi su­perfici, ma c’è, basti pensare agli autobus a due piani o alle cabine telefoniche. È un mo­do per dare il benvenuto, per fare festa. Qui vicino c’è Den­mark Street, una strada colo­rata dalle vetrine dei negozi pieni di strumenti musicali. Certo, il colore può essere usato come decorazione e ba­­sta, ma qui non è semplice­mente applicato su una su­perficie, viene dai 121 mila pezzi di ceramica che forma­no le facciate. In questo sen­so, non è un edificio ipocrita. Ogni materiale rappresenta una promessa: la ceramica manterrà la sua brillantezza per secoli».
Piano ha cominciato a lavo­rare al progetto del St Giles nel 2001, passando i primi quattro anni a disegnare e buttare via ipotesi, come quella di usare la pietra o innalzare una torre. Per la sua prima opera nel Re­gno Unito ha fatto qualcosa di insolito: ciò che balza infatti im­mediatamente agli occhi sono i colori squillanti delle sue 22 facciate, tutte disposte su assi differenti, a echeggiare il tessu­to intorno: giallo, rosso, aran­cione, verde, grigio, su fino a 12 piani. Bianco, invece, all’inter­no della piazza, per garantire la maggiore luminosità possibi­le. E qualcuno l’ha già ribattez­zata la Città del Sole.


-> NUMERI
39.000
Il Central Saint Giles, l’edificio progettato da Renzo Piano, si propone di diventare il nuovo perno della vita sociale londinese, è situato tra Covent Garden e Bloomsbury, comprende 39.000 mq di uffici
109
Oltre ai 39.000 mq di ufficiil Center Saint Giles di Londra conta anche 11 unità commerciali e ristoranti, 109 appartamenti (53 dei quali di edilizia agevolata)che affacciano su una corte di 2000 mq
22
Nella sua «pelle» perimetrale il Center Saint Giles di Londra è composto da 22 differenti fac­ciate in cui si alternano in tonalità accese il rosso, il giallo, il verde, il bianco, l’arancio e il blu
121.000
L’ingegnoso sistema di incastri sulle facciate è composto da profili in alluminio che contano un totale di 3.306 unità in ceramica, ognuna delle quali contiene almeno 32 pezzi, per un totale di 121mila pezzi