Mattia Feltri, La Stampa 7/10/2010, 7 ottobre 2010
BOSSI E ALEMANNO LA PACE ALLA VICINARA
Roma. La verità vera? Sono un po’ tutti porcelli, parlando di etichetta, si intende: l’armistizio è siglato con le bocche sgocciolanti di sugo e le camicie chiazzate di rosso frizzante, senza esclusioni per censo o latitudine. Un po’ così, freddamente, coi romani che vincono la gara canora («e noi je dimo, e noi je famo...») contro una certa gutturalità padana («Bossi! Bossi!»), e con le cucine da campo allestite in piazza Montecitorio con sprezzo del sacro. Spqr? «Sono porci questi romani», disse Umberto Bossi. Ora non sarà nemmeno «Sono pochi questi rigatoni». La pace voluta da Gianni Alemanno, e offerta teatralmente, sarà all’italiana, coi calici al cielo e i piatti pieni, in un imprevedibile e labile meticciato culinario.
Ci sono i ristoratori del Testaccio che cuociono la coda alla vaccinara e la trippa; e un geometra modenese che dettaglia la ricetta del ragù per polenta: cinquanta chili di verdura (carote, cipolle, sedano, asparagi) e cinquanta di carne (mista, più frattaglie), fiammata di vino e whisky, sei ore di cottura. Quella che dovrebbe essere comunione è così subito sfida. E’ meglio la cicoria ripassata o la soppressa a fette? E’ più gonfio d’orgoglio il coro Romano o quello Barbaro? I meno fanatici consumano il duello fra il Frascati dei Colli e il Lambrusco di Sorbara. I più volenterosi propongono l’ibridazione: polenta padana con trippa romana. L’invasione strapaesana ha ricacciato in un angolo il presidio delle vittime di trasfusioni di sangue infetto, disgraziati con l’Aids e l’epatite. Fra loro l’integrazione è favolosa: siciliani, genovesi, campani, milanesi, tutti contro il governo in una fatica sollevata dal napoletano che distribuisce casatiello, rustico a base di ciccioli e salumi.
E’ una giornata così, a panza piena, che si pianga o si rida, si festeggi o si contesti. Arrivano gli stornellatori del Partito democratico. Loro sono per la porchetta, dicono. Per la porchetta e contro il porcellum: «Semo de Roma / Trasteverini / Semo signori / senza confini». La reazione leghista straripa di neocultura: «Alla Corrida / Andate alla Corrida». E quelli di rimando: «Er senatore Bossi è un pensatore / che ce le spara grosse a tutte l’ore». Ma fin lì sono bravini. Provocazione garbata. Non accendono gli animi. I lombardi aspettano i capi esercitandosi sulle lingue straniere, ma non ce la fanno a dire «pajata». Una di Venezia chiama la vaccinara «osso buco». E poi finalmente ecco Roberto Calderoli, e poi Alemanno che quando arriva Bossi sfodera le qualità d’alpinista scavalcando d’un balzo le transenne, e precipitandosi sull’ospite per gli onori di casa.
La ressa ora è micidiale. Tra i fan del sindaco e i fan del senatore, più i fan della gozzoviglia gratuita, più i fotografi, più i cameraman, ci si deve difendere a gomitate. I celebranti riescono a infilarsi dentro ai gazebo. Piluccano da subito. La presidente del Lazio, Renata Polverini, imbocca Bossi di rigatoni. Lui, uomo di sostanza, si complimenta, soprattutto in forma tattile, con le cuoche di Modena. La coda è buona, dice, ma meglio la polenta. E viceversa per Alemanno: il politicamente corretto fa i conti con le questioni territoriali. Sono ora tutti seduti al tavolo. Brindano. Si abbracciano. E’ un momento di euforia. Un romano, reduce da un inatteso e felice incontro col Lambrusco, cede all’eccesso di zelo: «A Rosi Maurooo! Sei bbonaaa!». Le bicchierate hanno smussato gli spigoli: si sentono sudisti ammirati dalla laboriosità del Nord, e nordisti ammirati dall’estro del Sud.
Ma di colpo l’afflato matrimoniale si spezza: arriva una donnetta sulla cinquantina, energica e minacciosa: «’Ndo sta Bossi?... Aho... ‘Ndo sta?...». Infine lo vede: «A Bossi! A fijo de ‘na m... A str...». Bossi: «Cornuta!». Una decina di leghisti, immemori del fair play, le sono addosso, la colpiscono con l’asta di una bandiera, ma lei non indietreggia: «Ma che voi? Li mortacci tua...». La devono tenere. Lei farebbe pure a pugni, ma la portano via, mentre i leghisti le urlano di tutto: «Scema! Cretina! Gallina!». E lì, dal nulla, sbuca una vecchiarella, più furente di quella di prima, e si mette muso a muso coi virgulti padani: «A chi hai detto gallina? Sti c...». E lo ripete una decina di volte: «Sti c...». Con lapide finale: «Str...». E loro zitti, capo chino, si ritirano.
Ma è soltanto una tregua. Ne arrivano altri, di romani. «Ce state a magna’ li soldi!». Arrivano quelli dell’Italia dei valori, che non spiccano per ironia. E nemmeno quelli del Carroccio. Parte qualche «Roma ladrona!». I più, per fortuna, stanno cercando il modo di conciliare la polentata col sole dell’una, una martellata sulla nuca. Rimane la forza per una estemporanea contesa fra i manifestanti del Pd e Ignazio La Russa, che al banchetto nemmeno s’era fatto vedere, ma davvero passava di lì. Alemanno accende il sigaro a Bossi. Si sbaracca. Ma non prima di aver dato modo agli operatori dell’informazione di gettarsi sul ragù come prima si erano gettati sulla notizia.