Alessandro Barbera, La Stampa 7/10/2010, 7 ottobre 2010
FEDERALISMO - IRPEF REGIONALE FLESSIBILE SPARISCONO 6 MICROTASSE
Aumento graduale delle addizionali Irpef, fondo di solidarietà fra le Regioni per finanziare le spese, abolizione di sei microtasse regionali. L’ultima mediazione con i governatori sul decreto numero cinque del complicato puzzle del federalismo fiscale arriva in tarda serata. Stamattina, come annunciato dal premier, sul tavolo del Consiglio dei ministri arriva un unico decreto in ventisette punti che accorpa quelli che fino a ieri erano due testi: autonomia impositiva e costi standard delle Regioni.
Il colpo d’acceleratore del governo sui cinque punti del programma parte dal federalismo fiscale. Non poteva che iniziare da lì: è quello più caro all’alleato leghista, ma è soprattutto quello più lungo e complicato da attuare. L’accelerazione non è piaciuta al Pd e ai governatori: «Incomprensibile, non erano questi gli accordi», tuona il presidente della conferenza Vasco Errani. «Non c’è stato nessun confronto sui costi standard», aggiunge il collega lombardo Roberto Formigoni. Ma la sostanza non cambia: la delega votata dal parlamento prevede una prima approvazione preliminare in consiglio dei ministri, il parere successivo degli enti locali e della commissione bicamerale sul federalismo fiscale, infine un nuovo passaggio in consiglio dei ministri. Proprio ieri, per via di alcune questione poste dall’Anci, è slittato di un’altra settimana il parere dei Comuni al decreto che introduce la tassa unica comunale. «Contiamo di chiudere tutto l’iter entro il 5 marzo», garantisce il premier. In ogni caso la legge prevede che la partita si chiuda entro maggio 2011.
Il testo che oggi va in consiglio dei ministri è il più importante e controverso: stabilisce quante e quali tasse potranno essere imposte dalle Regioni, e gli standard dei costi per i servizi, su tutti la sanità. La bozza prevede che le Regioni possano autofinanziarsi con una addizionale Irpef fino al 3%, la cui introduzione sarà però graduale. L’aliquota, oggi allo 0,9%, è prevista all’1,4% nel 2013, al 2% nel 2014 e solo nel 2015 potrà raggiungere il tetto massimo. E’ prevista una clausola di salvaguardia per i redditi più bassi: gli aumenti dell’addizionale superiori allo 0,5% non potranno essere applicati ai redditi inferiori ai 28mila euro l’anno. Alle Regioni che se lo potranno permettere, dal 2014 è prevista la diminuzione del gettito Irap fino a zero. Sempre dal 2014 vengono abolite sei tasse regionali: si va dalla tassa per l’abilitazione all’esercizio professionale a quelle per il suolo pubblico ed il demanio marittimo.
Per evitare di lasciare indietro le più povere, arriva un fondo di solidarietà fra Regioni: sarà finanziato con parte del gettito Iva e vi si potrà attingere per pagare la sanità, l’istruzione scolastica, l’assistenza sociale e il trasporto pubblico locale. Un meccanismo simile verrà introdotto anche per Province e Comuni. Come proposto dalle stesse Regioni, salta dal testo l’ipotesi di attribuirgli parte del gettito Irpef dello Stato, mentre cambia la «compartecipazione» al gettito Iva, quello con il quale oggi pagano la sanità: il tetto del 25% (oggi è superiore al 44%) è sostituito con un calcolo «in base ad un principio di territorialità che tiene conto del luogo nel quale è stato effettuato il consumo o l’acquisto dei beni o la prestazione dei servizi». Quasi invariato il decreto sui costi standard: il prezzo massimo dei beni e dei servizi verrà stabilito anno per anno sulla base dei dati «benchmark» di tre Regioni.